L’Italia e la Sociologia

Giuseppe Lembo

Il non facile cammino universitario e territoriale di una scienza dell’uomo attenta al sociale nelle sue caratteristiche e nei suoi diversi aspetti dell’insieme dell’umanità italiana. Una scienza giovane per l’Italia. Dagli anni sessanta, con l’Università di Trento, gli studi sociologici appartengono anche all’Italia. Si dava così un futuro possibile alla ricerca sociale anche in Italia, dove andavano crescendo le trasformazioni sociali. Crescevano le disuguaglianze e le classi sociali. Si trattava di fenomeni sempre più presentemente parte del sistema Italia che, per garantirlo al futuro, come in tutte le democrazie avanzate, richiedeva conoscenza ed attiva partecipazione umana nel cammino d’insieme, con le disuguaglianze e le tante complessità ad esse collegate, che rappresentavano un problema centrale per i crescenti mali italiani, da conoscere a fondo attraverso la ricerca sociale, una grande opportunità per il nuovo italiano, anche sociologicamente in cammino dalle Università (capofila Trento) ai territori con la nascita di due Organismi Associativi (A.I.S. – ASSOCIAZIONE ITALIANA SOCIOLOGI, A BASE UNIVERSITARIA) e (A.N.S – ASSOCIAZIONE NAZIONALE SOCIOLOGI, CON ALLA BASE I SOCIOLOGI DEL TERRITORIO E DEL LORO RUOLO PROFESSIONALE E NELLE ISTITUZIONI).

Era l’anno 1982. Il 10 giugno 1982 un gruppo costituente delle diverse regioni italiane, a ROMA sottoscrive l’atto fondativo dell’Associazione Sociologi Italiani, con uno Statuto che in 19 articoli fissa, oltre agli scopi, il suo funzionamento sull’intero territorio italiano. Nei diversi articoli si fa riferimento alle finalità, al ruolo, alla ricerca, ai rapporti con l’Università, al rapporto con altre figure professionali emergenti,alle pubblicazioni finalizzate a diffondere la cultura sociologica ed al funzionamento (organi), così come disciplinati dal titolo IV. Si è trattato di un atto di fondazione con il saggio ed attivo protagonismo dei suoi costituenti di cui i sociologi eredi ne hanno, poco opportunamente cancellato i nomi ed ogni traccia delle cose sociologiche fatte tra le mille difficoltà di partenza. Tra i costituenti c’ero anch’io nel direttivo nazionale e nel ruolo di primo responsabile del Dipartimento Campania. Il mio impegno sociologico ha tra l’altro il merito di avere dato vita in Basilicata alla prima Associazione italiana di Sociologi (A.S.L. – Associazione Sociologi Lucani di cui per molti anni rivestii la carica di Presidente, fino al mio rientro in Campania, dove mi adoperai attivamente per farvi nascere un organismo associativo. Altrettanta attiva fu la mia presenza ed il mio impegno nel gruppo costituente l’A.N.S.- Associazione Nazionale Sociologi, nata dal convinto e solidale progetto di chi credeva nella Sociologia italiana,nel suo ruolo professionale e nell’utilità sociale di un’ITALIA in cammino, forte del proprio ruolo umano, culturale e sociale. Considerando la sua breve storia, a partire da Trento alla fine degli anni sessanta c’è, purtroppo, da dire che non ha avuto la fortuna sperata. Dal Nord al Sud, con in Campania le due Università di Napoli e di Salerno, le Università italiane pensarono che nel nostro Paese era assolutamente necessario dare impulso agli studi sociologici ed all’applicazione delle Scienze Sociali, per studiare la società italiana, analizzandone i cambiamenti, le complessità, le dinamiche comportamentali.

La Sociologia italiana doveva avere un saggio ruolo, per accompagnare il cammino di una società moderna, aperta alle sfide epocali ed ai processi di cambiamento dei nostri giorni, con un’UMANITA’ sempre più globalizzata ed umanizzata, che nel breve corso degli anni dinamicamente vissuti, hanno influito cambiandoli, sui comportamenti dell’Uomo in gran parte del pianeta Terra.

Il malessere delle periferie urbane, dei quartieri/dormitori, dell’automazione nel mondo del lavoro, sempre più alienante per la sua ripetitività, la solitudine delle periferie, la crescita delle fasce deboli e delle nuove e sempre più diffuse povertà, dovevano essere anche per il nostro Paese una materia di studio e di attente analisi sociologiche.

Dopo i primi anni di interessante attività sociologica (a Trento, a Gorizia, a Milano, a Bologna, a Roma, a Napoli e Salerno), dopo l’attivismo intenso dei singoli studiosi(Cavalli,Gallino, Martinotti, Ardigo’, De Masi, Statera ed altri), dopo i tentativi di aggregazione della categoria, di quella Accademica attraverso l’A.I.S. e quella di Base attraverso l’A.N.S., la Sociologia italiana, ha subito delle gravi battute di arresto, sia nelle attività che nella ricerca. Tanto, a causa soprattutto di un diffuso disinteresse istituzionale per una Scienza di grande utilità al fine dell’organizzazione e della formazione delle risorse umane, in una Società in fase di grandi cambiamenti e di altrettante grandi trasformazioni.

