Da una salumeria salernitana al governo dell’Italia
Chi ha partecipato, come il sottoscritto, alla battaglia elettorale precedente di Vincenzo De Luca sa cosa ha permesso l’ascesa regionale del candidato del centro sinistra in Campania. Gli scienziati della statistica potrebbero usare Salerno come campione per elaborare previsioni su cui scommettere la propria professionalità. Ciò che conferma la sua probabile vittoria, però, non è un fatto numerico ma condizioni ancora più favorevoli che De Luca ha costruito nel suo mandato da Sindaco. Pertanto sono sicuro che queste previsioni saranno ampiamente confermate lunedì sera. Oggi come allora: “le nostre famiglie al di là dei partiti”. Oggi però, De Luca ha l’intera coalizione di centro sinistra che lo sostiene, persino il sistema Bassolino che ha picconato e sgretolato in questi anni, è costretto a sostenerlo. La sua credibilità di “capo” e di “governatore” sono la pratica che lo ha già visto egemone di ogni percorso di rappresentanza dei vari blocchi sociali che saranno sempre e comunque, costretti ad obbligarsi con la politica per trovare risposta “concreta” ai loro interessi di classe o di categoria. La semina De Luca di questi anni ha sfiancato ogni consistenza di vecchi, nuovi partiti e segreterie di partito, tanto da rilanciare la sua battaglia elettorale mutuandola da quella che è stata già una vittoria di popolo nel recente passato: la nuova primavera, cambierà tutto, l’alternativa ai notabili di Nusco e Ceppaloni, l’alternativa, le nostre famiglie. Se bastassero le parole, il nostro sarebbe un mondo migliore ma sono i fatti che costruiscono la reatà e nel caso di un personaggio, la sua credibilità. I fatti dicono che il sostegno a De Luca è trasversale e interclassista e/o intercategoriale, perché nel tempo ogni fedeltà è stata ripagata con concretezza materiale e immaginifica con la crescita di una piramide che se non altissima oggi, ha costantemente almeno raddoppiato nel tempo la sua base. Allora, nel 2006, abbiamo vissuto un Ateneo spaccato, oggi l’Università di Salerno è praticamente un monoblocco deluchiano. L’accademia dentro e fuori dalle istituzioni ha ormai radici e radicamento forte nel napoletano specialmente nelle categorie forti di profitto: su tutto l’ingegneria, la medicina e la confindustrialità. Salerno da sempre è stata terra di aspettative, opportunità, spartizione e conquista. In prospettiva il modello di governo salernitano che ha seminato le sue risorse, presenti e future, proprio in tante imprese e consorzi di imprese napoletane, con un marchio antico di relazione forte con il “capo” confindustriale di quel territorio, è un modello che abbandona in modo definitivo la partitocrazia e impone il modello vincente del “capo” forte, credibile e pagatore. La nuova azienda ospedaliera universitaria a Salerno, come la raccolta differenziata dei rifiuti, la sua riqualificazione urbana come parcheggi, marciapiedi o le luminarie non sono solo propaganda, sono prima di tutto i pilastri materiali che trascinano una potente rappresentazione politica di classi sociali vere e non teoriche. La campagna elettorale e il suo programma non lasciano adito a dubbi: non ci saranno creditori ad aspettare. Sulla Sanità, pubblica e privata, si gioca la partita più ghiotta. Proprio sulla Sanità, De Luca ha poi promesso e scommesso su cavalli di battaglia del sindacalismo di base quali la ripubblicizzazione di interi settori e la stabilizzazione dei precari. Una relazione di massa su cui serve un “capo”. Dal disoccupato all’imprenditore, dal proletario al quadro con il colletto bianco o tuta blù, dallo scienziato accademico al dirigente pubblico, dal precario super specializzato al dipendente pubblico dequalificato, tutto e tutti, nella transizione alla terza repubblica, riconoscono e credono al “capo”, anzi ne hanno bisogno. L’intera economia, nei suoi sottoinsiemi territoriali, ha bisogno di un solo referente che sappia indirizzare e spendere ogni piccola risorsa senza ritardi, anzi bisogna accelerare abbattendo nel nome della “democrazia” ogni sperpero di tempo che una discussione e progetti collettivi impongono. Se De Luca batte Caldoro, De Luca batte Berlusconi in Campania e abbatte il primato dei partiti. Applicando il modello Salerno, con un paio di anni di governo regionale con risultati materiali e di propaganda, De Luca diventerà l’unica candidatura possibile del PD per il governo dell’Italia. Un sogno, una fantasia o un percorso pianificato? Il figlio del salumiere a Palazzo Chigi è una storia italiana già scritta: se il popolo di De Luca ha già piegato il popolo di Vendola, il popolo di Di Pietro e quello di Bassolino resta solo da andare a contare le schede del popolo di Berlusconi che fuori dall’apparato dei partiti difficilmente riconoscono le leadership imposte dalle segreterie. Fico e Ferrero saranno battuti dall’astensionismo e possono solo dividersi una percentuale ampiamente minoritaria rispetto alla potenzialità di massa del voto disponibile. E’ già successo a Salerno nel 2006 dove si è anticipata la scomparsa istituzionale della sinistra radicale come ovvio risultato dell’abbandono sul campo del blocco sociale di riferimento, dove sono stato sconfitti i partiti e le loro coalizioni, dove i lavoratori hanno sconfessato i quadri dirigenti di CGIL CISL e Uil, premiando un “capo” e non un politico, dove, a Salerno, non c’è l’alternativa