Salerno: Normanni e Svevi, il “sacco” alla città e re Manfredi
Maria Amendola
Il 25 luglio 1127 morì senza eredi Guglielmo II duca di Puglia e di Calabria (1095-1127), figlio di Ruggero Borsa (1078-1111), a sua volta figlio di Roberto d’Altavilla il “Guiscardo” (1015-1085). Egli nel 1114 divenne marito di Gaetalgrima di Puglia (figlia del conte normanno di Alife). Le sue spoglie riposano presso il Duomo di Salerno nel sarcofago chiamato della “Caccia al Cinghiale”, sul quale al suo funerale la moglie adagiò i capelli biondi recisi, ispirando anche altre nobili al medesimo gesto. Questa notizia è dello storico longobardo Falcone di Benevento, autore de “Cronicon Beneventanum” (XII secolo). L’atto d’amore di Gaetalgrima diede adito alla famosissima leggenda salernitana del 4 agosto, giorno in cui il gesto del taglio dei capelli viene rinnovato da lei nelle sembianza di fantasma nel Duomo di Salerno. Ruggero II d’Altavilla conte di Sicilia (1095-1154, nipote di Roberto il “Guiscardo”, figlio di Ruggero I, 1031-1101), ereditò i beni del cugino Guglielmo II duca di Puglia e fu insignito del titolo di “princep” ovvero principe di Salerno, e successivamente divenne duca di Puglia e il primo re di Sicilia. Questo evento formale sancì la fine di Salerno “Capitale” del ducato normanno di Puglia, entrando così a far parte del regno normanno di Sicilia. Come testimoniato da diplomi Ruggero II d’Altavilla soggiornò annualmente presso Castel Terracena, fatto edificare per volere di Roberto il “Guiscardo”, ma completato proprio da Ruggero II. La presenza del re permise alla città di Salerno di godere di privilegi (1127-1137) specifici ed importanti. La situazione per la città di Salerno cambiò con l’avvento del re normanno di Sicilia Guglielmo I d’Altavilla detto “il Malo” (1120-1166, fratello di Costanza e cognato di Enrico VI di Svevia). Salerno rischiò di essere distrutta nel 1160, a seguito di una rivolta contro il “Malo”. La città fu salvata grazie all’intervento e all’intercessione del salernitano Matteo d’Aiello (detto Matteo di Salerno 1120 circa-1193, funzionario e politico, poi cancelliere della corte normanna del regno di Sicilia) e del vescovo salernitano nonché storico Romualdo II Guarna (1110/20-1181/2). Dal 1166 con l’inizio del regno di Guglielmo II detto “il Buono” (1153-1189, figlio del “Malo”), l’amministrazione delle province continentali cambiò: egli istituì i “maestri giustizieri” e i “connestabili” e soppresse la figura dei “maestri camerari” (che si occupavano di questioni finanziarie) e nel 1168 vennero sostituiti dall’introduzione dell’ufficio “dohana boronum” presso il Castel Terracena di Salerno con a capo un “magister” che alle proprie dipendenze aveva i “magisteri” ovvero dei funzionari. Nel 1172 il re Guglielmo II soggiornò a Salerno. Nel 1189 Guglielmo II detto “il Buono”, marito di Giovanna sorella di Riccardo Cuor di Leone, in punto di morte senza eredi diretti nominò erede la zia paterna Costanza d’Altavilla (1154-1198), cercando così di appianare i dissidi tra la nobiltà siciliana e il clero con la casata degli svevi Hohenstaufer (Germania). Il papato e i baroni non vollero concedere la reggenza a Costanza in quanto aveva sposato Enrico VI uno Hohenstaufer (svevo) e non un normanno, quindi elessero nel novembre del 1189 re di Sicilia il normanno Tancredi (1138-1194, cugino di Guglielmo II detto “il Buono” e nipote illegittimo di Ruggero II) scavalcando il diritto di reggenza della zia la regina Costanza d’Altavilla che ambiva all’incoronazione del marito Enrico VI di Svevia detto il “crudele” (1165-1197, figlio di Federico Barbarossa, 1122-1190) sul trono della Sicilia, cosa che avvenne in seguito. Ma Enrico VI non poteva lasciare la Germania in quando il padre Federico Barbarossa era impegnato nella Crociata, dando così il tempo al conte Riccardo d’Acerra (….