Giulio Caso
Nel mese di dicembre del 1964, fummo invitati a visitare, nientedimeno che l’Enterprise, la portaerei americana.
Il nome Enterprise, per le navi che si sono susseguite, fin da quelle della marina inglese, a quelle americane della I e II guerra mondiale, era di per sè un mito.
Noi eravamo stati invitati perchè eravamo i futuri periti nucleari.
L’Enterprise, che era ferma, al largo del porto di Napoli,  era una portaerei atomica varata nel 1961. La sua sigla era CVN-65,  poteva portare, come ci dissero,  fino a 90 aerei che però non si vedevano, come fece osservare un mio compagno di scuola.
La guida sorrise e ci portò ad assistere al sollevamento di un aereo, mediante ponte mobile, dai livelli sottostanti dello scafo.
Fummo molto impressionati da questa tecnologia, ma io insistevo per visitare la centrale nucleare che dava propulsione alla nave. Dissero che i livelli radioattivi erano imprevedibili e non era consigliabile per noi giovani.
Con grandi sorrisi, ci offrirono dolci tipo paste a mandorla e biscotti amarena.
Quando ridiscendemmo, con un battello ci fecero fare il giro della portaerei e potemmo apprezzarla in tutta la sua lunghezza che era di 343,2 metri.
Attualmente è in costruzione la nuova Enterprise e un grosso pezzo d’acciaio di quella vecchia Enterprise sarà utilizzata, come da tradizione, per fare una lastra del nuovo scafo che avrà sigla CVN-80.
Anche la fantascienza si è appropriata del nome Enterprise dato all’astronave della serie Star Trek.
La visiteranno i nostri pronipoti.