Declino del suono delle campane: declino della fede?

Declino del suono delle campane: declino della fede?

 don Marcello Stanzione

Sono le venti e si ode in lontananza suonare una campana; forse percepiamo la sua voce ma distrattamente, senza darle alcuna importanza. Senza capire perché suona a quell’ora.

Ogni giorno, da secoli, nei nostri paesi di antica cristianità si odono le campane.  Il suono della campana è spesso paragonata alla voce umana per cui non è errato parlare di canto delle campane.

Nel suo “Trattato della pittura”, Leonardo da Vinci scriveva che nel suono delle campane si può trovare ogni parola che si possa immaginare.

Pensiamo ai funerali, in occasione della morte di un cristiano, il bronzo consacrato parla un linguaggio probabilmente più espressivo che in ogni altra circostanza. I suoni gravi e lenti sono particolarmente efficaci perché hanno qualcosa di lugubre che ci fanno pensare alla caducità della vita terrena.

La campana stessa sembra essere consapevole del suo essere una voce, quando proclama nell’iscrizione che la fregia “Laudo deum verum, plebem voco, congrego clerum, defunctos ploro, pestem fugo, festa decoro”.

Il suono delle campane potrebbe essere per le persone sensibili un fenomeno acustico e sorgente di emozioni- si rincorrono intrecciandosi nel cielo, predicando sui tetti, scandendo le ore, lanciando messaggi a chi ancora si accorge di loro e le vuole ascoltare.

Dietro ogni rintocco un nome, una storia, un’impronta sonora inconfondibile. I suoni dell’ambiente hanno un significato referenziale: per chi studia il paesaggio sonoro non rappresentano soltanto degli eventi sonori astratti, ma anche dei segni, dei segnali e dei simboli acustici e come tali devono essere analizzati. Un segno è la rappresentazione di una realtà fisica (la nota do in una partitura musicale).

Un segno non ha suono, si limita ad indicarlo. Un segnale è un suono carico di una significazione specifica e richiede spesso una risposta diretta (trillo telefonico del cellulare, sirena dell’autombulanza).

Un fatto sonoro è simbolico quando suscita in noi emozioni o pensieri che vanno oltre la meccanicità delle sensazioni, o la funzione di segnale che può esercitare, quando possiede un che di soprannaturale o di riverberante che risuona attraverso i più profondi recessi della psiche.

un tempo riconosciuta da tutti, un volto amico: quello delle campane.

Musica per grandi spazi, nata dall’esigenza di comunicare a distanza messaggi per lo più di carattere religioso, ma spesso anche civile, per ogni avvenimento la campana aveva la sua parola, che ogni giorno il passato ha consegnato al presente, intessendo una lunga tradizione sonora.

Ormai il rumore, l’indifferenza religiosa, le mutate abitudini di vita hanno ridotto i rintocchi delle campane a suoni privi di significato e il campanile ad un faro acustico quasi spento.

Comunque, pur sommerse dallo spietato rumore del traffico, le campane conservano ancora oggi una certa balbettante grandezza ed eleganza.

Inoltre, oggi nel ventunesimo secolo in molti paesi le campane stanno scomparendo sostituite da nastri incisi ed è abbastanza significativo che la motivazione addotta per farle tacere sia stata quella che contribuivano all’inquinamento acustico.

La campana in declino viene rimpiazzata dal clacson e dalla sirena. Entrambe irradiano il suono uniformemente in tutte le direzioni mentre la campana della chiesa diffonde sulla comunità un incantesimo protettivo, la sirena parla della sua mancanza di armonia.

Col progresso della tecnologia l’arte campanaria viene sempre più imprigionata da congegni elettronici, ma non viene meno la preziosa opera “artigianale” dei fonditori.

Tuttavia, se consideriamo gli eventi che riflettono le pratiche sociali come elementi fondamentali della tradizione locale, seguire quelle tracce sonore significa ricostruire, oltre un complesso fenomeno culturale, anche il contesto in cui esso si svolge, aggiungendo un nuovo tassello al mosaico della storia di un paese o di una comunità.

Occorre ovviamente tener presente lo spirito con cui si opera questo recupero della tradizione campanaria cattolica: infatti si può essere attaccati al passato e considerarlo come un reperto storico, una reliquia da conservare in un museo, o sentirlo come un’eredità benefica che continua in noi, da far rivivere nel presente per la sua bellezza sonora e la sua pregnanza simbolica. Intanto dalla Terra Santa ci viene una buona notizia sulle Campane della Palestina. La musica che si suonava quasi ottocento anni fa nel luogo dove nacque Nostro Signore Gesù Cristo può risuonare di nuovo ai nostri giorni. Questa è la speranza dei ricercatori di università europee che stanno studiando le campane medievali della Basilica della Natività, allo scopo di fondere copie funzionali. David Catalunya, ricercatore presso le Università di Oxford e Wurzburg e direttore del progetto, spiega che nel XIII secolo, alla vigilia dell’occupazione musulmana della Terra Santa, i crociati che erano nelle città di Betlemme seppellirono le tredici campane di bronzo del tempio per salvarle dalla distruzione. Secondo Padre Stephane, liturgista della Custodia Francescana della Terra Santa, le campane furono scoperte all’inizio del XX secolo, insieme a 222 tubi di rame dell’organo medievale della chiesa di Betlemme, durante un’opera di riparazione dell’edificio. Le campane facevano parte di un carillon che accompagnava i canti dei fedeli durante le celebrazioni che lì si realizzavano.