San Giovanni Rotondo: documento attesta legame tra Padre Pio da Pietrelcina- don Remigio D’Errico-Mons. Fortunato Maria Farina


Il prezioso documento è stato portato alla luce nel corso di una ricerca riguardante don Remigio D’Errico, un sacerdote foggiano al quale Padre Pio da Pietrelcina, un giorno, rivelò di dover svolgere una missione particolare.
Un importante documento è emerso dal passato. Attesta che don Remigio D’Errico, un sacerdote nato il 23 febbraio 1914 ad Ascoli Satriano, in provincia di Foggia, fu un indiscusso protagonista della grande storia d’Italia. Giulio Andreotti, grande amico dell’umile presule di Capitanata, a riguardo di don Remigio ebbe ad affermare: “Tra le figure che più mi colpirono quando cominciai a frequentare la provincia di Frosinone e ne divenni rappresentante in Parlamento, spiccava su tutte quella di don Remigio. Per la sua dedizione, il coraggio che non perdeva mai, la sua paternalità, dargli una mano era una gioia perchè ti arricchiva spiritualmente. Al suo apostolato si deve la strada giusta che centinaia di ragazzi seguirono nella vita. Senza invadere competenze ecclesiastiche, lo ricordo come espressione autentica di santità”. Padre Pio da Pietrelcina e don Remigio si conobbero personalmente a San Giovanni Rotondo. Il sacerdote ascolano collaborò fattivamente con il Santo frate anche nella costruzione dell’erigendo Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”. Nel dopoguerra, Padre Pio rivelò un giorno a don Remigio di avere una grande “missione” da portare avanti. Doveva prendersi cura degli orfani di guerra e costruire per essi un orfanotrofio a Veroli, in provincia di Frosinone. Il documento in questione, perfettamente conservato, è stato ritrovato proprio a Veroli dall’architetto Dario Zingarelli, studioso del Santo di Pietrelcina. Il ritrivamento è avvenuto nell’archivio del nipote di don Remigio, il signor Angelo Zanaboni.
Il senatore Giulio Andreotti, uno dei leader carismatici della DC insoeme ad Aldo Moro, sette volte presidente del Consiglio, tra il 1948 e il 1949 fece pervenire a Padre Pio un importante finanziamento per la costruzione dell’ Ospedale fortemente voluto dal Santo del Gargano. Il frate con le stommate e il senatore romano non si conobbero mai di persona. Soltanto dopo la metà degli anni ’80 il senatore romano si recò a San Giovanni Rotondo per far visita a Padre Pio, trattenendosi in orazione sulla sua tomba. Anche il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo della città di Bologna e Presidente della CEI, la Conferenza Episcopale Italiana, è di origine verolana. Monsignor Zuppi conobbe di persona Don Remigio D’Errico. All’epoca il Cardinale era un giovanissimo sacerdote. La nonna di Monsignor Zuppi, infatti, era nativa di Veroli. Nel 1934 don Remigio insegnava ‘Religione’ all’istituto magistrale “Carolina Poerio” di Foggia ed ebbe occasione di conoscere personalmente anche Sirio Giametta. Padre Pio da Pietrelcina affidò di persona all’architetto Giametta, nativo di Frattamaggiore, in provincia di Napoli, l’incarico di progettare ll’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. L’ architetto frattese fu dicente anche a Foggia.