- 1196, Riccardo d’Aquino e cognato Tancredi di Sicilia) di organizzare le difese e fortificare Napoli in attesa dall’assedio di Enrico VI. Solo dopo la morte di Federico Barbarossa, Enrico VI e Costanza nel 1191 poterono recarsi a Roma per ricevere il 14 aprile da papa Celestino III (1106-1198, al secolo Giacinto Bobone Orsini) la corona di imperatore e di imperatrice del Sacro Romano Impero, senza ancora avere il regno di Sicilia. Dopo due settimane l’imperatore sostenuto anche dalla flotta pisana partì alla conquista della Sicilia deciso a far valere il diritto al trono di sua moglie (Enrico VI, a differenza del padre, voleva farne un feudo privato degli Hohenstaufen, un centro strategico sottratto al potere della Chiesa e dei principi italiani e tedeschi). L’inizio della spedizione imperiale ebbe successo: Rocca d’Arce (FR) fu espugnata, depredata e incendiata; le città di Atino, Sorella, Celle e San Germano in provincia di Frosinone e quelle di Teano, di Capua, di Aversa in provincia di Caserta si arresero senza combattere; mentre si sottomisero e si unirono all’imperatore l’abate di Montecassino Roffredo dell’Isola e i conti di Fondi, di Molise e di Caserta. L’unica città importante della regione Campania a non sottomettersi a Enrico VI fu Napoli, dove era atteso dal conte di Acerra Riccardo d’Aquino. All’assedio era presente anche Costanza. Napoli fu assediata da maggio ad agosto del 1191, Riccardo la difese valorosamente. Nel frattempo l’ammiraglio della flotta normanna Margarito di Brindisi o Megareites (1145 circa-1197) assaltò le navi pisane e le spinse in mare aperto. Durante questo assedio si ammalarono di peste molti Svevi tra questi anche l’imperatrice Costanza che fu accompagnata dal marito Enrico VI presso la Scuola Medica Salernitana affinché fosse curata e la lasciò a Salerno per poter riprendere l’assedio a Napoli. Quando la peste si propagò anche tra le file imperiali l’assedio fu tolto, nel mentre che la flotta genovese giungeva in soccorso. Anche Enrico VI si ammalò e si rifugiò presso San Germano (FR), da Salerno gli fu inviato il medico siciliano Alcadino (Garsino) che lo guarì, e divenne medico degli imperatori Svevi. Enrico vi dopo esser stato accolto a Salerno fu costretto a partire per la Germania a causa di una rivolta, credendo di lasciare la moglie al sicuro. Ma i salernitani erano divisi in due schieramenti, uno appoggiava gli Svevi e l’altro era fedele ai Normanni. Varie voci si diffusero tra i salernitani e fino ad ipotizzare un possibile dipartita dell’imperatore e persino all’impossibilità di un suo ritorno in Italia, e la paura della vendetta normanna si fece strada prepotentemente, a capo della ricolta viera Matteo d’Aiello (Matteo di Salerno). In assenza dell’esercito svevo Castel Terracena, dove risiedeva Costanza fu accerchiato da una folla di salernitani in tumulto. L’imperatrice pur essendo prigioniera si affacciò da una finestra e parlò inutilmente al popolo prima di essere catturata dagli emissari di Tancredi. Un nobile di nome Elia di Gesualdo la consegnò alle truppe normanne e l’ammiraglio Margarito la portò in Sicilia al cospetto di Tacredi che onorò l’imperatrice Costanza (la zia) con dei regali ma egli in cambio del rilascio di quest’ultima pretese da Enrico VI una tregua e un ricatto corposo. Tancredi la fece trasferire prima a Palermo e poi a Napoli, facendola incarcerare poi a Castel dell’Ovo. Enrico VI chiese l’intervento del papa Celestino III che si offrì mediatore. Quest’ultimo convinse Tancredi ad affidare a lui Costanza. Durante il viaggio verso Roma una guarnigione sveva liberò l’imperatrice. Il 10 febbraio del 1194 Tancredi muore ed Enrico VI il 25 dicembre fu incoronato re di Sicilia a Palermo, il giorno prima della nascita di Federico I, avvenuta per le direttive di Costanza in una tenda in una piazza di Jesi (AN) alla vista di tutti coloro che solessero assistere testimoniando così la veridicità della sua gravidanza, del parto e dell’allattamento. Salerno pagò la sua colpa: fu saccheggiata e ridotta all’obbedienza, quindi punita per aver tenuto prigioniera l’imperatrice Costanza e molti cittadini salernitani illustri furono mandati in prigionia in Germania. L’occupazione e il “sacco di Salerno” del 1194 da parte dell’esercito di Enrico VI sancì il passaggio dalla dominazione normanna a quella sveva. Tutto il regno dei Normanni (compresa la Sicilia) fu conquistato. Alla morte di Enrico VI nel 1197, fu reggente la moglie Costanza d’Altavilla che morirà l’anno successivo. Nel novembre del 1198 il ministeriale Diopoldo di Schweinspeunt (1160/5-1221) insieme ad altri Svevi cercarono di tenere la situazione sotto controllo, ma in seguito in veste di conte di Acerra fu costretto a rifugiarsi nel Castel Terracena a Salerno, da qual luogo riprese i suoi doveri agevolato dall’incoronazione nel 1211 Federico II (1194-1250), figlio di Enrico VI di Alla morte di questi il regno andò Corrado II di Svevia (Corrado IV di Hohenstaufen (1228-1254) e poi a Manfredi (1232-1266). Salerno pur non essendo più capitale del regno sotto il governo di re Manfredi, grazie anche al suo lungimirante cancelliere salernitano Giovanni da Procida (1210-1298), ebbe un gran lustro con grandi opere e decisioni amministrative:
