Campania: Chiese Cristiane, Coronavirus, Cattolici, ortodossi e protestanti insieme, supplica a Dio

Nei giorni scorsi, il Comitato di Presidenza del Consiglio Regionale delle Chiese Cristiane della Campania (CRCCC), si è riunito telematicamente per redigere ed inviare a tutte le Chiese e alle Comunità cristiane della Regione un messaggio congiunto in segno di vicinanza in questo tempo di pandemia da coronavirus e d’isolamento forzato.

Il messaggio, intitolato Supplica al Dio affidabile, il Signore della vita, in tempo di pandemia da coronavirus, prendendo le mosse da una meditazione sui versi del Salmo 27, salmo trionfante e supplicante che affascina per empito e bellezza stilistica, rinnova la fiducia di tutti i cristiani «nel Dio onnipotente, Signore della vita che, in Cristo Gesù, Figlio unigenito del Padre, ha manifestato il suo amore per tutta l’umanità e, specialmente nella morte e risurrezione di Cristo – con la forza dello Spirito Santo – ha rivelato la sua potenza sul peccato, il male e la morte».

«Abbiamo paura di non farcela – prosegue il messaggio – di essere contagiati, di perdere i nostri cari, di non vedere più la luce. Ci troviamo a vivere una situazione quasi surreale e a muoverci come in un grande film di terrore e i nostri cuori sono attanagliati dall’insicurezza, da un sentimento di precarietà, di disorientamento. Il nostro è, però, un nemico invisibile, un virus che ci mette in crisi e ci fa toccare con mano la nostra umana fragilità che appartiene proprio a tutti […] Tuttavia, anche nel momento del massimo pericolo, della persecuzione e dello sterminio, quando il volto (di Dio, ndr) sembra nascosto e tutto appare preda del caso o della malvagità umana, la Divina Provvidenza rimane presente, conduce la storia, si rivela grazie all’azione degli uomini e porta la salvezza».
Il Consiglio Regionale delle Chiese Cristiane della Campania è una comunione di Chiese della quale fanno parte: Chiesa cattolica, Chiesa ortodossa del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca, Chiesa ortodossa del Patriarcato di Bucarest, Chiesa anglicana, Chiesa apostolica italiana, Chiesa evangelica italiana, Chiesa evangelica luterana, Chiesa evangelica metodista, Chiesa evangelica valdese, Chiese battiste, Comunione delle Chiese libere. Il Consiglio ha tra le proprie finalità la corretta e reciproca conoscenza delle Chiese, la ricerca di risposte comuni ai problemi religiosi, la proposta di orientamenti e iniziative comuni alle diverse Chiese.

Il Comitato di Presidenza è composto da Padre Edoardo Scognamiglio (presidente, cattolico), Elisabetta Kalampouka Fimiani (vice-presidente, ortodossa del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli) e dal pastore luterano Paolo Poggioli (segretario, protestante).
«Ascolta, Signore, la mia voce che t’invoca, abbi pietà di me, rispondimi: “Cercate il mio volto”. [Istruito da te] Il mio cuore ti dice: Io cerco il tuo volto, Signore: non nascondermi il tuo volto» (Sal 27,7-8). Carissimi fratelli e sorelle, amici e fedeli tutti, in questo tempo di pandemia da Coronavirus e d’isolamento forzato – atto necessario e responsabile per il bene di tutti e l’esclusione di nuovi contagi -, anche il Comitato di Presidenza del Consiglio Regionale delle Chiese Cristiane della Campania sente il bisogno di condividere e rinnovare la fiducia nel Dio onnipotente, Signore della vita che, in Cristo Gesù, Figlio unigenito del Padre, ha manifestato il suo amore per tutta l’umanità e, specialmente nella morte e risurrezione di Cristo – con la forza dello Spirito Santo -, ha rivelato la sua potenza sul peccato, il male e la morte. Come segno di vicinanza a tutte le Chiese e alle Comunità cristiane e alla popolazione mondiale, ci fa piacere condividere, particolarmente con voi, questa meditazione sul Salmo 27. Questo salmo di fiducia trionfante e supplicante, che affascina per empito e la sua particolare bellezza stilistica, raccoglie il desiderio dell’uomo biblico di vedere il volto di Adonai, il Dio che