Iniziò ad insegnare “Disegno Tecnico e Architettonico” proprio presso lo storico Istituto “Poerio” . Nell’ottobre di quello stesso anno, il 1934, dalla Prefettura di Palermo giunse alla Prefettura di Foggia il dottor Cesare Pace, nativo di Casandrino, Napoli, in qualità di “Vice Prefetto Vicario”. Il dottor Pace fu “padrino” di cresima dell’architetto Giametta. Quando l’architetto Giametta terminò di redigere le complessive 40 tavole che componevano il progetto dell’Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”, fece visionare l’intero elaborato al professor Federico D’Alfonso, già Primario di Chirurgia all’Ospedale “San Liberatore” di Atri, Teramo, componente del Comitato per l’edificazione di “Casa Sollievo”. L’improvvisa entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, rallentò tutto il lavoro fino ad allora svolto dal Comitato. Don Remigio fu nominato anche “Vice Direttore” dell’ ‘Opera dei Pastori’, antichissima istituzione religiosa conosciuta anche con la denominazione di “Gregge dei Poveri”. Essa venne istituita a Pescara il 26 agosto 1926 dal professor Alfredo Luciani, noto poeta abruzzese, molto stimato da Gabriele D’Annunzio, il Vate d’Italia. L’ ‘Opera dei Pastori’ fu sostenuta e benedetta da Padre Pio da Pietrelcina. Il suo fine era assistere materialmente gli orfani bisognosi, curandone l’ educazione e la formazione scolastica. Il 20 maggio 1940, 21 giorni prima che Benito Mussolini pronunciasse a Roma, in Piazza Venezia, la dichiarazione di guerra che vide l’Italia fascista schierarsi al fianco della Germania nazista di Adolf Hitler, don Remigio venne nominato a Foggia dall’allora Vescovo del capoluogo dauno, monsignor Fortunato Maria Farina, “Vice Assistente Ecclesiastico” del Comitato esecutivo della istituenda “Opera dei Pastori” nella Diocesi di Foggia. Rimasto orfano della madre quando aveva solo sette mesi e del padre quando aveva quattro anni, don Remigio fu cresciuto dallo zio materno, Manfredo, a Deliceto, il paese dove Sant’Alfonso Maria De Liguori compose il famoso inno a Gesù Bambino, “Tu scendi dalle Stelle”. Laureatosi in ‘Teologia’ presso il Seminario di Benevento, don Remigio ricevette l’ ordinazione sacerdote il 18 dicembre 1938 a Monte Sant’Angelo, nella grotta del Santuario di “San Michele Arcangelo”. A Foggia, giovanissimo consacrato, affronta i suoi primil impegni pastorali. È nominato viceparroco nella chiesa di San Michele Arcangelo. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale molte città italiane vennero bombardate dall’aviazione angloamericana. Foggia, importantissimo nodo ferroviario, non fece eccezione. Nel 1943 subì pesantissimi bombardamenti a seguito dei quali si contarono circa duemila morti. In quel periodo don Remigio abitava a Foggia, in Via Zara. La sua abitazione venne distrutta dalle bombe sganciate dagli “Alleati”. Padre Pio dal giardino del convento di “Santa Maria delle Grazie”, raccolto in preghiera, vide all’orizzonte con i propri occhi l’impressionante pioggia di fuoco che in lontananza si abbattè sulla città del “Tavoliere”.
Il grande spessore umano, culturale e spirituale del giovanissimo don D’Errico lo videro subito in azione nei terribili giorni di dolore che seguirono quei tragici bombardamenti aerei. Molti bambini e ragazzini adolescenti, rimasero orfani dei loro genitori. Don Remigio dapprima raccolse molti orfanelli in un edificio di Borgo Segezia, frazione di Foggia, messo a disposizione dal Vescovo, monsignor Farina, e poi iniziò amorevolmente a prendersi cura di loro. Nel 1948, come gli predisse tempo prima Padre Pio, si recò a Veroli. Qui sorgeva un antico edificio che dal 1720 era un seminario estivo. All’arrivo del presule foggiano, quella costruzione versava in uno stato di totale abbandono, “divorato” dal degrado. Con il consenso dell’allora Vescovo di Veroli, monsignor Emilio Baroncelli, don Remigio con il solo aiuto della preghiera e della Provvidenza riuscì a recuperarlo per raccogliervi una disparata fanciullezza rimasta orfana nel frusinate a causa degli eventi bellici. Lui stesso, con un vecchio autobus militare, la mattina trasportava i piccoli “orfanelli” a scuola e quelli più grandi li portava all’Istituto Tecnico di “Isola del Liri”, a Frosinone, andandoli poi a riprenderli tutti al termine delle lezioni. Sempre all’interno di quell’edificio fece anche realizzare un’officina per la lavorazione del ferro, una falegnameria e successivamente anche una tipografia. Cosicchè, mentre a San Giovanni Rotondo, per volere di Padre Pio, erano in corso i lavori per la costruzione di “Casa Sollievo della Sofferenza”, a Veroli, don Remigio, il secondo “San Giovanni Bosco”, in sintonia con l’ideale dell’ ‘Opera dei Pastori’ e l’ideale salesiano, riusciva pian piano a costruire un villaggio destinato ad alleviare le sofferenze degli orfanelli ed a preparare loro un avvenire per il futuro. Quel villaggio fu conosciuto con un nome particolare: la “Città Bianca”.