- la porta in via dei Mercanti fu spostata presso la piazza Sedile di Portanova inglobando anche la Chiesa di Santa Maria attuale Chiesa del Santissimo Crocefisso;
- su suggerimento del Cancelliere Giovanni da Procida nel 1259 re Manfredi istituì la Fiera di San Matteo (4/11 maggio e 21/28 settembre) a Portanova denominata successivamente “Fieravecchia”;
- sempre al Cancelliere da Procida si deve l’ampliamento e la riqualificazione del porto longobardo e la costruzione (1260-1318) del nuovo molo come scalo principale per le navi che assunse la denominazione di Molo Manfredi;
- Nel 1258 Manfredi diede nuova linfa all’Università di Napoli e allo “Studium” ovvero alla Scuola Medica Salernitana riportandola al lustro che aveva durante il regno del fratello Corrado II di Svevia (Corrado IV) che nel 1252 l’aveva aggregata all’Univerità di Napoli, lo “Studium” istituito dal padre Federico II il 5 giugno 1224 con la circolare “generalis lictera” ed organizzato grazie a due giuristi campani Pier delle Vigne (1190-1249) e Taddeo da Sessa (1181/1200-1248). Mentre nel 1280 Carlo I d’Angiò approvò il primo statuto che riconobbe la Scuola Medica Salernitana quale “Studium generalis” in medicina.
Il 26 febbraio 1266 nella Battaglia di Benevento, contro di Angioini capeggiati dal condottiero Ruggero II Sanseverino (1237-1285), re Manfredi muore spazzando via i sogni del padre Federico II e decretando la fine della dinastia sveva nel regno e l’inizio della dinastia degli Angioini (ramo cadetto della casa reale di Francia) che trasferirono la capitale da Palermo a Napoli, facendo perse alla città di Salerno la sua autonomia, i suoi diritti e i suoi privilegi. Anche il titolo di Principe di Salerno divenne solo simbolico ed onorifico. La dominazione angioina finì nel 1442 con la sconfitta di Renato d’Angiò (1409-1480) per mano dell’aragonese Alfonso d’Aragona (1358-1458), alla dominazione aragonese successe poi degli Spagnoli, degli Austriaci, dei Borbone fino alla Spedizione dei Mille (1860).
Curiosità:
– il sommo Dante Alighieri (1265-1321) ha onorato la casata degli Svevi Altavilla inserendoli nella “Divina Commedia” (scritta tra il 1304-1321): Federico II nell’Inferno, Manfredi sulla spiaggia del Purgatorio e Costanza in Paradiso;
– Manfredi vista la disfatta del suo esercito si tolse armatura e l’elmo e si lanciò in battaglia senza i drappi reali al fine di non essere riconosciuto e combattendo come un valoroso cavaliere, le sue spoglie furono ritrovate e Carlo d’Angiò per dare lustro alla sua vittoria lo fece seppellire con tutti gli onori presso il fiume Calore, dopo sette mesi per ordine dell’Arcivescovo di Costanza Bartolomeo Pignatelli (1200 circa -1272 circa) con il consenso del papa Clemente IV (1190-1268) con il pretesto che egli fosse morto sotto scomunica lo fece dissotterrare e lo fece portare a lume spento fuori dei confini della Chiesa probabilmente presso il fiume Liri. Il suo pesante sarcofago di marmo fu ritrovato il 17 aprile 1614 durante le operazione di ricostruzione del ponte di Ceprano crollato nel 1608. Sul luogo del ritrovamento recentemente è stata posta una lastra marmorea che riporta i versi di Dante. Anche se non vi è certezza che i resti riposino lì, in quanto come Dante affermava che i suoi resti “or li bagna la pioggia e move il vento”, lasciando bene ad intendere che le ossa furono disperse;
– lo storico Francesco Domenico Guerrazzi (1804-1873) diede lustro alla battaglia di Benevento con una pubblicazione nel 1827 “La Battaglia di Benevento”, un romanzo storico con il fine dichiarato di risvegliare il patriottismo nazionale negli animi, considerando Manfredi un eroe e un emblema del nostro risorgimento;
– lo spirito del folklore beneventano Mazzamauriello è associata alla figura di Manfredi.