Salerno: Spaziodonna, persa struttura sociale

Il tasso di civiltà di una città o di una comunità è misurabile dal livello di emancipazione culturale, di relazione, dal livello di qualità della vita, dall’equità sociale, dalla libera fruizione dei servizi pubblici: sport, sanità, trasporti, assistenza sociale, studio, etc…Sono questi i fattori e le condizioni che dovrebbero innalzare, valorizzare e consolidare il senso di appartenenza ad una comunità di cittadini. La differenza tra una comunità civile ed una narcotizzata, amorfa ed effimera, è dato dal dinamismo culturale e dalla circolazione del pensiero critico. Un pensiero necessariamente sganciato dalle logiche commerciali e finalizzate all’estetismo ipocrita la cui unica finalità è l’apparire ovvero la città vetrina. Non più una città a misura d’uomo emancipata, bensì a misura di commercianti anche se il commercio a Salerno è fallito e l’artigianato inesistente, quindi  in grado di esprimere solo Notti Bianche, Luci D’Artista e San Matteo a cui sono legate le speranze temporanee delle attività commerciali r/esistenti in città. Nella becera concezione a misura di pseudo/commercio non stona “Il tempio” dell’asetticità culturale ed effimera di Salerno che è rappresentato dal Teatro Verdi a cui vengono destinati ogni anno 3 milioni di Euro di denaro pubblico. Che il Verdi, nonostante l’ingente quantità di denaro pubblico, sia da stimolo o espressione di una dinamicità artistica, culturale e/o quant’altro, nessuno in questi decenni se ne è accorto e la dimostrazione di ciò sta nel numero impressionante di emigranti del mondo artistico (musicisti ballerini) culturale ed intellettuale  che  ingrossano il flusso di emigranti economici  che da Salerno fuggono verso altre città o nazioni . Anche la fuga dei cervelli: artisti, studiosi e lavoratori rientra nel numero dei mille salernitani che ogni anno fuggono da Salerno. Per il Teatro Verdi sono destinati i finanziamenti pubblici, con ingressi gratuiti destinati ai Consiglieri Comunali e “politici” locali, con costi del biglietto accessibili solo per i ricchi e la borghesia salernitana con un tasso culturale rappresentato dalle passerelle impellicciate delle consorti/amanti in trasferta, professionisti, la maggior parte dei quali proveniente da Napoli e da Avellino. Al contrario, per le attività e gli spazi sociali distribuiti nell’intero territorio che, con enormi sacrifici resistono nell’opera dinamica ed emancipativa della comunità salernitana, non esiste nessun sostegno pubblico, nonostante i progetti di alto spessore sociale e culturale. Presentati,  se non per quelli  organici e funzionali elettoralmente all’attuale “status” politico locale e  degni di visite del sindaco con annessi plausi mediatici. Assistere alla perdita di spazi sociali come Spaziodonna, nonostante le genetiche e storiche diversità politiche con l’antagonismo di classe ma, che comunque ha rappresentato un punto strategico (in pieno centro della città e quindi facilmente raggiungibile) dove si garantiva e si permetteva gratuitamente lo svolgimento di tantissime e varie iniziative politiche culturali sindacali. Spaziodonna storicamente è stato riferimento dei movimenti di lotta per la liberazione e di emancipazione della donna, rifugio e assistenza non solo legale di tante donne fatte oggetto di aggressioni sia fisiche che culturali. Spaziodonna ha tutelato tante donne, adulte e adolescenti, costrette ad abortire in un periodo storico dove le ricche borghesi abortivano nelle cliniche svizzere e negli studi privati di ginecologi costosi e le proletarie morivano per emorragie ed infezioni negli sgabuzzini, nei sottoscala dei palazzi in quartieri ghetto. I ferri e gli arnesi utilizzati da donne praticanti gli aborti clandestini, per garantire non solo l’anonimato ma, anche per tutelare l’incolumità fisica delle donne da concezioni maschiliste e moraliste. SPAZIODONNA è stata un’espressione storica dell’impegno sociale, politico e culturale a sinistra che, fa parte di quel DNA che ha garantito quel diritto di libertà e democrazia per le generazioni ora sono messe a dura prova. Questa città ha perso tanti spazi, Salerno separata dall’Università e la perdita di spazi sociali vuol dire soprattutto perdita di momenti di libertà! Se alla privazione di spazi si aggiunge anche il divieto di affissione manifesti e quindi della promozione di iniziative politiche e culturali (sanzioni amministrative individuali = 416 euro per manifesto A3 fotocopiato) su pressione di qualche negoziante, associazione o forza politica preoccupata è la riprova che stamm’ proprio ‘nguaiàt! Come sono brutti, grigi e insignificanti i muri di Salerno senza i manifesti del Centro Sociale Jan Assen!

C.S.A. Jan Assen (Ex Asilo Politico) – Associazione Culturale Andrea Proto