La Voce e la Vita della Chiesa: Sant’Antonio di Padova

Diac. Francesco Giglio

Antonio di Padova, al secolo Fernando Martins de Bulhões, nato il 15 agosto 1195 a Lisbona (Portogallo) da papà Vicente Martins e mamma Teresa Pais Taveira, noto in Portogallo come Antonio da Lisbona, è stato un religioso e presbitero portoghese appartenente all’Ordine francescano, morto il 13 giugno 1231 a Padova (IT) proclamato santo da papa Gregorio IX nel 1232 e dichiarato dottore della Chiesa nel 1946.  Le sue spoglie sono conservate nella Basilica a lui dedicata nella città di Padova.

Sant’Antonio è  Patrono di: Napoli, Venezia, Padova, Afragola, Anzio, Montesilvano, Favara, Gravina di Catania, Albignasego, Poggiomarino ed altri comuni.

E’ Protettore: degli affamati, degli animali, dei bambini, cavalli, delle donne incinte, fidanzati, marinai, del matrimonio, nativi americani, degli oggetti smarriti, degli oppressi, pescatori, poveri, dalla sterilità, viaggiatori.

Trascorre i primi anni di formazione sotto la guida dei canonici del Duomo. Saranno anni preziosi per la sua formazione e discernimento. A circa 15 anni entra nel Convento agostiniano S. Vincenzo, fuori le mura di Lisbona, per aderire al progetto di consacrazione a Dio che aveva maturato. Vive qui per circa due anni. Poi si sposta a Coimbra, a quel tempo capitale del Portogallo, dove sorge un’altra abbazia di canonici agostiniani. Rimarrà a Coimbra 8 anni e a soli venticinque anni viene ordinato sacerdote. Il suo soggiorno a San Vincenzo e a Coimbra dura dal 1210 al 1220. E’ nel 1220 che Fernando viene a contatto con i frati minori, religiosi animati da Francesco d’Assisi nella lontana Italia. Dal 1220 al 1222 passa dall’Africa ad Assisi. Giunto in Marocco però Antonio contrae una grave e non ben precisata malattia: è costretto al riposo forzato e non può predicare. Dal 1222 al 1227 predica in Italia e in Francia.

Antonio, per i talenti che dimostra di saper mettere a servizio del Regno di Dio, ricopre dal 1227 al 1231 l’incarico di Ministro provinciale (ossia guida delle fraternità francescane). L’impegno profuso da parte di Antonio nella predicazione e nel sacramento della riconciliazione durante la Quaresima del 1231 può essere considerato il suo grande impegno. Sentendosi vicino al termine della vita ottenne il permesso di ritirarsi nel romitorio di Camposampiero, dove passò i suoi ultimi giorni nella contemplazione e nell’esercizio sempre più puro dell’amor di Dio. Morì ad Arcella, presso Padova, il 13 giugno del 1231 a 36 anni di età. Dopo la sua morte i fanciulli di Padova e dei dintorni andavano gridando: «È morto il Santo, è morto il Santo ». Ed era veramente morto un santo ed un grande santo, che lasciò tracce indelebili di ogni virtù. Sant’Antonio è conosciuto anche come il Santo dei Miracoli, o il Taumaturgo, cioè colui che opera prodigi. I miracoli a lui attribuiti sono innumerevoli e tra questi i più noti sono:

 

LA MULA. Durante un dibattito fra Antonio e un eretico circa la presenza di Gesù nell’Eucaristia, l’eretico sfida il Santo a dimostrare con un miracolo la vera presenza di Cristo nell’ostia consacrata, promettendo che se ci fosse riuscito si sarebbe convertito alla retta dottrina. Spiega poi il suo piano: avrebbe tenuto chiusa la sua mula per alcuni giorni nella stalla, senza darle da mangiare; poi l’avrebbe portata in piazza di fronte alla gente, mettendole davanti della biada. Allo stesso tempo Antonio avrebbe dovuto mettere l’ostia di fronte alla mula: se l’animale si fosse inginocchiato davanti alla particola, ignorando il cibo, si sarebbe convertito. Nel giorno convenuto il Santo mostra l’ostia alla mula e dice: “In virtù e in nome del Creatore, che io, per quanto ne sia indegno, tengo veramente tra le mani, ti dico, o animale, e ti ordino di avvicinarti prontamente con umiltà e di prestargli la dovuta venerazione”. E così avviene: Antonio non fa a tempo a finire di pronunciare queste parole che la mula abbassa la testa fino ai garretti e si inginocchia davanti al sacramento del corpo di Cristo.

 

IL NEONATO CHE PARLA. A Ferrara una famiglia è minacciata dal sospetto nato dalla gelosia: un padre non vuole nemmeno toccare il figlio nato da pochi giorni perché crede che sia frutto di un tradimento della moglie. Antonio prende allora in braccio il neonato e gli dice: “Ti scongiuro in nome di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, nato da Maria vergine, di dirmi a voce chiara, così che tutti sentano, chi è tuo padre“. Il bambino, fissando negli occhi il genitore, visto che non può muovere le mani, legate dalle fasce, dice: “Ecco, questo è mio padre!“. E rivolgendosi all’uomo il Santo aggiunge: “Prendi tuo figlio, e ama tua moglie, che è intemerata e merita tutta la tua riconoscenza“.

