Nel 1953 il “Campionissimo” si recò due volte a San Giovanni Rotondo dal  Santo del Gargano. 
 Giuseppe Zingarelli
Un maniscalco scozzese, Kirkpatrick Mac Millan, nel 1839 inventò la prima vera bicicletta installando un sistema a pedali sul telaio. Nel 1888, un altro scozzese, John Boyd Dunlop, nato a Dreghorn, un piccolo villaggio a sud ovest di Glasgow, inventò lo pnuematico, rendendo così più confortevole la pratica della bicicletta. Due anni dopo, nel 1890, con la Parigi-Brest-Parigi, nacque il ciclismo. La consacrazione avvenne nel 1896, quando fu ufficializzata la prima corsa: la celebrata Parigi-Roubaix. Nel 1903 prese il via la competizione più prestigiosa del mondo: il Tour de France.
L’ Italia non stette a guardare i transalpini e nel 1906 organizzò il primo Giro d’Italia. Da allora le imprese epiche di molti campioni sono entrate nella storia e nella memoria di milioni di appassionati del ciclismo. Eroi della bicicletta che, a distanza di decenni, continuano ad ispirare i “sogni” di gloria delle nuove generazioni: Costante Girardengo,
Alfredo Binda, Fiorenzo Magni, Miguel Indurain, Bernard Hinault, Felice Gimondi, Francesco Moser, Giuseppe Saronni, Richard Virenque, Lucien Van Impe, Alessandro Petacchi, Gianni Bugno, Sean Kelly, Mario Cipollini, Roger De Vlaeminck, Marco Pantani, Vittorio Adorni, Jan Ullrich,  Rick Van Looy, Mark Cavendish, Jaques Anquetil, Raymond Poulidor, l’eterno secondo di Francia. Tra gli anni ’60 e ’70 il dominatore incontrastato delle corse ciclistiche fu Eddy Merckx. Il corridore belga in carriera vinse qualcosa come 286 gare, conquistando tutte e cinque le grandi classiche d’Europa: la Milano-Sanremo, il Giro delle Fiandre, la Parigi-Roubaix, la Liegi-Bastogne-Liegi e il Giro di Lombardia. Record che condivise insieme a Roger De Vlaeminck e Rick Van Looy. Merckx, Anquetil, Hinault e Indurain sono gli unici corridori ad aver vinto il Tour de France per ben cinque volte. In realtà, il record di vittorie alla “Grande Boucle” era detenuto da Lance Armstrong. Il corridore statunitense vinse in Francia dal 1999 al 2005, conquistando ben sette titoli consecutivi. Il 13 giugno 2012, l’Agenzia Antidoping americana (United States Anti-Doping Agency -USADA-), aprì un’inchiesta che accertò il sistematico utilizzo di pratiche dopanti da parte del ciclista texano e della sua squadra, l’Us Portal- Discovery Channel. Armstrong venne radiato dalla Federazione ciclistica internazionale e i sette titoli vinti gli furono revocati. I piazzamenti in classifica degli altri corridori non furono invece modificati. Nessun altro sport al mondo, se non il ciclismo, può riassumersi in un’ immagine: la famosissima fotografia della borraccia. Una fotografia che ha superato la barriera del tempo, immortalando  la storia e il fascino del ciclismo. Essa ritrae due giganti del ciclismo di tutti i tempi: Fausto Coppi e Gino Bartali. Fu Carlo Martini, fotografo della Omega Fotocronache, a realizzare l’iconico scatto sul Passo del Gabelier, nella tappa Losanna-Alpe d’Hueze. Era il 4 luglio 1952. La tappa fu vinta da Fausto Coppi che riuscì a precedere sul traguardo il francese Jean Robic, il belga Stan Ockers, lo spagnolo Bernard  Ruiz Navarrete e lo stesso Gino Bartali, il quale arrivò quarto. La fotografia di Coppi e Bartali che si scambiano la borraccia in corsa è considerata un esempio di straordinario fair-play nello sport, un leggendario modello di lealtà e di rispetto tra avversari. Lo scatto cela un mistero mai risolto. Non si è mai saputo se fu Bartali a passare la borraccia a Coppi o Coppi a Bartali. I due grandi campioni, avversari da sempre, incarnarono il simbolo di una storica rivalità sportiva che divise in due l’Italia. Gino Bartali conquistò tre volte il Giro d’Italia, 1936, 1937 e 1946, trionfando due volte al Tour de France nel 1938 e nel 1948, vincendo quattro volte la Milano-Sanremo, 1939, 1940, 1947 e 1950, imponendosi in tre giri di Lombardia, nel 1936, 1939 e nel 1940. Il ciclista toscano, inoltre, riuscì ad aggiudicarsi quattro campionati italiani su strada, 1935, 1937, 1949, 1952 e due Giri di Svizzera, nel 1946 e ’47. A Castellania, in provincia di Alessandria, il 15 settembre 1919 nacque Angelo, Fausto Coppi, per tutti Fausto. Notato da Edoardo Pavesi, direttore sportivo di Bartali alla Legnano, il “Campionissimo”, leggenda del ciclismo mondiale, fu messo sotto contratto dai ‘verdi’ nel 1940 con un