Decremento demografico, spopolamento, disoccupazione, invecchiamento civico, fuga giovani, sviluppo Capitanata a rischio
La Capitanata: terza area più estesa d’Italia dopo le Province di Sassari e Bolzano. A rischio il decollo socioeconomico e produttivo del territorio. Severa contrazione demografica in tutti i 29 comuni dei Monti Dauni. Anche nei 18 centri dell’area garganica si registra un calo di oltre 20mila abitanti. Livelli demografici stabili a Vieste e Torremaggiore. Foggia e San Severo perdono abitanti. Lucera, Manfredonia, Cerignola e San Giovanni Rotondo invertono il ‘trend’ e incrementano la popolazione. Siccità e crisi idrica: è allarme rosso.
Giuseppe Zingarelli
L’ economia del Meridione è ancora in salute ma il suo territorio, conta circa 13.367.631 abitanti, esclusa la popolazione delle due isole maggiori, Sicilia e Sardegna, oltre 6milioni di abitanti, si sta spopolando. In 25 anni, dal 2000 ad oggi, ha perso oltre 1.200.000 abitanti. Si stima che il calo demografico proseguirà. Entro il 2040 il “Mezzogiorno” potrebbe continuare a perdere altri 2,5 milioni di abitanti. Le proiezioni confermano che entro il 2050 l’Italia perderà oltre 4,5 milioni di abitanti. Il decremento demografico del Sud Italia, è un fenomeno legato a fattori storici: emigrazione verso il Nord o l’Estero, carenza di adeguati servizi, impossibilità di trovare una stabile occupazione. A questi fattori si è aggiunto un terzo parametro: l’inesorabile invecchiamento della popolazione. Nel nostro Paese si contano in totale 7.896 comuni. Il dato è aggiornato alle ultime modifiche apportate nel 2024 dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). La Città di Roma è il comune più popolato, 2.746.709 milioni di abitanti, Monterone, in provincia di Lecco, quello più piccolo: appena 32 abitanti. Sono 136 i comuni nazionali aventi una popolazione superiore a 50mila abitanti. Solo 44 comuni registrano una popolazione superiore a 100mila abitanti. Tra essi, Foggia. La “Città della Spiga”, capoluogo della Daunia, occupa il 27esimo posto nel Paese per numero di abitanti: 145.522. I comuni italiani con meno di 1.000 abitanti sono 1.900, pari al 24% del totale dei comuni italiani. La loro popolazione effettiva è di circa 1,5 milioni di persone. I comuni con meno di 2.000 abitanti sono 3.644. Contano una popolazione di circa 3.583.000 di abitanti, pari al 45% del totale dei comuni nazionali. Più numerosi, invece, 5.543, sono i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Ci vivono circa 25 milioni di persone. Di questi 5.543 comuni, ben 5.521 sono considerati ‘piccoli comuni’: essi rappresentano il 69,9% dei 7.896 comuni totali presenti nell’intero territorio italiano. I dati sono aggiornati ad aprile 2024. I comuni con meno di 5.000 abitanti comprendono una vasta gamma di realtà rispetto a quelli con poche centinaia di abitanti o che non superano i 2.000 abitanti. La popolazione censita nei 109 capoluoghi è di poco superiore a 18 milioni di abitanti. L’ Italia conta 58.934.000 abitanti. Il dato è aggiornato a marzo 2025. Il quadro della situazione nazionale si colora di ‘grigio’ in rapporto ad alcune aree del Sud. Tra queste la provincia di Foggia. La Capitanata, denominata anche Daunia, ha una superficie di circa 7.000, 54 kmq. Si estende su oltre 530mila ettari. È il terzo territorio più esteso d’Italia dopo Sassari e Bolzano. Nel 1967 contava 682.103 abitanti. Vi erano inclusi i 40.014 abitanti delle tre cittadine ofantine, Margherita di Savoia, San Ferdinando di Puglia e Trinitapoli che, dall’11 giugno 2004, sono passate alla BAT, sesta provincia della Regione Puglia (Barletta-Andria-Trani). La popolazione complessiva attuale della provincia di Foggia è di circa 590.485 abitanti. Il dato è aggiornato a maggio 2025. Il vasto territorio della Daunia comprende la piana del Tavoliere, il promontorio del Gargano e i Monti Dauni, un’ estesa fascia montano-collinare situata ai piedi dell’Appennino meridionale, caratterizzata da meravigliose bellezze naturalistiche, scoscesi valloni ridondanti di variegata vegetazione, accattivanti distese boschive, incantevoli panorami e ineguagliabili attrattive paesaggistiche. Rispetto al dati censiti nel 1967, la Capitanata ha fatto registrare un consistente decremento demografico: ha perso
