Covid: finita era globalizzazione

Covid: finita era globalizzazione

Vincenzo Petrosino*

Forse  troppi falsi idoli e santoni circolavano nell’era della globalizzazione e ci siamo spinti oltre il lecito nell’obbiettivo di creare una interdipendenza tra i vari Stati, credendo fosse vincente.

Alla fine è accaduto qualcosa di inaspettato, ma prevedibile, che sta segnando la fine di un’era e ci sta indicando la necessità di riprogrammare le strategie economiche e commerciali finora conosciute e fin qui utilizzate.

La pandemia legata al coronavirus terminerà, con l’uomo che prima o poi riuscirà a trovare una soluzione medica alla malattia… ma quanto saranno modificati in seguito i comportamenti umani? E per quanti anni?

E’ un pezzo di storia che termina lasciando macerie economiche certe. Tra le conseguenze certe vi sarà la riduzione degli spostamenti.

Per molto  tempo la gente resterà all’interno di una nazione, difficile prevedere aeroporti pieni, navi da crociere zeppe di persone, difficile pensare all’assalto alle agenzie di viaggi per organizzare vacanze all’altro capo del mondo… e così via.

Per tanto tempo, anche in modo dispregiativo, ho sentito dire: “Allora bisognerà limitarsi a zappare la terra? Viaggiare a dorso d’asino?”

Forse non sarà proprio così, ma quanti in questo momento di segregazione, di quarantena, di difficoltà, vorrebbero non essere in città e magari avere un pezzetto di terra con 4 carciofi, due pomodori e qualche piede di insalata e camminare nel proprio terreno?

Forse sarebbe anche opportuno che riscoprissimo ciò che da tempo abbiamo troppo trascurato.

Forse sarebbe opportuno iniziare a far vedere ai propri figli che  la noce cresce sull’albero, nel mallo e non alla Conad, e che le uova esistono grazie alle galline e che da una chioccia nascono i pulcini.

Senza estremizzare, credo che il Coronavirus ci abbia innanzitutto ricordato che esiste anche il regno animale, quello vegetale e che la “potenza stessa della natura” sia da rispettare sempre, su questa terra che noi abitiamo solo “per qualche momento”.

Non c’è nulla da fare, oggi bisogna riprogrammare gli schemi economici, commerciali e sociali.  Le risorse devono essere indirizzate verso cose semplici e semplici valori.

Sbagliavano forse i tanti giovani che, in controtendenza, invece di diventare rampanti manager compravano terra e coltivavano fragole o mungevano capre e facevano formaggi?

Oggi abbiamo la grande opportunità di iniziare a pensare in modo diverso, con i fondi pubblici che dovranno servire per mettere in sicurezza l’Italia, le montagne, le stradine dei piccoli paesi, per riscoprire piccoli luoghi che potrebbero diventare un’occasione per il turismo, per aiutare il piccolo commercio, per iniziare a consumare i prodotti raccolti nelle nostre campagne… e non fare marcire le arence e i pomodori senza poterli raccogliere.

L’economia, quella che oggi sta accusando colpi tremendi dalla pandemia, è organizzata  per favorire i pochi a danno dei molti… Troppo facile mettere in cassa integrazione centinaia di operai, e aspettare, pur avendo “i soldi in tasca” altri soldi dallo Stato per investire in modo da far ripartire le aziende.

Iniziamo allora a dar soldi al calzolaio del quartiere o al droghiere sotto casa o al  piccolo artigiano in difficoltà.  Insomma, ripartiamo prima dal basso e non dalle mega aziende rappresentate da mega associazioni di categoria con sedi megagalattiche presiedute da milionari che dispensano perle di saggezza… con il portafoglio pieno.

Evitiamo che lo Stato sperperi i soldi per fare ripartire l’Italia… in modo ancora sbagliato.

Oggi non serve il ponte sullo stretto e forse neppure la Tav e neppure i mega aeroporti ogni 50 km, così come aerei e navi… consentiamo al pescatore di comprare e mantenersi la barca con il materiale per pescare, consentiamo all’arrotino di mantenere la bottega aperta e al manovale di avere un reddito decente. 

Consentiamo ai medici , al personale infermieristico di lavorare in serenità e in sicurezza , diamo un poco di importanza alla

“ meritocrazia “ , riportiamo i nostri figli e cervelli in Italia…

Molti ministri hanno compreso che bisogna virare e bene, organizzano riunioni e dirette con giornalisti, si parla ora di ” modificare tante cose ”

Che non restino solo carte,promesse, buoni propositi, trattati e tavoli tecnici e non si cerca di risolvere i problemi  dando soldi  “alle stesse orchestre di un tempo  “…..

Riconvertiamo le aziende con criticità a nuove produzioni che possano fin da subito diventare modelli di sviluppo per i prossimi anni. 

Utilizziamo la pandemia, ad esempio, come opportunità per far partire fin da subito una nuova filiera basata sulla cosiddetta “green economy”.

Dal male, cerchiamo l’opportunità che ci viene offerta per riuscire a correggere  i grandi  errori del passato in modo da ridisegnare davvero un mondo che sia più equo e sostenibile.

*Oncologo Chirurgo- Salerno-