politica perché la politica è diventata comitato elettorale durante le elezioni e regime amministrativo efficiente durante il mandato di governo. A Salerno si è dimostrato che anche i “poteri forti” hanno bisogno del “capo”, di un rappresentante unico che rende concretezza e non chiacchiere: tutto questo è confermato dal consenso bipartisan di allora su cui conta oggi De Luca, confermato dalle dichiarazioni del Cosentino di oggi che è il vero detronizzato dalla sedia di governatore della regione Campania. Qualcuno potrà obiettare che in mezzo ci sono state le amministrative della provincia vinte dal centro destra di Cirielli. Le risposte sono ovvie e scontate: il cavallo Villani era alla frutta e alla vigilia di un crack (ampiamente conosciuto negli ambienti bancari e politici romani) che ha messo sulla strada migliaia di lavoratori e ha segnato l’ennesima e brutale sconfitta delle sottostrutture del sindacato concertativo e collaborazionista. De Luca era in piena semina fuori dalla provincia salernitana e ha solo messo a disposizione la sua macchina elettorale per confermare e radicare la sua egemonia in città attraverso uomini fidati e vincenti. Non è sceso in campo direttamente, non è stata una sua battaglia personale e quindi, per la competizione sulla Provincia non ha chiamato il suo popolo. La battaglia elettorale che termina in queste ore ha gettato le premesse ad un cambio di paradigma che segnerà la vita politica italiana nei prossimi anni. C’è da approfondire relazioni e dimensioni che comunque porteranno nel consiglio regionale un uomo espressione diretta di popolo e non di apparato partitico, espressione diretta di un nuovo modello di rappresentazione politica che lascia le briciole alle segreterie ma si rapporta direttamente, senza filtri dispersivi e inefficienti, alle classi sociali, non ai rappresentanti ma ai rappresentati. “Le nostre famiglie” non sono una categoria o un partito, sono una dimensione trasversale interclassista che dimostra buon governo e coesione sociale, dimostra l’efficienza di sistema che è allo stesso tempo “fedelissimo” come gli ultras e collettivo come una squadra. Un paradosso: un “capo” contro i partiti. Comunque vada, De Luca ha già vinto perché compete con Berlusconi con buona pace di chi crede che la posta in palio sia solo governare un consiglio regionale dell’Italia meridionale.
Pietro Di Gennaro
sindacalista di base
Otto volte ricorre la parola capo in un articolo che una sorta di “osanna” al padrone della politica neoclientelare salernitana, un delirio di ossequio a coui che ha il solo merito di aver messo in piedi una macchina capillare di controllo del consenso, soffocando ogni barlume di partecipazione democratica nella nostra provincia. Un Berlusconi coi capelli da contrapporre ad uno col trapianto. Destra e sinistra non c’entrano più, conta solo la “passione”, una specie di derby Milan Salernitana. Un solo dubbio: l’autore è sicuro di essere “sindacalista di base”?
L’incontestabile successo di De Luca dipende, in larga misura, dall’essere riuscito ad accreditarsi come buon amministratore, al di sopra dei partiti e, quindi, delle clientele.
Chiunque conosca, neanche approfonditamente, i fatti e le persone, sa bene, però, che le cose non stanno così. De Luca è stato capace di penetrare capillarmente in ogni istituzione o organismo salernitano di cui ha assunto iol controllo diretto per il tramite di appositi capibastone. Per lo più persone senza nè arte nè parte, alle quali ha garantito prebende principesche in cambio della ubbidienza assoluta.
Ed è per il tramite di questi pseudo manager, spesso responsabili di assunzioni torbide oltre che del disastro delle aziende gestite (vedasi soc. miste, depurazione, ecc.) che ha creato un “sistema” costoso e asfissiante, ma capace di assicurargli un largo e trasversale consenso clientelare, il cosiddetto “zoccolo duro” dei fedelissimi.
Una stampa quasi completamente asservita e la sua innegabile capacità mediatica hanno fatto il resto, estendendo il consenso anche a quelle persone che, in buona fede, credono davvero che De Luca sia un benefattore, dalla parte delle famiglie e dei deboli.
Se De Luca dovesse farcela, dimostrerebbe che si può coniugare il consenso clientelare e quello di opinione, l’utilizzo spregiudicato delle istituzioni e la falsa immagine di buona amministrazione, il trasversalismo e l’ortodossia. Insomma, tutto e il contrario di tutto.
Possibile che Di Gennaro, che pure per il passato è stato un acuto osservatore, queste cose non le capisca?
Noi votiamo De Luca perchè vediamo quello che ha fatto a Salerno e perchè ha sempre dimostrato di essere autonomo da ogni forza politica o potentati vari!Ha sempre lavorato esclusivamente in favore dei cittadini e non per farsi i propri affari o per favorire qualche potente di turno come altri politici!
NON votiamo De Luca perché, anche noi, vediamo bene quel che ha fatto a Salerno. Sulla autonomia da “potentati” e sui “favori” ai potenti di turno sarei cauto: basta scorrere le cronache giudiuziarie degli ultimi anni, verificare le varianti urbanistiche ad personas, le modifiche al piano regolatore, la geografia del sottogoverno, ecc. per comprendere che, a Salerno, si è costituito un enorme potentato, a cui devono sottomettersi tutti. Il suo.
Oggi l’Università di Salerno non è un monoblocco deluchiano, e non lo era neanche prima delle ultime votazioni.