La Voce e la Vita della Chiesa: “XXXI Giornata Mondiale del Malato“

La Voce e la Vita della Chiesa: “XXXI Giornata Mondiale del Malato“
ROMA 23-07-2003 OSPEDALE ' FIGLIE DI SAN CAMILLO '

Diac. Francesco Giglio

Sabato 11 febbraio in occasione della memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, ricorre la XXXI Giornata Mondiale del Malato. Il tema su cui riflettere quest’anno è : “ <Abbi cura di lui>. La compassione come esercizio sinodale di guarigione”. Dal messaggio del Papa scritto per l’occasione sono degni di nota alcuni passaggi che si riportano di seguito: “ La malattia fa parte della nostra esperienza umana. Ma essa può diventare disumana se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione… Quando si cammina insieme, è normale che qualcuno si senta male, debba fermarsi per la stanchezza o per qualche incidente di percorso. È lì, in quei momenti, che si vede come stiamo camminando: se è veramente un camminare insieme, o se si sta sulla stessa strada ma ciascuno per conto proprio, badando ai propri interessi e lasciando che gli altri si arrangino”. Perciò, in questa XXXI Giornata Mondiale del Malato, nel pieno di un percorso sinodale, vi invito a riflettere sul fatto che proprio attraverso l’esperienza della fragilità e della malattia possiamo imparare a camminare insieme secondo lo stile di Dio, che è vicinanza, compassione e tenerezza…Si tratta dunque di imparare da Lui, per essere davvero una comunità che cammina insieme, capace di non lasciarsi contagiare dalla cultura dello scarto. L’Enciclica Fratelli tutti, come sapete, propone una lettura attualizzata della parabola del Buon Samaritano. L’ho scelta come cardine, come punto di svolta, per poter uscire dalle “ombre di un mondo chiuso” e “pensare e generare un mondo aperto(cfr. n° 56). C’è infatti una connessione profonda tra questa parabola di Gesù e i molti modi in cui oggi la fraternità è negata… Fratelli, sorelle, non siamo mai pronti per la malattia. E spesso nemmeno per ammettere l’avanzare dell’età. Temiamo la vulnerabilità e la pervasiva cultura del mercato ci spinge a negarla. Per la fragilità non c’è spazio. E così il male, quando irrompe e ci assale, ci lascia a terra tramortiti. Può accadere, allora, che gli altri ci abbandonino, o che paia a noi di doverli abbandonare, per non sentirci un peso nei loro confronti. Così inizia la solitudine, e ci avvelena il senso amaro di un’ingiustizia per cui sembra chiudersi anche il Cielo. Fatichiamo infatti a rimanere in pace con Dio, quando si rovina il rapporto con gli altri e con noi stessi… La Giornata Mondiale del Malato, in effetti, non invita soltanto alla preghiera e alla prossimità verso i sofferenti; essa, nello stesso tempo, mira a sensibilizzare il popolo di Dio, le istituzioni sanitarie e la società civile a un nuovo modo di avanzare insieme… La conclusione della parabola del Buona Samaritano, infatti, ci suggerisce come l’esercizio della fraternità, iniziato da un incontro a tu per tu, si possa allargare a una cura organizzata. La locanda, l’albergatore, il denaro, la promessa di tenersi informati a vicenda (cfr. Lc 10,34-35): tutto questo fa pensare al ministero di sacerdoti, al lavoro di operatori sanitari e sociali, all’impegno di familiari e volontari grazie ai quali ogni giorno, in ogni parte di mondo, il bene si oppone al male ”. Dalle parole del Papa si ricava il monito: ”Una comunità che si fa carico del malato è sanata e sanante ”. La malattia può toccare ognuno di noi oppure si possono ammalare gli altri. Ci si può ammalare. La visione del mondo cambia radicalmente, quando da sani ci si scopre malati. Il futuro incerto si colora di scuro, la novità è minacciosa. La malattia può colpire anche gli altri oppure le persone care. La malattia sembra definire tutto l’orizzonte e persino l’identità della persona: non si percepisce più come libera, ormai è ”malata”. Gesù sta in mezzo all’umanità per cambiare lo sguardo di ognuno, su sé stesso, sugli altri, sul mondo. Il suo sguardo d’amore pasquale è l’unico che risana. A quanti vivono l’esperienza della sofferenza è il caso di assicurare che non sono soli: il Signore stesso ha provato la dura esperienza del dolore e della croce, è accanto a loro. L’essere circondati dalle persone che condividono questi momenti difficili è segno tangibile della presenza e della consolazione di Gesù e di sua madre, la Vergine Maria, Madre di tutti gli infermi. Il pensiero va in particolare a quanti a nome e per conto della Chiesa condividono il servizio alle persone che soffrono nel corpo e nello spirito: Cappellani ospedalieri, Sacerdoti,  Religiosi,  Diaconi, Lettori, Accoliti, Ministri straordinari della comunione, Enti, Associazioni Movimenti e Volontari. Tutte queste figure sono l’immagine della comunità dei credenti, che nel loro servizio diventano la “comunità sanante” che concretizza il comando del Signore Gesù che vuole che tutti siano una sola carne, una sola persona, a partire dai più deboli e vulnerabili. Ancora una volta prendiamo spunto dalle parole del Papa che così conclude il suo messaggio: “Anche l’11 febbraio 2023, guardiamo al Santuario di Lourdes come a una profezia, una lezione affidata alla Chiesa nel cuore della modernità. Non vale solo ciò che funziona e non conta solo chi produce. Le persone malate sono al centro del popolo di Dio, che avanza insieme a loro come profezia di un’umanità in cui ciascuno è prezioso e nessuno è da scartare. All’intercessione di Maria, Salute degli infermi, affido ognuno di voi, che siete malati; voi che ve ne prendete cura in famiglia, con il lavoro, la ricerca e il volontariato; e voi che vi impegnate a tessere legami personali, ecclesiali e civili di fraternità. A tutti invio di cuore la mia benedizione apostolica ”.