91.618 abitanti. Se si riagregassero gli attuali 40mila delle tre ex città ofantine, il calo demografico sarebbe di circa 52mila abitanti. Il “quadrilatero” economico della Capitanata è costituito da 4 città: Foggia, Cerignola, Manfredonia e San Severo. Senza per questo sottovalutare Lucera e la “garganica” San Giovanni Rotondo. Attualmente Lucera conta 30.430 abitanti, San Giovanni Rotondo 27.000 abitanti, Manfredonia 53.129 abitanti, Cerignola, 58.608 abitanti. Le quattro cittadine daune sono riuscite ad incrementare le rispettive popolazioni. Il dato emerge confrontando i dati odierni, aggiornati a maggio 2025, con quelli censiti nel 1967, pari rispettivamente a 29.725, 20.823, 44.041 e 48.098 abitanti. L’ area garganica, che comprende 18 comuni, Apricena, Cagnano Varano, Carpino, Ischitella, Isole Tremiti, Lesina, Manfredonia, Mattinata, Monte Sant’Angelo, Peschici, Rignano Garganico, Rodi Garganico, San Giovanni Rotondo, San Marco in Lamis, San Nicandro Garganico, Serracapriola, Vico del Gargano e Vieste, nel 1967 contava una popolazione complessiva di 211.064 abitanti. Oggi, il dato è aggiornato a marzo 2025, negli stessi comuni vivono circa 189.677 abitanti. Evidente la curvatura demografica negativa: 21.387 abitanti in meno. Lieve incremento demografico a Mattinata, Peschici, Lesina, Isole Tremiti, Stornara, Stornarella, Ortanova e Carapelle. A San Severo, 52.236 abitanti nel ’67, si registra una flessione di oltre 3.100 abitanti. Il centro agricolo dell’Alto Tavoliere, infatti, dato del marzo 2025, oggi conta circa 48.940 abitanti. Il decremento demografico è un fenomeno quantitativo che si rapporta allo “scompenso” causato dal saldo negativo tra nascite e decessi. A differenza dello spopolamento, fenomeno molto più subdolo e complesso, il calo demografico non implica necessariamente l’abbandono del territorio. Un territorio può subire un calo demografico senza necessariamente spopolarsi, a condizione, però, che la popolazione stanziale riesca a mantenere un certo livello di vivibilità e di sviluppo. Calo demografico e spopolamento sono fenomeni insidiosi che colpiscono intere regioni o specifici territori, specie quelli interni e, in particolare, i piccoli comuni. Lo spopolamento è in grado di attivare conseguenze drammatiche: calo delle produzioni, sensibili diminuzioni della domanda di beni e servizi, gravi difficoltà per le imprese e le attività economiche locali, prematuro declino sociale di intere aree. Provocando danni devastanti all’economia, diminuzione dei servizi essenziali, degrado del territorio, quali degrado ambientale e perdita del paesaggio, invecchiamento della popolazione, perdita della coesione sociale di una determinata area geografica. Fattori che coinvolgono in modo diretto i giovani, i quali rappresentano la forza e il futuro di ogni territorio. A Foggia, e più in generale in Capitanata, i giovani da tempo percepiscono distintamente un clima depresso, poco dinamico, particolarmente sfavorevole alla loro crescita umana e professionale. Eppure il sogno dei ragazzi di Capitanata non è mai mutato nel tempo: lavorare, costruirsi una famiglia e un futuro nella propria terra di origine. Oltre il 75% dei giovani dauni vive in casa con i genitori a causa di salari da fame, lavoro precario e disoccupazione. Ciò spiega e giustifica la loro attrazione per le aree urbane del Nord Italia che, rispetto al Sud, è cosa nota, vantano economie più forti, offrono migliori retribuzioni e maggiore qualità della vita. Nello scorso decennio, per sopravvivere, migliaia di ragazzi della provincia dauna di età compresa tra i 20 e i 30 anni, sono stati costretti a fare le valigie andando a lavorare anche all’estero. Le aree interne dei Monti Dauni sono le più “flagellate” dal calo demografico e dallo spopolamento. I piccoli centri dislocati lungo i rilievi della dorsale subappenninica della Capitanata, in realtà, da oltre mezzo secolo vivono l’avvilente ‘esodo’ di generazioni di giovani dalle proprie comunità. In quest’area la mancanza di lavoro è atavica e ‘perenne’. Si respira una
mortificante deriva sociale, specchio di una politica locale, provinciale e regionale che, nel corso del tempo, ha palesato evidenti limiti e scarsa incisività nel contrastare i ‘trend’ della problematica.
