Silvia Romano e la “Sindrome di Stoccolma”

avv. Pasquale D’Aiuto 

Silvia Romano è una ragazza di 25 anni, milanese, laureata in una scuola per mediatori linguistici per la sicurezza e la difesa sociale con una tesi sulla tratta di esseri umani nei Paesi di origine. Volontaria in Kenia per una ONLUS che realizza progetti di sostegno all’infanzia, in particolare orfani di ambo i genitori, il 20.11.2018 viene rapita dai jihadisti somali di Al Shabaab, all’uopo organizzati in una milizia di otto uomini armati di fucili e machete.

Si tratta di terroristi che il Corriere della Sera (G. Olimpio) descrive come “vicini ad Al Qaeda… radicati sul territorio, capaci di resistere ai loro avversari, in grado di agire anche oltre confine… alcuni di loro si sono poi tramutati in attentatori suicidi … [dediti a] traffici, contrabbando, taglieggiamenti … e quando possono vanno a caccia di ostaggi”. Silvia viene liberata il 9 maggio; ieri è tornata in Italia. Sembra scontato sia stato pagato un riscatto milionario. Le istituzioni italiane sono liete del buon lavoro di intelligence operato e l’accolgono in festa.

Silvia si presenta con una veste tradizionale di colore verde, il capo coperto, guanti e mascherina d’ordinanza. Afferma di essere stata reclusa in quattro covi, raggiunti di volta in volta grazie a chilometri di cammino a piedi; di essere stata trattata bene nel corso della prigionia ed aver ottenuto dai rapitori precisa promessa di non essere uccisa; di non aver mai subito minacce di morte; di non essere mai stata legata; di essere stata sempre con gli stessi carcerieri, armati ed a volto coperto; che era libera di muoversi all’interno dei covi. Che veniva rinchiusa, sola, in stanze di abitazioni.

Silvia dichiara (sempre stando alle notizie di stampa), poi, di essersi “lentamente e spontaneamente” convertita all’Islam:

È successo a metà prigionia, quando ho chiesto di poter leggere il Corano e sono stata accontentata … Non c’è stato alcun matrimonio né relazione, solo rispetto” da parte dei suoi rapitori che le spiegavano “le loro ragioni e la loro cultura”, così ella ha imparato anche un pochino di arabo specie, a quanto pare, grazie ad una copia del Corano scritto in arabo ed italiano a fronte.

Questi, in sunto, i fatti e le dichiarazioni. Ora, le premesse sono che questa ragazza è una brava persona che assiste i più sfortunati del pianeta. Che non è una sprovveduta, perché ha studiato proprio per compiere questa attività. Inoltre, ritengo sia altamente simbolico riportare a casa italiani rapiti, ancor più quando il senso di giustizia è vieppiù avvertito in virtù della qualità morale del connazionale salvato. Quindi, evitate di farmi storie con quel che si sarebbe potuto fare con quattro milioni o quel che è, perché confondereste mele con pere: il fallimento della politica è altrove, non qui. Utilizzate altri esempi, ché ve ne sono molteplici e gravissimi – non mi fate parlare della Giustizia.

Certo, abbiamo verosimilmente foraggiato terroristi della peggior specie; gente che cerca di far saltare in aria aerei, per intenderci.

Ma non è questo il punto. Ascoltando Silvia, apprendiamo che sarebbe stata trattata quasi con riguardo e possiamo dedurre che, a ben vedere, tutta questa preoccupazione per lei (non solo quella dei suoi familiari ma di un intero Paese, anche la mia!) era eccessiva. Un anno e mezzo a chiederci (SE e) dove fosse, mentre lei era a intenta ad intendere le ragioni dei rapitori ed a studiare il Corano?

No, non è stato così, ovviamente: quelli l’hanno tenuta in vita non perché – in fondo, in fondo – umani ma solo in quanto interessati a cosa avrebbero potuto ottenere dalla sua incolumitàFisica, però. Solo fisica.

Perché no, non posso crederci. Non posso reagire con leggerezza alla sua stessa tesi per cui, tutto sommato, non sarebbe stata poi così male nel lunghissimo periodo di clausura e, soprattutto, non posso accettare supinamente che una conversione – fenomeno così personale, così intimo e rilevante nella vita di un essere umano; poi, in favore della religione dei suoi aguzzini! – possa essere stata “spontanea”. No: quei criminali le hanno portato via persino il suo credo. Questo è successo, nient’altro.

Non può essere vero che, in una situazione così traumatica, così distruttiva, nella solitudine più cupa ed irragionevole, una conversione sia sbocciata così, naturalmente, come un fiore di montagna. Non ci crederò mai: piuttosto sarò convinto, sempre, che la povera Silvia sia stata plagiata, terrorizzata, oppressa, angariata dai suoi torturatori a tal punto che le hanno portato via persino l’anima.

Una beffa atroce: un’indifesa ed altruista ragazza, sottratta a fatica dai suoi carcerieri senza scrupoli, terroristi disumani, scende dall’aereo che l’ha riportata a casa, dopo un anno e mezzo di silenzio (ed infinita, comprensibile angoscia dei suoi familiari ed amici) e le prime parole che pronuncia… sono quasi di comprensione verso i suoi vessatori?! Ma come è possibile? Per me, questa è solo l’esemplificazione degli effetti di una cattiveria parossistica, indescrivibile, concretizzatasi nello sconvolgimento della libertà interiore, del nucleo più profondo dell’essere di una persona.

Quindi, quando ho letto le sue dichiarazioni, quando non ho potuto percepire risentimento nei confronti di quelle belve feroci ma solo una sinistra serenità, mi è venuta in mente la c.d. Sindrome di Stoccolma, quella che, in psicologia, descrive legami c.d. traumatici, spesso solidissimi, che nascono tra due persone, accomunate da una vicinanza fondata sulla posizione di assoluto potere di una nei confronti dell’altra che, quindi, sottoposta ad una violenza estrema ed arbitraria, finisce con l’aderire emotivamente alla volontà ed alle azioni del proprio carnefice. Come in questo caso.

Non mi convincerete mai. Mi ha turbato, e molto, la dichiarata conversione all’Islam di Silvia, frutto della violenza, della rassegnazione, dell’istintiva metabolizzazione del credo dei suoi carcerieri che, non a caso, le hanno concesso di poter leggere e studiare il loro Testo Sacro. Ella ha subito la massima forma di costrizione, nel profondo dell’anima, così grave da non condurla soltanto a rinnegare il proprio Dio bensì addirittura ad indurla ad abbracciare quello venerato dai suoi persecutori.

E questa non è una conversione religiosa ma un terribile dramma personale, che deve farci riflettere su quanto possa essere infinita la barbarie dell’uomo.

La Sindrome di Stoccolma parla per Silvia, privata di un pezzo della sua anima. foto sologossip.it