Avventure missionarie: mangiare in Africa

Avventure missionarie: mangiare in Africa

Padre Oliviero Ferro

Quando si torna dall’Africa, sia per le vacanze come definitivamente, c’è sempre qualcuno che ci domanda: “cosa si mangia in Africa?”. La prima cosa che ci dicevano quelli che erano stati prima di noi era questa frase un po’ strana, ma dopotutto vera “Se non mangi, l’Africa ti mangia”. Ma dal dire al fare, c’è sempre di mezzo il mare, cioè bisogna mangiare quello che c’è in Africa, insomma bisogna abituarsi a una alimentazione diversa. La prima cosa che ho mangiato, anche se non con molto gusto (a dir la verità), è la polenta di manioca che è il cibo base in molti paesi africani. E’ un tubero che cresce sotto terra e richiede molto lavoro. Si prepara il campo, si mettono le piantine, poi, di tanto in tanto, si va per togliere le erbacce e quando è pronta, la si toglie dalla terra (un po’ come con le patate, solo che sono più grandi). E qui comincia il lavoro. Viene immersa nell’acqua per togliere la buccia e far sparire ciò che non la rende appetibile. Poi la si lascia asciugare al sole, dopo averla tagliata in tanti pezzetti. Le donne la prendono, e se non hanno la possibilità di andare ad un mulino per macinarla, la mettono in un grosso pestello di legno e con i piloni di legno, ritmicamente cantando, la frantumano fino a farla diventare farina. La si lascia ancora asciugare al sole. Poi inizia la preparazione in grandi pentoloni con l’acqua che sono andate ad attingere al fiume, facendo un bel pezzo di strada. Se poi ci sono delle fontanelle con un acquedotto che la porta fino al villaggio meglio ancora. Si accende il fuoco e si deposita questa grande pentola sulle tre pietre, la si riempie d’acqua. Quando comincia a bollire, si butta questa farina bianca e, come si fa con la polenta, con un cucchiaione di legno si continua a girarla fino a quando è pronta. Nel frattempo si fa scaldare il sugo con i pomodori, le arachidi frantumate insieme all’olio di palma e a qualche spezia. Quando tutto è pronto, viene versata in piccole bacinelle o grandi (se ci sono degli invitati). La si porta davanti ai commensali (prima gli uomini). Prendono in silenzio un pezzetto e con le dita, la intingono nella salsa. Velocemente e in silenzio, di solito, perché se si parla, c’è sempre qualcuno più svelto che si serve. Il gusto? L’importante è riempire lo stomaco (a volte, lo definiamo “cemento” perché è pesante da digerire). Dimenticavo: prima di mangiare, qualcuno passa con un catino d’acqua e del sapone per lavarsi le mani e un asciugamano. Poi ci sarebbe, ma non sempre, la seconda portata: carne di capra o di mucca, erbe cotte. E magari qualche frutto. In altre zone si preferisce il riso con le erbe e il pesce, sia quello appena pescato come quello seccato o congelato (in città). Per le feste si aggiungono anche altre cose (tutto dipende dalle disponibilità economiche). Si beve, anche l’acqua, ma soprattutto la birra (quella di banane o quella in bottigliette,, prodotte da ditte locali) e anche la kanyanga (diciamo: la grappa). Naturalmente le donne mangeranno dopo e i bambini? Si siedono attorno a una bacinella di metallo e mangiano a tutta velocità. Sono di tutte le età ed è bello vedere i più grandi aiutare i più piccoli. Poi, per finire, bisogna lavare tutto ciò che è stato utilizzato. I grandi pentoloni sono neri all’esterno e allora basta sfregarli con un po’ di sabbia e diventano lucidi e così tutto il resto.

P.S.: normalmente si mangia una volta al giorno!!!