Bologna: CNDDU, violenza su minori, riflessione educativa e istituzionale

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani prende atto con profonda attenzione e preoccupazione della sentenza d’Appello emessa a Bologna, che ha condannato un uomo di 52 anni – ex vicino di casa delle vittime – a due anni e sei mesi di reclusione per violenza sessuale aggravata su due sorelline di 9 e 11 anni, commessi a giugno 2020 all’interno del parco pubblico nel quartiere Bolognina di Bologna
Secondo quanto emerso dal processo, l’imputato si era guadagnato la fiducia della famiglia, proponendosi per accompagnare le due bambine a giocare in bici. Approfittando dell’assenza dei genitori e della tranquillità del contesto parrocchiale, l’uomo molestò entrambe le sorelle. Solo dopo alcune settimane, le bambine trovano il coraggio di raccontare l’accaduto, portando alla denuncia e alla successiva ricostruzione, coerente e credibile, del fatto in sede di incidente probatorio.
Al di là dell’aspetto giuridico, che spetta alla magistratura valutare secondo le norme vigenti, riteniamo doveroso soffermarsi sul significato culturale, psicologico ed educativo di una vicenda che pone interrogativi urgenti sul sistema di protezione dell’infanzia nel nostro Paese.
È noto, nella letteratura psicologica e giuridica, che i traumi subiti nell’infanzia – soprattutto quando derivano da abusi da parte di figure conosciute e considerate affidabili – hanno ripercussioni profonde e durature. Come evidenziato dalla teoria dell’attaccamento (Bowlby), il tradimento della fiducia affettiva incide sullo sviluppo dell’identità, sull’equilibrio emotivo e sulla capacità di costruire relazioni sicure. I danni non sono solo momentanei, ma strutturali, e possono riemergere sotto forma di disagio psichico e comportamentale anche a distanza di molti anni.
Il fatto che le due bambine abbiano taciuto per settimane prima di riuscire a parlare dimostra l’enorme peso emotivo che il minore si trova a portare da solo in questi contesti. Il silenzio, come ricordano gli studi sul trauma (Herman, van der Kolk), non è segno di assenza di consapevolezza, ma una strategia di sopravvivenza psichica. In questo silenzio si annidano la paura, la vergogna e il timore di non essere creduti.
Suscita profonda amarezza apprendere che, nel corso del procedimento, l’imputato non sia stato destinatario di misure cautelari e che sia rimasto nel medesimo contesto abitativo, costringendo la famiglia delle vittime a lasciare la propria casa. Una dinamica che solleva interrogativi non marginali sul concetto di “protezione” che il nostro ordinamento riesce a garantire nei confronti dei minori.
Come Coordinamento Nazionale, ribadiamo che la tutela dell’infanzia non può essere oggetto di valutazioni accessorie o attenuate: deve rappresentare un principio cardine dell’intera architettura educativa, sociale e giudiziaria.
Pertanto, rinnoviamo il nostro impegno a sostenere:
- L’introduzione sistematica dell’educazione ai diritti, all’affettività e al rispetto del corpo in ogni ordine di scuola, con particolare attenzione alla prevenzione degli abusi;
- La formazione continua del personale scolastico, affinché sia in grado di riconoscere segnali di disagio, adottare pratiche di ascolto attivo e interagire efficacemente con i servizi territoriali;
- La promozione di protocolli scolastici integrati per la gestione delle situazioni di sospetto abuso, basati sulla tempestività dell’intervento, sulla centralità del minore e sulla collaborazione interistituzionale;
- Un confronto tra autorità scolastiche e giudiziarie per garantire che, anche durante i processi penali, venga prioritariamente tutelato l’equilibrio psico-emotivo delle vittime, evitando ulteriori esposizioni traumatiche.
Le sentenze hanno il compito di accertare le responsabilità e di applicare le pene. Ma la giustizia sostanziale nei confronti dei minori richiede una risposta più ampia, che coinvolga l’intero tessuto civile ed educativo. La scuola, in particolare, può e deve essere un presidio attivo di prevenzione e di sostegno.
Infine, non possiamo dimenticare che i diritti dell’infanzia, sanciti dalla Convenzione ONU del 1989, impongono a ogni Stato parte l’obbligo di agire nel “superiore interesse del minore”. Non si tratta di un principio retorico, ma di un vincolo giuridico e morale a cui ogni decisione pubblica – educativa, politica, giudiziaria – dovrebbe ispirarsi.
Restare vigili, consapevoli e uniti nella protezione dell’infanzia è oggi un compito non più rinviabile. Il CNDDU continuerà ad operare affinché ogni bambina e ogni bambino possa crescere in un ambiente sicuro, rispettoso e giusto.
prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU