Salerno: “La cripta violata”, il fascino della antica Salerno nel volume di Bruno Auricchio
Luciana Mauro
50 anni fa sorgeva la Associazione per il Risanamento del Centro Storico, al fine di curare il recupero della antica città medievale.
Parte da un articolo inchiesta scritto da uno “scalpitante giovanotto”catturato dalla meravigliosa arte del giornalismo, il gustoso volumetto di Bruno Auricchio, veneziano trapiantato a Salerno dove studia e vive nel corso degli anni della sua formazione professionale di avvocato penalista. Nella veste di giornalista in erba egli viene interessato dalla situazione di abbandono in cui versa l’antica parte occidentale della città, sicché incontra i commercianti del posto, per primo Roberto Napoli, avvocato titolare della omonima oreficeria in via Mercanti, all’incrocio con via Duomo. Napoli lo manda dai fratelli Alfonso e Felice Tafuri i quali, dapprima scettici e restii, si fanno coinvolgere ed iniziano ad … operare. La sesta fatica letteraria di Auricchio, dal titolo “La Cripta Violata” edito da Etica Edizioni di Torino, si fa leggere tutto d’un fiato grazie alla accattivante scrittura ed alla straordinaria capacità rappresentativa.
Forse in virtù della mia trentennale esperienza giornalistica, leggendo il testo ho visto, come in un film, l’aspirante giornalista entrare di slancio nella sede del settimanale “Giornale Sud”, in fondo al corso Garibaldi, nel tratto di strada noto ai salernitani come “fore a’ Ferrovia”. Il nostro dialetto è denso di “fore, areto, ‘ngoppa, abbascio” che sempre accompagnano la descrizione dei luoghi a noi cari. Ed è nella suggestiva incisività di questa lingua, di cui il giovane veneziano si è subito appropriato custodendola come una preziosità, che egli mostra la chiave vincente del suo scritto. A far da cornice al racconto si snoda la città, che sul finire dello scorso secolo, “gloria di un tempo, culla della Scuola Medica Salernitana”, versava nell’abbandono a causa dell’indifferenza di cittadini che se ne erano allontanati per andare a vivere nella città nuova, che stava nascendo ad est. Così il direttore del giornale, “avanti negli anni, dall’aspetto molto perbene, un omino lindo, di poche parole” accoglie lo scalpitante cronista nel modo più semplice e veloce: “Embé, figliu mio, che vuo’ scrive? Scrive chello che vuò! Una più che affettuosa dal grande vecchio al giovane volenteroso, che apre le porte a quella libertà di pensiero e parola oggi rarefatta dalle nebbie del tempo e della … politica. L’avventura giornalistica inizia dunque con il piede giusto, e si snoda nei vicoli della Salerno antica, diventa storia, nostalgia mai sopita. Una piacevolezza leggere questo libro, che ti pervade dall’inizio alla fine, ti porta nello scrigno delle memorie attraverso una figura amata e odiata, ma pur sempre affascinante, quella del cronista che indaga, scova, scopre e senza affanni, in piena libertà riporta nero su bianco il vero. Oggi potremmo definirlo il “verosimile”, e forse qualcuno ci taccerebbe di troppa bontà. Salerno, un album di foto d’epoca, la prima Associazione per il risanamento ed il ripristino del centro storico, i circoli giovanili, le opere d’arte e le voci, tante.
Un grande dipinto, con volti e nomi che riconosci, che l’autore tratteggia in punta di penna, dalle Fornelle all’antica Rotonda, dal mare del golfo al Lungomare Trieste, senza sofisticati passaggi, ma con uno stile lineare e limpido, “impreziosito” dall’uso ricorrente del dialetto salernitano, frutto di un animo che sa ben osservare e riproporre gli aspetti più importanti della storia, della vita. Devo ringraziare Bruno Auricchio per avermi regalato, con questo suo libro, momenti di rilassante e piacevole lettura, che mi hanno riportata indietro nel tempo facendomi rivivere i giorni più felici dell’infanzia (sono nata nel centro storico, e cresciuta “abbascio a’ Annunziata), e i primi passi nel giornalismo, mio indissolubile grande Amore.