Proverbi Africani: la miseria

Padre Oliviero Ferro

Condizione di mancanza di possibilità materiali indispensabili alla soddisfazione dei bisogni elementari della vita quotidiana e quindi fattore di rischi sulla vita degli individui e della comunità, la miseria è una realtà non apprezzata dalla morale tradizionale. La miseria impedisce all’uomo di rispondere ai doveri di solidarietà, di ospitalità nei confronti degli altri membri della comunità. E’ una situazione che indebolisce l’uomo in tutti i sensi. La miseria non è sinonimo di povertà, è una povertà peggiore. I proverbi che seguono ne danni i contenuti ed esplicitano le diverse implicazioni del fenomeno di miseria. La morale raccomanda vari modi per non restare inerti e passivi nella situazione di miseria.

Si richiama in modo particolare al dovere di solidarietà per eliminare la miseria dalla vita delle vittime e della società. E voilà i proverbi. “La povertà che fa perdere la testa, nasconde il cibo al proprio fratello” (Tutsi, Rwanda) (si usa per dire che la miseria rende l’uomo avaro, persino nei confronti dei propri parenti. Allora, è veramente una condizione di estrema gravità). “Una capra che bela fortemente non fa dormire fuori” (Shambala, Tanzania) (si consiglia all’uomo di cercare la soluzione, l’aiuto in casi di estrema miseria). “Quando una gallina fa le sue uova, un’altra non si mette al suo posto” (Bassa, Cameroun) (quando l’uomo sta in una situazione di miseria, ne soffre da solo. E quindi, la deve affrontare da solo).

“Colui che ha la diarrea, non ha paura dell’oscurità” (Mongo, Congo RDC) (quando un uomo vive in condizione di miseria, non deve vergognarsi di cercare i giusti modi per uscirne). “La fame fa uscire il serpente dalla sua buca” (Basuto, Lesotho) (la miseria fa uscire l’uomo dalla propria tranquillità; anche un ricco diventato misero, va in cerca di aiuto). “La pioggia mostrò a Kalume la strada di casa sua” (Luluwa, Congo RDC) (una situazione di estrema miseria fa prendere ad un uomo potente coscienza dei propri limiti e lo obbliga a chiedere aiuto agli altri: la miseria scopre la nudità dell’uomo. E’ una sofferenza pedagogica). “Colui che ha la diarrea, non sa sostenere colui che vomita” (Tutsi, Rwanda) (un misero non sa aiutare un altro misero. Dipende però da quale tipo di aiuto parla il proverbio. Se intendiamo la vita nel senso globale, il misero avrà sempre qualcosa da donare ad un altro). “Se il leopardo mangia le foglie, significa che veramente mancano le bestie da quella parte” (Lari, Congo Brazzaville) (in condizione di estrema miseria, l’uomo si accontenta anche di cose che rifiutava in situazione di ricchezza). “La tristezza zittisce anche i più loquaci” (Tutsi, Burundi) (La situazione di miseria deprime anche le persone più vivaci). “Due donne incinte, nessuna direbbe all’altra “portami sul tuo dorso” (Bayansi, Congo RDC). “La ragazza misera non è richiesta in matrimonio da tutti gli uomini” (Attiè, Costa d’Avorio) (si usa per dire che colui che è in condizione di miseria, non trova rispetto da nessuna.

Da aggiungere che se una ragazza ha già un figlio e non trova marito, spesso si rassegna a diventare moglie di un poligamo o anche di un musulmano e da quel momento scompare, come è successo a una ragazza della mia parrocchia in Cameroun. Scompare, nel senso che non potrà più uscire di casa, senza il consenso del marito-padrone). Ora ne aggiungiamo qualcuno in lingua swahili-kigwana. “Kulombalomba mkono una kuwa lupao” (chiedere aiuto, la mano diventa un cucchiaio. A forza di domandare la mano resterà sporgente). “Kuku va mkata k’ata” (la gallina del povero non fa le uova).