si nasconde. Non si tratta di una visione come possesso, quasi sfociasse nell’idolatria o in una falsa profezia, bensì della certezza e del desiderio di essere protetto e custodito da Dio nelle avversità. Quale occasione è più propizia del nostro tempo? “Vedere” il volto di Dio ha, dunque, il significato di cercare Dio, di stare alla sua presenza (cf. Am 5,4; Sal 105,4), ed è, forse, il desiderio recondito di ogni persona, credente e non, che in qualche modo è alla ricerca del senso della vita, del significato della sua stessa esistenza. Mai come in questo momento abbiamo bisogno di pregare il Signore per sentirlo accanto a noi! L’orante arde di quella sete gridata dal salmista quando dice altrove: «Quando verrò a contemplare il volto di Dio» (Sal 42,3). Si tratta di pregare Dio affinché illumini il suo volto (cf. Sal 67,2) e non lo nasconda (cf. Sal 27,9; 44,25). Se, dunque, anche Dio ha un volto – Gesù Cristo -, allora egli è vicino alla nostra umanità, ed è capace di condividere le gioie e i dolori della sua gente e di provare così compassione per i suoi figli (cf. Es 3,7-10). Egli, infatti, è ricco di misericordia ed è compassionevole, lento all’ira e ricco di grazia. Il volto di Dio nella Bibbia è luminoso e benedicente (cf. Nm 6,24-26); è un volto che esprime la sua stessa parola (cf. Dt 8,3) e che s’indigna innanzi al male e che è pronto anche a nascondersi (cf. Sal 44,25). Quello di Dio, nella Bibbia, è un volto compassionevole, amato, cercato, desiderato, contemplato, sospirato, benedetto, ma soprattutto è garanzia di salvezza, di protezione: chi si trova al cospetto di Adonai, innanzi al suo volto, è salvo! 1. Il volto affidabile di Adonai Nei suoi primi sei versetti, il Sal 27 è segnato dalla fiducia sconfinata nel Signore che è luce e salvezza, cioè vita, così come pure muro di difesa, baluardo per il pio credente. Stare alla presenza del Signore, alla luce del suo volto, è già motivo di sicurezza, di salvezza certa. Consiglio Regionale delle Chiese Cristiane della Campania L’orante pone nel Signore una fiducia sconfinante a dispetto dei pericoli e delle difficoltà: il suo volto è affidabile e rivela il bisogno di salvezza dell’orante, il suo desiderio di essere lasciato in vita. Così, anche se lo assedia un accampamento o se si scatena contro di lui l’attacco di un esercito, anche se suo padre e sua madre lo abbandonano, anche se lo accusano falsi testimoni, egli continua a confidare nel Signore e nel suo tempio. Si tratta di “confidare”, di “alzare la testa”, di “fare affidamento”, di “contare su”, di “sperare”, quindi di “non temere”, di “non aver terrore”, ossia di essere “forte e coraggioso”. La fiducia del salmista è espressa nei titoli riservati al Signore che è luce, salvezza, baluardo, aiuto. Le sue azioni divine sono segnate dai seguenti verbi: “proteggere”, “nascondere”, “alzare” e “raccogliere”. La fiducia dell’orante riguarda tre situazioni ben precise: una guerra imminente; una situazione di abbandono da parte dei genitori; un giudizio viziato dai brogli o forse dall’arbitrarietà e dal sopruso. In queste tre situazioni di pericolo sopraggiunge il sentimento della paura che deve essere vinto con la fiducia sconfinata nel Signore, nella sua presenza salvifica, nel suo volto. La fiducia, prima di ogni altra cosa, non deve vincere i nemici, né semplicemente confutare le calunnie; deve vincere, anzitutto, la paura che è la grande nemica interiore di ciascuno di noi, specialmente nella malattia o nelle prove della vita. Anche in questo preciso istante è necessario vincere le nostre paure e quel profondo senso di frustrazione che nasce dall’isolamento forzato. Nel Sal 27, Dio è luce nel senso che è la vita, dona la sicurezza della vita, perché vivere è vedere e venire alla luce. In tal senso, la luce non è solo ciò che ci permette di vedere, ma anzitutto di esistere. In tal senso, «il Signore sarà la tua luce perpetua [perenne]» (Is 60,19). 2. Vincere le nostre paure con la fiducia nel Signore Spesso, anche nella nostra vita, la certezza che il Signore ci dona la sua protezione si scontra con il sentimento della paura che soggiace inconsciamente in tanti ambiti del nostro agire e pensare. Abbiamo paura di non farcela, di essere contagiati, di perdere i nostri cari, di non vedere più la luce. Ci troviamo a vivere una situazione quasi surreale e a muoverci come in un grande film di terrore e i nostri cuori sono attanagliati dall’insicurezza, da un sentimento di precarietà, di disorientamento. Il nostro è, però, un nemico invisibile, un virus che ci mette in crisi e ci fa toccare con mano la nostra umana fragilità che appartiene proprio a tutti. Il “cuore”, sede della ragione e della volontà, del nostro conoscere e pensare, pone continuamente atti di fiducia per sconfiggere la paura, nel tentativo non sempre riuscito di reprimerla del tutto. Forse, a buon ragione, il Sal 27 potrebbe essere intitolato così: “La fiducia che vince la paura”. Già d’acchito si comprende che, per l’orante, la visione di Dio non è qualcosa di speculativo, ossia legato a una rivelazione nella quale si contempla il mistero del Dio invisibile, bensì riguarda l’agire salvifico del Signore nella storia del credente. L’orante potrebbe essere anche un pellegrino, un errante che, incappato nei briganti o nei predoni del deserto, sente la sua vita minacciata e, da lontano, intravede o spera di raggiungere il luogo santo della presenza di Adonai, il tempio di Gerusalemme. “Vedere Dio” è sperimentare la sua potenza, ricevere la sua protezione, prendere parte alla sua benedizione, nonostante la vita sia minacciata e messa in pericolo da forze, eventi e situazioni a noi estranee e ingestibili. Più che un desiderio di visione, l’orante coinvolto in questa nostra riflessione esprime il desiderio di affidarsi a Dio e di sperimentarne la sua protezione. Anche noi possiamo vincere la paura della morte e di nuovi contagi pregando il Consiglio Regionale delle Chiese Cristiane della Campania Signore Gesù Cristo e affidandoci alla misericordia del Padre e assumendo atteggiamenti responsabili per il bene di tutti, restando isolati nelle nostre case e famiglie. Nella sua composizione, il Sal 27 s’apre con un’affermazione tranquilla: l’orante si fida del Signore; segue una supplica urgente, una richiesta di aiuto, di liberazione, di protezione, sovraccarica di imperativi positivi e negativi, che termina con un invito alla fiducia: «Spera nel Signore, sii forte, coraggio, spera nel Signore» (Sal 27,14). Il volto o la faccia di Dio (pānîm) da cercare è lo stesso tempio di Gerusalemme che rappresenta un rifugio provvisorio ma sicuro in una circostanza bellica; questo volto rappresenta, idealmente, per l’orante, una dimora per tutta la vita, dove si può godere e beneficiare della presenza personale del Signore. Il tempio non è semplicemente il luogo del rifugio e del riparo, né un edificio in cui abitare, bensì lo spazio vitale in cui stare con Dio, ossia la presenza certa e personale, salvifica, dell’Altissimo. È questa la sua funzione liturgico-cultuale: immetterci alla presenza salvifica del Signore! Forse è Dio stesso che invita a cercare il suo volto e il nostro spirito lo ripete a noi stessi, interiormente, quasi a dire: “prova a comunicare con il Signore”. “Cercare il volto” equivale a fare visita a una persona, presentandosi al suo cospetto (cf. Cr 16,11; Re 10,24), e indica l’andare a consultare qualcuno (cf. 2Sam 21,1), o anche il presentarsi a un governante cercando il suo favore (cf. Pr 29,26). In ebraico, il termine “volto” o “faccia” è reso con un plurale indefinibile che, letteralmente, si lascia intuire nella moltitudine dei lineamenti del viso esistenti al mondo. Pānîm indica anche il “davanti” di tutte le cose, in questo caso la facciata esterna o la parte anteriore del tempio di Gerusalemme. “Vedere la faccia di Dio”, biblicamente, significa presentarsi al tempio durante le festività ebraiche. Anche se ci viene tolto lo spazio ecclesiale delle assemblee e delle liturgie, possiamo invocare il Signore nelle nostre case, con i nostri famigliari, e riscoprire che noi stessi siamo “tempio” e “presenza” del Dio affidabile, così come anche dello Spirito Santo. 