La Voce e la Vita della Chiesa: ”Le doti del cristiano: coraggio, speranza e gioia“

La Voce e la Vita della Chiesa: ”Le doti del cristiano: coraggio, speranza e gioia“
JORGE MARIO BERGOGLIO PAPA FRANCESCO

Diac. Francesco Giglio

Nel primo libro di Samuele si legge: “I deboli sono rivestiti di vigore… Dalla polvere egli solleva il misero. Innalza il povero dalle immondizie, per farli sedere con i capi del popolo, e assegnar loro un seggio di gloria” . Il “coraggio” fa parte del temperamento. Ci sono uomini a cui il coraggio viene fuori spontaneamente; mentre in altri parimenti viene fuori la paura. La natura ha la sua importanza e si sa anche che la Grazia, può perfezionare ma non certo annullare la natura stessa. Il Dio dell’Antico Testamento, ovvero il Dio cristiano (essendo quello dell’Antica Alleanza lo stesso della Nuova), promette che i deboli possano essere “rivestiti di vigore”. C’è però una condizione affinché questo avvenga. Che si sia “poveri”. Il testo dice infatti: “Innalza il povero dalle immondizie.” Cosa vuol dire essere povero nel linguaggio biblico? Non certamente non avere nulla o avere poco materialmente (anche questo, ma non solo), piuttosto capire che la ricchezza non è nel proprio essere, ma nell’appartenenza a Qualcun altro: cioè a Dio. Il “ricco”, biblicamente, è colui che si sente tanto “ricco” di sé da illudersi di non aver bisogno di Dio; il “povero” è invece chi si scopre limitato e capisce che deve chiedere aiuto, che non può vivere se non con Dio perché tutta la sua ricchezza è  Dio. San Pio da Pietrelcina amava dire: “Chi ha Dio, ha tutto!”.

Il bisogno di Dio è capace di trasformare e di conferire coraggio nel momento in cui si decide di dominare sé stesso e scegliere di seguire Dio. È molto più difficile e più coraggioso combattere sé stessi che contro gli altri. Il coraggio, infatti, si misura dalla capacità di rischiare ciò che si valuta importante. Se si cerca una vita eternamente felice e l’amore di Dio, allora si capisce che il coraggio è la fonte principale per raggiungere questo fine. Al coraggio si deve accoppiare la “speranza” cristiana che non è alternativa alla paura.  Ci sia di esempio l’esperienza di Gesù nell’orto degli ulivi.  Egli non si sottrasse alla propria passione, pur se nella passione sperimentò, come Figlio di Dio, la paura alla quale non  si sottrasse. Pur nella paura, Egli si affidò a Dio Padre, e così facendo divinizzò anche la nostra paura. Con quel gesto, Gesù ci rende simile a lui e ci insegna ad affidarci e affidare al Padre la nostra vita e quella di coloro che amiamo. Sola facendo questo la speranza ci viene donata. Lo Spirito di Cristo ci dia il coraggio di avere paura. Papa Francesco nella meditazione mattutina nella cappella della Casa Santa Marte, del 30 maggio 2014, ebbe a dire: “ Ma se il Signore non nasconde la tristezza, non ci lascia però soltanto con questa parola. Va avanti e dice: “Ma se voi siete fedeli, la vostra tristezza si cambierà in gioia”. Ecco il punto chiave: “La gioia cristiana è una gioia in speranza che arriva. Ma nel momento della prova noi non la vediamo”. È infatti “una gioia che viene purificata per le prove, anche per le prove di tutti i giorni”. Dice il Signore: “La vostra tristezza si cambierà in gioia”. Un discorso difficile da far comprendere, ha riconosciuto il Papa. Lo si vede, per esempio, “quando tu vai da un ammalato, da un’ammalata che soffre tanto, per dire: coraggio, coraggio, domani tu avrai gioia!”.

Si tratta di far sentire quella persona che soffre “come l’ha fatta sentire Gesù”. È “un atto di fede nel Signore” e lo è anche per noi “quando siamo proprio nel buio e non vediamo nulla”. Un atto che ci fa dire: “Lo so, Signore, che questa tristezza si cambierà in gioia. Non so come, ma lo so!”. In questi giorni, ha osservato il Pontefice, nella liturgia la Chiesa celebra il momento in cui “il Signore se n’è andato e ha lasciato i discepoli soli». In quel momento “forse alcuni di loro avranno sentito paura”. Ma in tutti “c’era la speranza, la speranza che quella paura, quella tristezza si cambierà in gioia”. E “per farci capire bene che questo è vero, il Signore prende l’esempio della donna che partorisce”, spiegando: “Sì, è vero, nel parto la donna soffre tanto, ma poi quando ha il bambino con sé si dimentica” di tutto il dolore. E “quello che rimane è la gioia”, la gioia “di Gesù: una gioia purificata nel fuoco delle prove, delle persecuzioni, di tutto quello che si deve fare per essere fedeli”. Solo questa “è la gioia che rimane, una gioia nascosta in alcuni momenti della vita, che non si sente nei momenti brutti, ma che viene dopo”. È, appunto, “una gioia in speranza”. Ecco allora “il messaggio della Chiesa oggi: non aver paura”, essere “coraggiosi nella sofferenza e pensare che dopo viene il Signore, dopo viene la gioia, dopo il buio arriva il sole”. Il Pontefice ha quindi espresso l’auspicio che “il Signore dia a tutti noi questa gioia in speranza” e ha spiegato che la pace è “il segno che noi abbiamo di questa gioia in speranza”. A dare testimonianza di questa “pace nell’anima” sono, in particolare, tanti “ammalati alla fine della vita, con i dolori”.

Perché proprio “la pace — ha concluso il Papa — è il seme della gioia, è la gioia in speranza”. Se infatti «hai pace nell’anima nel momento del buio, nel momento delle difficoltà, nel momento delle persecuzioni, quando tutti si rallegrano del tuo male”, è il segno chiaro “tu hai il seme di quella gioia che verrà dopo”. In un’altra occasione parlando ai seminaristi, novizi e novizie, durante la Messa in Piazza S. Pietro disse: “La gente ha bisogno certamente di parole, ma soprattutto ha bisogno che noi testimoniamo la misericordia, la tenerezza del Signore, che scalda il cuore, che risveglia la speranza, che attira verso il bene. Non abbiate paura di essere gioiosi e della gioia – ha detto ancora Francesco parlando a braccio durante l’Angelus in piazza San Pietro, sempre rivolto ai giovani seminaristi – Ci sono tanti giovani oggi in piazza. Pensate questo: Gesù mi chiama ad uscire da me per andare a fare il bene. A voi giovani domando: voi siete coraggiosi per questo? Avete il coraggio per sentire la voce di Gesù? È bello essere missionari”. E alla risposta affermativa e corale della piazza ha aggiunto: “Ah, siete bravi, mi piace questo!”. Bergoglio poi ha detto: “Non abbiate paura della gioia, quella gioia che ci dà il Signore quando lo lasciamo entrare nella nostra vita, e ci invita ad andare fuori, alle periferie della vita, ad annunciare il Vangelo”.