ingaggio di circa 700 lire. Coppi vinse tutto. Come Alfredo Binda, conquistò ben cinque Giri d’Italia, 1940, ’47, ’49, ’52, ’53. Poi due Tour de France, ’49 e ’52, tre Milano-Sanremo, ’46, ’48, ’49, la Parigi-Roubaix nel 1949 e nel 1953 si aggiudicò i Campionati del Mondo su strada. Quattro vittorie ai Campionati italiani su strada: 1940, ’47, ’49 e ’53. L’ “Airone” piemontese vinse ben cinque Giri di Lombardia, 1948, ’49, ’50, ’52, ’53, la Freccia Vallone nel 1953, quattro Giri dell’Emilia 1942, ’48, ’50, ’53, tre Giri di Romagna, 1948, ’50, ’52, tre Giri del Veneto, 1948, ’49, ’50 e tre “Valli  Varesine”, 1942, ’48, ’50. Nel 1954 si aggiudicò il Record dell’Ora. Il formidabile corridore della “Bianchi”, da sempre presente nella Halle of Fame della bicicletta, conta anche 22 vittorie di tappa al Giro d’Italia e 9 al Tour de France. Il 22 novembre 1945 Coppi sposò in prime nozze una ragazza semplice e modesta: Bruna Ciampolini. Originaria di Sestri Levante, la meastra si era  trasferita a Villarvenia per sfuggire al rischio di bombardamento della sua città. Coppi la incrociava spesso poichè era solito allenarsi sulla statale che da Castellania conduceva a Villarvenia. I due si conobbero e si sposarono a Sestri Ponente al termine della Seconda Guerra Mondiale. Il matrimonio fu subito allietato dalla nascita di una bambina: Marina. Un giorno la signora Ciampolini, che già non amava il ciclismo, nell’assistere ad una tappa del Giro d’Italia, rimase letteralmente scioccata per essere stata diretta spettatrice della rovinosa caduta di un corridore, il ciclista Learco Guerra. Nel vederlo rialzarsi a malapena, tutto sanguinante, da allora iniziò a temere per la sorte del marito, sempre più impegnato nell’attività agonistica. I loro rapporti iniziarono a scricchiolare, divenendo tesi e concitati. Nel 1954 i litigi e gli screzi portarono i due alla separazione consensuale. Coppi intraprese una relazione sentimentale extraconiugale con una ragazza di Napoli, Giulia Occhini. La famigerata “Dama Bianca”. Nell’aprile 1953, il “Campionissimo”, tra l’altro appassionato anche di calcio, era tifosissimo del Torino, all’apice della sua notorietà, giunse a San Giovanni Rotondo. Coppi era devoto e grande ammirarore di Padre Pio da Pietrelcina. Voleva conoscere il frate di persona. La notizia della presenza del ciclista più famoso del mondo si sparse subito nel paesello garganico. Una ressa di tifosi, non soltanto locali ma anche svizzeri, americani, irlandesi e tedeschi, attese il corridore nel piazzale antistante il convento di Santa Maria delle Grazie. Un confratello del futuro santo informò Padre Pio della presenza di Coppi e lo stigmatizzato lo accolse con grande affabilità. Il campione di Castellania rimase molto colpito ed ancor più ammirato dall’umiltà del “Santo del Gargano”, tanto da ritornare da lui alla vigilia del Natale di quello stesso anno. Fausto Coppi scomparve prematuramente il 2 gennaio 1960 a Tortona. A causare il decesso fu la malaria contratta durante un viaggio in Africa. Qualche mese dopo la morte di Coppi, Il figlio del “Campionissimo”, Angelo Fausto, nato dalla relazione con la Occhini, rischiò di essere rapito da un sedicente americano che si presentò alla “Dama Bianca” nella veste di un alto funzionario della NATO che, residente a Bruxelles e grande amico del Re Baldovino, era stato incaricato di far erigere a Castellania un monumento al campione per volontà dello stesso monarca belga, grande ammiratore del defunto corridore. L’ uomo, prodigo di regali con il bambino e la madre, riuscì in un primo momento ad abbindolare la Occhini, ottenendo le sue simpatie e quelle di suo figlio. Con numerosi raggiri, infide manovre e vanterie di ogni genere il misterioso “americano” cercò di indurre la signora Occhini a raggiungerlo in piena notte con il bambino a Casteggio, un paesino nei pressi di Novi Ligure. La “Dama Bianca”, però, iniziò ad insospettirsi. Temendo volessero sottrappargli in qualche modo il figlio per poi imporle un gravoso riscatto, la donna informò l’avvocato Lino Boidi di Alessandria e, contemporaneamente,  i fedeli campioni della vecchia ‘equipe’ di Coppi: la Legnano. Collaborando insieme, il legale piemontese e gli ex compagni di squadra dell’ “Airone” di Castellania” riuscirono a smantellare il castello di menzogne costruito ad arte dal sedicente funzionario della NATO, sventando così  il rapimento del bambino.