Divorzio e coscienza cristiana

a cura di don Marcello Stanzione

La coscienza è il centro più segreto dell’uomo, il santuario in cui egli è solo con Dio” (Gaudium et Spes).

Ogni essere umano è abitato dal desiderio di amare e di essere amato ed è nel vissuto di quest’amore ch’egli si riconosce, che la sua vita si orienta, prende significato. Il divorzio viene a sconvolgere questo edificio. E’ un dramma che ha forti ripercussioni psicologiche e spirituali.Un divorzio trascina frequentemente degli strappi nelle famiglie: antiche questioni risorgono, riflessioni aprono la ferita a crudo. Una persona divorziata è molto fragile. Ella ha il pensiero dei figli, quando ne ha. Come fare perché non soffrano di quella rottura? Quando ci si è impegnati davanti a Dio, contando sulla sua fedeltà e la sua presenza, si è doppiamente traumatizzati. Alcuni pensano di aver fallito alla loro parola, altri che Dio non li vuole più. Molti, abitati da una colpevolezza profonda, non osano più spingere la porta di una chiesa. La maggior parte si allontana dai sacramenti, allorché è in quel momento preciso che ne avrebbero più bisogno!Ritrovare il proprio equilibrio passa attraverso la messa in luce delle proprie ferite. Collera, umiliazione, colpevolezza, angoscia e tristezza, tutte queste emozioni attraversano la persona. I dire, i riconoscere, riconoscere anche i propri errori, il male subito, il male che si è fatto subire è sempre benefico. Farlo in gruppo, con l’aiuto di un terapeuta competente o di un sacerdote attento è indispensabile. Ciò permette, in capo ad un certo tempo, di perdonare, e di fare la chiusura di una relazione. Accettare la propria storia, riconoscere i propri torti nello sgretolamento della propria coppia, ritrovare la pace interiore, perdonare, non si fa senza l’aiuto attivo e discreto di Dio. Per la Chiesa cattolica in effetti, il matrimonio religioso, simbolo dell’Alleanza tra Dio e gli uomini è indissolubile. Non si può celebrare un secondo matrimonio religioso (salvo caso di annullamento ecclesiale). Se molti scelgono, per fedeltà, di non risposarsi, altri optano per una nuova unione civile. Un tempo di preghiera, sotto certe condizioni, è allora possibile. Ma si pone allora con grande acuità la questione dei sacramenti, in particolare della riconciliazione (confessione) e dell’Eucaristia. E’ in coscienza tutta una via di discernimento che sarà da percorrere. Certamente. Il divorzio non esclude per nulla i sacramenti. Essi partecipano anche spesso alla ricostruzione personale, aiutano a riprendere gusto alla vita. Rileggere la propria vita con un sacerdote, partecipare all’eucaristia, permette di riprendersi anche sia dal punto di vista spirituale che psicologico. I divorziati risposati fanno sempre parte della Chiesa, ma sono allontanati dai sacramenti. Alcuni accettano questa disciplina e rinunciano a comunicarsi ed a confessarsi, altri stimano in coscienza di dover passare oltre la legge. Alcuni vescovi consigliano di praticare la “comunione di desiderio”; altri propongono, per coloro che vivono una seconda unione stabile e più vicina ai valori cristiani della prima coppia, un cammino di coscienza che permetta di accostarsi ai sacramenti. Molti sposi divorziati pensano in coscienza che il loro matrimonio non poggiava su solide fondamenta ed hanno dei dubbi sulla validità del loro impegno (mancanza di maturità, di libertà…). La Chiesa può allora aiutarli a portare un giudizio illuminato. Essa li invita a far “giudicare” la validità del loro impegno da un tribunale ecclesiastico. Questa strada necessita di verifiche testimonianze, ritorni su di un passato doloroso e pone talvolta rudi questioni ai figli nati da quel matrimonio. Se il sacramento contratto è giudicato non valido, ciò permette allora di inquadrare una nuova unione religiosa.