Spopolamento e isolamento geografico hanno ridotto i bellissimi borghi medievali dei Monti Dauni in autentici camposanti. Case vuote, terreni incolti, attività commerciali quasi inesistenti, economie spaventosamente ripiegate su se stesse, disagi notevoli, mancanza di interazione, assenza di opportunità culturali e ricreative, carenze di servizi essenziali quali scuole, presidi e strutture sanitarie, trasporti pubblici, infrastrutture. L’ inesorabile crollo di questo inestimabile “piccolo mondo antico’, retaggio di una cultura contadina ricca di valori e tradizioni, è il simbolo della sconfitta socio-politica di un intero territorio. Se è vero che da decenni i Monti Dauni lottano contro ogni sorta di difficoltà è altrettanto vero che a partire dalla metà degli anni ’70, i singoli paesi collinari della Daunia non sono riusciti ad esprimere amministratori e politici capaci di contrastare, sovvertire e porre freno alla perdita di vitalità del tessuto sociale ed economico delle loro comunità. Mentre le inclementi e distruttive dinamiche dello spopolamento continuavano inesorabilmente a dilaniare i loro territori, più di qualche sindaco dei Monti Dauni, sottovalutando la gravità dei fenomeni in atto, continuava, illudendosi, a credere che i problemi legati allo spopolamento si sarebbero risolti da soli. I nodi, però, prima o poi vengono al pettine. Negli scorsi decenni la politica, locale, regionale e statale, non ha mai affrontato di petto i problemi dello spopolamento. Limitandosi a dibattere solo i sintomi di detto fenomeno, non sono mai state prospettate soluzioni concrete ed efficaci da anteporre alle vere cause del fenomeno. Cosicché la situazione, già in fase di “stallo”, si è complicata all’inverosimile. Qualcosa di concreto si realizzò nel corso degli anni ’90. Allorquando lo Stato decise di stanziare corposi fondi economici, probabilmente una somma a dodici cifre, al fine di porre rimedio e riossigenare le 29 comunità collinari saune. Una pioggia inquantificabile di miliardi di lire, infatti, giunse nelle casse delle ex Comunità Montane istituite nei Monti Dauni, quella “Meridionale”, il cui comprensorio raggruppava all’epoca gli agri di 16 comuni, Accadia, Anzano di Puglia, Ascoli Satriano, Bovino, Candela, Castelluccio dei Sauri, Castelluccio Valmaggiore, Celle di San Vito, Deliceto, Faeto, Monteleone di Puglia, Orsara di Puglia, Panni, Rocchetta Sant’ Antonio, Sant’Agata di Puglia e Troia, e quella “Settentrionale”, comprendente gli agri di altri 13 piccoli centri: Alberona, Biccari, Carlantino, Celenza Valfortore, Castelnuovo della Daunia, Casalnuovo Monterotaro, Casalvecchio di Puglia, Mottamontecorvino, Pietramontecorvino, Roseto Valfortore, San Marco la Catola, Volturara Appula e Volturino. In Puglia, le comunità montane furono poi abolite dalla Legge n.18 del 23 dicembre 2011. Nonostante l’invio dei mega importi statali, la situazione sociale in questa vasta area collinare non mutò. Anzi, incredibilmente, peggiorò. Nel 1967 la popolazione complessiva dei 29 comuni delle due ex Comunità Montane, Meridionale e Settentrionale, contava 96.557 abitanti. Precisamente, 61.292 abitanti nella ex Comunità Montana Meridionale e 35.777 abitanti in quella Settentrionale. Attualmente, il dato è aggiornato a maggio 2025, la popolazione complessiva dei 16 comuni della ex Comunità Montana Meridionale è di 35.265 abitanti, quella dei 13 comuni della ex Conunità Montana Settentrionale è di 16.342 abitanti. Un calo e uno spopolamento demografico sconvolgente che continua a non arrestarsi. La popolazione complessiva attuale dei 29 comuni dei Monti Dauni è di 52.119 abitanti in un territorio di circa 2000kmq. Come si nota, in 58 anni, la flessione demografica delle 29 comunità collinari ha registrato la perdita complessiva di ben 44.438 abitanti. Troppi, per sperare di riaccendere i motori di una ripresa credibile.
