Avventure missionarie: ministeri al servizio della comunità cristiana

Avventure missionarie: ministeri al servizio della comunità cristiana

Padre Oliviero Ferro

C’è un proverbio africano che dice “se ognuno pulisce davanti a casa sua, tutto il villaggio sarà pulito” (cioè: se ognuno si prende le proprie responsabilità, contribuisce al miglioramento della vita del villaggio, della comunità). In questi tempi in cui ci si lamenta che mancano preti o meglio che un prete deve seguire diverse parrocchie, viene spontaneo fare i confronti con quello che i missionari vivono in Africa-Asia-America Latina. Hanno delle parrocchie molto estese con uno o due preti. Ad esempio nella mia prima missione in Congo, sul lago Tanganika, lunga 130 km. Eravamo in tre missionari. Allora come fare fronte a tutto?. Semplice: dando responsabilità ai laici. Questa parrocchia era stata divisa in 11 settori, di cui 5 nella zona del lago, 1 sulle montagne e gli altri 5 sulla terraferma. In ogni settore c’era un responsabile cge guidava la comunità, formata da diversi villaggi (comunità di base) e con molti collaboratori. C’erano i responsabili delle CEB(comunità di base), chi seguiva la catechesi, i giovani, i bambini, la caritas, lo sviluppo umano e tutto ciò che rendeva viva la comunità. Il missionario poi passava nei vari settori due o tre volte all’anno. Ad esempio nel settore del lago, veniva fatto un viaggio di 15 giorni in cui si visitavano tutti i villaggi, si celebrava l’eucarestia, si controllava il catechismo, si ascoltavano i problemi della gente (matrimoniali, di salute, di sviluppo umano).

Si cercava la collaborazione dei capi civili, anche per costruire qualche piccolo dispensario(ospedaletto), scuole, luoghi di incontro con la collaborazione degli abitanti del villaggio. Nel periodo in cui non c’era il missionario, era il responsabile della comunità che faceva la celebrazione domenicale di preghiera, che seguiva la vita di tutto il settore e che presiedeva anche i funerali. Insomma, piano piano, l’opera di sensibilizzazione dei cristiani a fare la loro parte per la vita della comunità. Cresceva di giorno in giorno. Tutto questo, naturalmente, era qualcosa aggiunto al lavoro quotidiano (pesca, agricoltura, ecc.). Si lottava insieme anche contro le ingiustizie. Il desiderio di valorizzare insieme le varie realtà ci spingeva a conoscere meglio il luogo dove vivevamo. Si partecipava insieme ai momenti di festa e anche a quelli tristi. Anche noi missionari, che venivamo da lontano, cercavamo di essere vicini a loro, di sentirci a casa nostra e questo era molto apprezzato. Allora, perché non cominciare anche qui in Italia a prendersi cura della propria comunità, a diventare protagonisti e non solo che gente che viene a prendere e fatica a condividere, soprattutto il tempo. Come dice Papa Francesco “siamo tutti nella stessa barca e ognuno deve lavorare per il bene comune.