 

IL PANE DEI POVERI. Tommasino è un bimbo di 20 mesi: la madre lo lascia in casa da solo a giocare e lo ritrova poco dopo senza vita, affogato in un mastello d’acqua. Disperata invoca l’aiuto del Santo, e nella sua preghiera fa un voto: se otterrà la grazia donerà ai poveri tanto pane quanto è il peso del bambino. Il figlio torna miracolosamente in vita e nasce così la tradizione del “pondus pueri” una preghiera con la quale i genitori in cambio di protezione per i propri figli promettevano a sant’Antonio tanto pane quanto fosse il loro peso. Forse non tutti sanno che questo miracolo è all’origine dell’Opera del Pane dei Poveri e poi della Caritas Antoniana, le organizzazioni antoniane che si occupano di portare cibo, generi di prima necessità e assistenza ai poveri di tutto il mondo.

 

IL PIEDE RIATTACCATO. Un uomo di Padova, di nome Leonardo, confessa ad Antonio di avere dato con violenza un calcio alla propria madre. Antonio con aria di deplorazione commenta: “Il piede che colpisce la madre o il padre, meriterebbe di essere tagliato all’istante”. L’uomo, colpito dal rimorso, una volta tornato a casa si recide il piede. La notizia si diffonde immediatamente per tutta la città, arrivando anche ad Antonio. Il santo raggiunge subito l’uomo e, dopo un’orazione, congiunge alla gamba il piede mozzato, facendovi il segno della croce. E qui si compie lo straordinario miracolo: il piede rimane attaccato alla gamba, tanto che l’uomo si alza in piedi, inizia a camminare e saltare allegramente, lodando Dio e ringraziando Antonio.

 

IL CUORE DELL’AVARO. In una località della Toscana si stanno celebrando con solennità i funerali di un uomo molto ricco. Al funerale è presente Antonio, che, scosso da un’ispirazione, si mette a gridare che quel morto non va sepolto in luogo consacrato, perché il cadavere è privo di cuore. I presenti rimangono sconvolti e inizia un’accesa discussione. Alla fine vengono chiamati dei medici, che aprirono il petto al defunto. Il cuore non è effettivamente nella cassa toracica e viene poi rinvenuto nella cassaforte dov’era conservato il denaro.

 

LA CONVERSIONE DI EZZELINO. Antonio fu il difensore dei poveri, sempre e dappertutto, sfidando a viso aperto gli oppressori. Basti richiamare un solo episodio: l’incontro con il famigerato Ezzelino da Romano. Quando infatti viene a sapere di una terribile strage di uomini perpetrata dal temuto tiranno a Verona, lo vuole incontrare e gli riserva parole durissime: “O nemico di Dio, tiranno spietato, cane rabbioso, fino a quando continuerai a versare sangue innocente di cristiani? Ecco, ti pende sopra il capo la sentenza del Signore, terribile e durissima!“. Ma la reazione di Ezzelino è inaspettata: invece di dare l’ordine alle sue guardie di trucidare il frate francescano, comanda che sia allontanato senza violenza. E aggiunge: “Commilitoni, non stupitevi di ciò. Vi dico in tutta verità, che ho visto emanare dal volto di questo padre una specie di fulgore divino, che mi ha atterrito al punto che, di fronte a una visione così spaventosa, avevo la sensazione di precipitare subito all’inferno“.

 

LA PREDICA AI PESCI. Come nella vita di san Francesco c’è la predica agli uccelli, nella vita di Antonio c’è la predica, non meno fantasiosa e poetica, ai pesci. Sarebbe avvenuta a Rimini. La città era ben salda in mano a gruppi di eretici. All’arrivo del missionario francescano, i capi danno la parola d’ordine: chiuderlo in un muro di silenzio. Di fatto, Antonio non trova a chi rivolgere la parola. Le chiese sono vuote. Esce in piazza, ma anche lì nessuno mostra di accorgersi di lui, nessuno fa caso a quello che dice. Cammina pregando e pensando. Arrivato al mare, vi si affaccia e comincia a chiamare il suo uditorio: “Dal momento che voi dimostrate di essere indegni della parola di Dio, ecco, mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità”. E i pesci affiorano a centinaia, a migliaia, ordinati e palpitanti, ad ascoltare la parola di esortazione e di lode.

 

LA VISIONE. Poco prima di morire, Antonio ottiene di ritirarsi in preghiera a Camposampiero, vicino a Padova, nel luogo che il signore del luogo, il conte Tiso, aveva affidato ai francescani, nei pressi del suo castello. Camminando nel bosco, Antonio nota un maestoso noce e gli viene l’idea di farsi costruire tra i rami dell’albero una specie di celletta. Tiso gliela allestisce. Il Santo passa così in quel rifugio le sue giornate di contemplazione, rientrando nell’eremo solo la notte. Una sera, il conte si reca nella stanzetta dell’amico, quando, dall’uscio socchiuso, vede sprigionarsi un intenso splendore. Temendo un incendio, spinge la porta e resta immobile davanti alla scena prodigiosa: Antonio stringe fra le braccia Gesù Bambino.

Quando si riscuote dall’estasi e vede Tiso commosso, il Santo lo prega di non parlare con nessuno dell’apparizione celeste. Solo dopo la morte del Santo il conte racconterà quello che aveva visto.

L’immagine più conosciuta di Sant’Antonio è quella che lo raffigura giovane frate con la tonsura e con in braccio il Bambino Gesù, mentre nella mano sinistra ha un un giglio (il lilium candidum o giglio di Sant’Antonio quale simbolo di purezza e nobiltà d’animo), un pezzo di pane (in ricordo del miracolo del pane dei poveri) ed un libro (per ricordarci che papa Pio XII il 16 gennaio del 1946 lo iscrisse nell’albo dei Dottori della Chiesa universale).

Auguri a quanti oggi festeggiano il loro onomastico.