Estate legata ad un granello di sabbia
Dott. Carmine Paternostro
I giorni scivolano come gocce di pioggia sui vetri della vecchia finestra. L’estate finisce. Quale? Ogni estate comincia e frettolosamente finisce, come i sogni dell’uomo.
Nell’incedere delle stagioni non ricordo un’ultima estate. Si ripetono i giorni in un rituale quasi obbligato, un dinamismo statico. E anche la memoria si ferma. Riposa.
Il mare è laggiù, attende. Imbocco l’autostrada per raggiungerlo e godere una giornata distesa. Non penso alla proibitiva benzina, al quotidiano lievitare dei costi, al profitto dei soliti noti, ai tuoni di guerra in un globo da sempre impazzito che ignora la pace, concordia, sorriso. E’ la condanna del biblico sanguinario Caino, in metempsicosi perenne con l’uomo dei tempi. Non penso, la calura è crescente, l’aria impinguata di gas letali ti asfissia, le previsioni future non promettono bene, l’aria condizionata ti illude. Mi distraggo ascoltando la radio, capto qualche parola allarmante, proseguo sulla mia corsia di destra con molta prudenza. In Inghilterra sarebbe diverso. Ma, qui, in Italia certa gente è diversa: Un temerario mi taglia la strada per immettersi, poi, a destra, nella stazione di servizio per ubriacare l’auto di preziosa benzina. Rallento, evito complicazioni. Quanto tempo avrà guadagnato quel tale? Forse cinque secondi o meno. La corsia di sinistra è affollata. C’è chi tenta un sorpasso a destra. Ha fretta.
Forse sospetta che non troverà il mare. Molti ignorano i limiti di velocità. Intanto io proseguo sulla corsia di destra, non ho fretta. Nella piana di Sibari timidamente mi attende la casetta, frutto di decadi di onorato servizio per la nazione della mia genitrice.
Intendo risparmi e buonuscita. I guadagni di chi lavora, con profitto, una vita non sono comparabili a quelli più “onorevoli”. Sono fiero di averla ereditata e, Imu e tasse varie, la gestisco con sapienza.
Per i vacanzieri diverso sarà il ritorno: saluto alla stagione fuggita, incedere stradale sicuramente più lacrimoso e più lento. Si riaprono le valige, si raccolgono i giocattoli dei bimbi. I loro castelli di sabbia sono affidati alle onde. Il secchiello giace in un angolo, con la gioia di un’estate improvvisamente finita. Si caricano bici e bagagli.
Siamo ai saluti, ad un arrivederci ai tanti amici occasionali, che sarà poi un addio.
Difficilmente si rivedranno ancora. Ogni anno le mete si diversificano e spesso ci sono anche rinunce da lievitazione dei prezzi, con stipendi sempre più magri. Magari si guarda alle coste di paesi emergenti, economicamente più accoglienti. Le cosiddette fughe all’estero, anche per motivi lavorativi, ormai sono di moda. Le piazze dei nostri paesi sono vuote. Qualche anziano le solca, non si odono più gli strilli dei bimbi in strada. Agonia di una civiltà di modernismo tecnocratico e vuoto. Manca il sorriso, la socializzazione, qualcosa era riapparsa con il Covid! Grazia di un’epidemia? Ci si fornisce di acqua e panini e si vola verso l’autunno, gli ultimi bagliori di settembre, le ottobrate del vino, la testa china al lavoro, l’oscurità dell’inverno. I bimbi tornano a scuola all’ombra di vigili coniugi ancora o separati o di altre compagnie.
Il tempo dell’uomo è legato a un granello di sabbia, invisibile, come un’estate illusoria, svanita.
Io non ho fretta, gli anni mi dicono vecchio, ne dubito, proseguo. Sfioro una chiesetta accogliente, scambio il saluto di sempre con la mia Madonnina ridente. Quest’amicizia permane. Non ha tempo, permane. Con Lei il tempo finisce e sono felice.