Padre Pio lo aveva predetto a Don Remigio. Con la sua preghiera, il Santo di Pietrelcina aiutò don Remigio nella missione che gli stesso gli evava preannunciato. Inizialmente la struttura fondata dal sacerdote ascolano ospitò una decina di ragazzi. In seguito, tra il 1962 e il 1963, arrivò ad ospitarne un numero incalcolabile. Oltre quattrocento. Uno dei ragazzi rimasti orfani in quel periodo, Enzo Colamartini, psicologo ed affermato Editore, oggi si sta battendo per iniziare la causa di beatificazione di don Remigio, il quale scomparve il 22 maggio 1989 a Borgo Podgora, all’epoca una frazione del comune di Latina, primo nucleo abitativo edificato durante la Bonifica integrale. Una frazione che oggi è stata completamente “risucchiata”dalla espansione edilizia della città capoluogo, Latina. Il documento trovato a Veroli dall’architetto Zingarelli, nella parte superiore, contiene “ab intestato” la croce astile ove si legge il nome di un Vescovo, Monsignor Fortunato Maria Farina. Il documento, a tergo, reca la firma autografa del prelato, nonchè la città ed una data: Foggia, 20 maggio 1940. Il religioso fu Vescovo di due città e di due distinte Diocesi della Daunia. La città di Troia e la città di Foggia, le Diocesi di Lucera-Troia e di Foggia-Bovino. Nacque l’8 marzo 1881 a Baronissi, in provincia di Salerno. Monsignor Farina, oggi è venerabile. Fu sempre circondato da un’autentica aura di santità.
Pur provenendo da una famiglia ricchissima, visse sempre in grande povertà, utilizzando il suo cospicuo patrimonio familiare per aiutare moltissimi poveri e sofferenti. Realizzò peraltro molte altre opere benefiche nelle due diocesi in cui operò una fruttuosa attività pastorale. Durante la Seconda Guerra Mondiale, con altri sacerdoti, organizzò eroicamente una grande assistenza in favore della popolazione di Foggia, duramente provata e tragicamente immiserita dai bombardamenti del ’43, levando con frequenza e grande fermezza la sua voce contro l’ideologia fascista e il nazismo. Il Vescovo salernitano morì a Foggia circondato da una grande fama di santità. Era il 20 febbraio 1954. La causa di beatificazione di Monsignor Farina è affidata a don Luigi Nardella. Il sacerdote, nativo di San Marco in Lamis, Foggia, oggi è cappellano dell’ UAL, Unione Amici di Lourdes. L’Unione fu fondata da Luigi Battaglini. Don Luigi è legatissimo a Padre Pio da Pietrelcina. Quando il 29 giugno 1963 fu ordinato sacerdote ricevette un telegramma da Padre Pio nel quale il frate gli augurava “santità” e “spirito apostolico”. In sostanza fu quella la diretta benedizione di Padre Pio sulla sua attività pastorale che ormai svolge incessantemente da 62 anni.