Zalarino: Paska Njema (Buona Pasqua)

Padre Oliviero Ferro  

Vivere la Pasqua in Africa è un qualcosa di speciale per noi missionari. E’ il culmine del lavoro di tutto un anno, o meglio, di quattro anni. Naturalmente, non è solo il nostro, ma anche quello di tanti altri: catechisti, responsabili di comunità di base e di tante altre persone che in silenzio, danno il loro contributo alla vita della parrocchia. Tutto comincia, quando qualcuno, magari consigliato da amici o vicini, nel villaggio o nel quartiere, ha sentito parlare da loro di Gesù Cristo, della vita della comunità, di quello che fa la comunità di base per il quartiere, magari ha incontrato il missionario. E quindi gli è venuto il desiderio di conoscere di più questa religione, questo modo di vivere. E allora, presentato da qualcuno, viene in parrocchia e viene registrato e messo in un gruppo di catechismo. Noi in Congo li chiamiamo “Waitwao” (i chiamati).

E da quel momento, per 4 anni, almeno una volta alla settimana, seguono gli incontri, tenuti dai catechisti, cominciano a frequentare la comunità di base, vivono anche i momenti di lavoro, di apostolato, di carità e anche la vita della parrocchia, nella messa domenicale. E da qui cominciano le scelte. Spesso la famiglia da cui provengono non è cristiana o forse qualche membro e deve cominciare a testimoniare questo suo desiderio di camminare incontro al Cristo. Ci saranno dei momenti difficili, delle scelte da fare, compreso, se è un po’ avanti negli anni (anche il momento del matrimonio, con la scelta di una sola moglie).

Ma molti continuano. Al termine di ogni anno, c’è una specie di esame, dove vengono interrogati su quello che hanno capito e viene chiesto al catechista e al responsabile della comunità quale è stato il suo comportamento. E così un anno dopo l’altro, diventa più consapevole e più inserito nella vita della comunità Al quarto anno, soprattutto durante le tre ultime domenica di quaresima, ci sono i cosiddetti scrutini, cioè si comincia a fare alcuni gesti del battesimo (presentazione alla comunità, olio dei catecumeni…). Poi vengono invitati al ritiro pre-battesimo e, nei limiti del possibile, vengono coinvolti anche i membri della sua famiglia. Gli viene ricordato che, quando sarà battezzato, entrerà a far parte della famiglia-Chiesa in cui tutti si devono sentire fratelli, al di là delle tribù di provenienza. Il sabato santo è il grande momento. Una festa grandissima, dove vengono battezzati tra canti, danze e gioia immensa che ripaga da tutto il lavoro fatto, non solo dei missionari, ma da tutti gli altri.

La festa poi continuerà nelle case e nelle comunità di base. Naturalmente non ci si ferma qui. Ora che sono diventati cristiani, comincia l’impegno diretto nella vita della comunità. A ciascuno viene chiesto di svolgere un compito (catechista, animatore dei bambini e giovani, coro, caritas….). Con il battesimo si comincia a diventare adulti e quindi a condividere la scelta con tanti altri. Forse questo dovrebbe essere ricordato ai cristiani in Italia, abituati spesso solo a ricevere e non a condividere. Ora che anche in Italia comincia l’unione di diverse parrocchie, bisogna cominciare a lavorare insieme. In Africa loro ci danno l’esempio. Molti papà e mamme, dopo il loro lavoro, vivono la loro fede in comunità e vi assicuro che ci danno degli esempi di vita che spesso ci fanno vergognare. Loro ci credono veramente. Noi, forse, ci siamo un po’ adagiati nel nostro quieto vivere e magari le difficoltà ci tengono lontani dalla vita della comunità. Loro invece, con coraggio, affrontano le difficoltà. Insomma una bella lezione di vita. E la notte di Pasqua, con i canti, le danze e la gioia ritorna sempre nei miei ricordi. Provare per credere.