Diciamocelo francamente. Allo stato attuale, in molti paesi dei Monti Dauni le percentuali di ripresa demografica, in percentuale, sono pari a zero. La situazione è catastrofica. Ancor più catastrofica lo diventa nei comuni che da Lucera si incontrano percorrendo la SS17, viaggiando in direzione delle estreme propaggini della provincia di Foggia, al confine con la Campania, provincia di Benevento, e con il Molise, provincia di Campobasso. A queste latitudini non si vive più e neanche più si sopravvive, ma si muore. Si muore miseramente di criticità e disservizi.
Lo spopolamento svilisce e uccide la risorsa umana e quando la risorsa umana viene erosa, tutto si disperde. In Italia sono oltre 2.020 i piccoli comuni che vivono il “coma” dello spopolamento, il quale, di fatto, è morte sociale di una comunità, deriva di un territorio, declino di una Nazione. Un fenomeno che provoca drastiche riduzioni della domanda di beni e servizi, semina difficoltà e disagi di ogni genere, causa dispersione di cultura, cancella e distrugge la storia, le tradizioni e l’identità di intere comunità. Sindaci e amministrazioni dei Monti Dauni hanno fatto davvero poco per contrastare fuga dei giovani e spopolamento. Di riflesso, però, va evidenziato che, in Capitanata, più di qualche programmazione politica regionale avente finalità di promuovere turismo, cultura e tradizioni locali, nonchè mirante a sostenere e sviluppare nuove attività economiche legate all’artigianato e all’agricoltura, non ha funzionato affatto. È tempo di adottare decisioni di peso, di creare una grande alleanza nazionale che coinvolga non solo la politica ma anche il mondo produttivo, quello accademico e il Terzo Settore. Tra il 2010 e il 2016, la città di Foggia raggiunse il suo massimo exploit demografico: 150.673 abitanti. Oggi la “Citta del Tavoliere” conta 145.522 abitanti. Evidente anche nel capoluogo dauno la perdita di 5.151 abitanti. Anche la siccità da tempo “tormenta” non poco la provincia di Foggia. Nel territorio dauno, paradossalmente, da oltre 50 anni, dopo la costruzione della diga di Occhito negli anni ’70, non si sono più realizzate opere di approvvigionamento idrico per migliorare la rete di distribuzione delle acque. Non si è realizzata nessuna opera per evitare la notevole dispersione, oltre il 40%, della preziosissima risorsa. Nell’ invaso di Occhito, la cui portata è di circa 334milioni di metri cubi, oggi non c’è acqua a sufficienza. Da qualche tempo si parla del cosiddetto “tubone”, un’ infrastruttura che dovrebbe convogliare acque per usi idrici e potabili dall’invaso del Liscione, in provincia di Campobasso, ad Occhito. Un territorio, la Capitanata, in cui anche la diffusa presenza delle mafie e, a detta di qualcuno, di un camaleontico ed inquietante Antistato politico, sta “distruggendo” la già svilita economia del territorio, scoraggiando investimenti, favorendo l’illegalità ed influenzando negativamente società e politica. Accrescendo, oltremodo, la sfiducia dei cittadini verso le istituzioni.