3. In Cristo, siamo sempre alla presenza di Dio Più che vedere Dio, andare al tempio significa incontrarsi con la sua faccia ed essere visti, cioè benedetti. Adonai è Colui che accoglie, che vede ma che non è visto. Il volto divino che dà grazia all’uomo non è visibile né rappresentabile: nessuno può vedere il volto di Dio e restare in vita (cf. Es 33,20). Per di più, anche la parola si deve fermare nella definizione di Jhwh, perché il suo nome non può essere pronunciato invano. Dunque, per l’ebraismo, l’espressione “volto divino” ha un significato metaforico e indica l’elargizione di amore da parte del Signore, ma può anche rivelare aspetti di severità. Quando il rapporto con il Signore s’interrompe o diventa difficile, è tempo di hester panim, di “volto nascosto”. La responsabilità di questa interruzione è nella scelta libera dell’uomo. Tuttavia, anche nel momento del massimo pericolo, della persecuzione e dello sterminio, quando il volto sembra nascosto e tutto appare preda del caso o della malvagità umana, la Divina Provvidenza rimane presente, conduce la storia, si rivela grazie all’azione degli uomini e porta la salvezza. In tal senso, il volto di Adonai è una presenza affidabile che guida la storia del suo popolo e, attraverso Israele, di tutta l’umanità. Sapere poi che Cristo è il volto carnale del Padre (cf. Gv 14,9ss.), significa maturare nella fede che noi, in Gesù, siamo sempre alla presenza di Dio. È con questa certezza che possiamo intonare inni e cantici spirituali al Padre di ogni misericordia e chiedere la liberazione dal male e dalle malattie, come pure il Consiglio Regionale delle Chiese Cristiane della Campania superamento di questo tempo di pandemia, e chiedere al Signore Gesù di accogliere le tante vittime di questa pandemia e di illuminare e sostenere – con la grazia dello Spirito Santo – medici, ricercatori, operatori sanitari, volontari e tutti coloro che stanno contribuendo alla risoluzione di questa grave infezione e alla cura degli ammalati. Chiediamo per tutti noi la benedizione del Signore e facciamo nostre le parole del giovane Azaria (il cui nome significa “Dio protegge”, “Dio si prende cura” “che è protetto dal Signore”) che, in questo tempo di Quaresima, ci invitano alla conversione del cuore e, soprattutto, a confidare nell’amore misericordioso di Dio che è fedele alla sua alleanza.

«Benedetto sei tu, Signore Dio dei nostri padri; degno di lode e glorioso è il tuo nome per sempre. Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto; tutte le tue opere sono vere, rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi. […] Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome, non rompere la tua alleanza; non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo tuo amico, di Isacco tuo servo, d’Israele tuo santo, ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo, come la sabbia sulla spiaggia del mare. Ora invece, Signore, noi siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione, ora siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccati. Ora non abbiamo più né principe, né capo, né profeta, né olocausto, né sacrificio, né oblazione, né incenso, né luogo per presentarti le primizie e trovar misericordia. Potessimo esser accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c’è confusione per coloro che confidano in te. Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto. Fà con noi secondo la tua clemenza, trattaci secondo la tua benevolenza, secondo la grandezza della tua misericordia. Salvaci con i tuoi prodigi, dà gloria, Signore, al tuo nome. Siano invece confusi quanti fanno il male ai tuoi servi, siano coperti di vergogna con tutta la loro potenza; e sia infranta la loro forza! Sappiano che tu sei il Signore, il Dio unico e glorioso su tutta la terra» (Dan 3,26-27.34-45).

Il Comitato di Presidenza