Una Società in cammino che andava saggiamente analizzata, studiata e seguita nel suo dinamico cammino. Purtroppo, nel corso degli anni, i tuttologi estranei alle Scienze Sociali ed alla stessa professione sociologica hanno compromesso anche il cammino della Sociologia italiana, considerata poco opportunamente, patrimonio di conoscenze e di sapere già applicate dal mondo sindacale, dal mondo politico e dal mondo della comunicazione. Soprattutto il mondo politico ha fatto in modo che la Sociologia, inizialmente voluta in Italia per formare i quadri della Democrazia Cristiana (Piccoli a Trento), (De Mita in Campania – Napoli,Salerno), non avesse un ruolo di Scienza correttamente applicata alla Società del nostro Paese per studiarla e migliorarne i comportamenti e le facili strumentalizzazioni di vedere i Sociologi come terroristi e come nemici giurati del potere negli anni di piombo; tanto, unitamente al qualunquismo diffuso di considerare il Sociologo come un “tuttologo chiacchierone”, hanno creato e diffuso il virus dell’ostilità istituzionale nei confronti della Sociologia italiana. La società italiana ha subito dei grandi cambiamenti; a partire dagli inizi degli anni settanta è stata interessata da una serie di nuove opportunità di partecipazione attiva (scuola, sanità, territorio, per farne una società moderna in epoca post-industriale e di grandi cambiamenti. Si trattava di opportunità importanti,in quanto al centro di tutto c’era il cittadino,nel ruolo di potenziale protagonista. Si trattava di nuovi scenari anche nelle politiche del welfare, a sostegno dei più deboli,degli emarginati e dei diritti della dignità umana contro le violenze e/o gli sfruttamenti. Il percorso della partecipazione attiva,del protagonismo democratico,della solidarietà sociale verso le fasce deboli del Paese non ha avuto un cammino facile;nel corso degli anni molte delle aspettative sono state cancellate. La solidarietà è andata scomparendo, sopraffatta da atteggiamenti egoistici; il welfare per esigenze di conti pubblici, è stato quasi del tutto cancellato. È così anche il mito della partecipazione è stato addomesticato.

L’appuntamento della società italiana con il nuovo millennio è l’appuntamento con un Paese caratterizzato da grandi disagi, da grande malessere sociale ed economico e da scenari di incertezze sia sul piano comportamentale che dell’identità. Sono, soprattutto, i giovani che mancano di certezze, di riferimenti sociali forti e di prospettive di futuro di un Paese moderno e capace di stare al passo con i processi della globalizzazione e di una sempre più crescente mondializzazione.

Cresce nel Paese il dualismo delle condizioni sociali. Le realtà deboli sono sempre più deboli. E’ soprattutto il Sud a vivere le condizioni di più grave disagio. Il mondo giovanile meridionale interessato da una disoccupazione diffusa, non vede all’orizzonte prospettive di futuro, data la mancanza di concrete occasioni di occupazione. Attualmente la società italiana, soprattutto quella giovanile, con rabbia vive una condizione diffusa di grande malessere.

Che fare? Il malessere, il degrado urbano, la crisi di identità ovunque nel Paese, avanzano con prepotenza. La ricerca sociologica, quella seria, può studiare, riflettere ed indicare un’azione realizzatrice, il frutto di una saggia conoscenza dall’interno delle cose.

Questa la Sociologia; questo il suo ruolo oggi nella Società del nostro Paese. Per questo ruolo è importante utilizzare i Sociologi italiani nella ricerca e nell’organizzazione degli spazi sociali. Possono fornire, tra l’altro, percorsi di conoscenza allargata attraverso la documentazione e la individuazione di tutte le opportunità che, al nostro Paese vengono offerte dall’Unione Europea e dal Mondo con cui si interagisce.

La Sociologia è una Scienza che pone come problema centrale, il modo di affrontare i problemi del vivere sociale e della quotidianità umana. Da qui l’importanza del ruolo del Sociologo, studioso dei comportamenti per cui capace di offrire in senso concreto ed operativo, dati e riflessioni, percependo e rappresentando i diversi caratteri contestuali.

La Sociologia nel conoscere le situazioni sociali locali e territoriali, riesce a percepire ed a valutare il comportamento dell’individuo e con esso, l’atteggiamento di ciascuno nei confronti della partecipazione e dei processi decisionali. Le complessità sociali possono diventare risorse compatibili e possono diventare fattori di spinta capaci anche di muovere lo sviluppo. Da qui l’importanza sugli scenari sociali italiani sia della Sociologia che del ruolo del Sociologo nei percorsi di ricerca della conoscenza sociologica, dei valori, delle forme di aggregazione e dei processi relazionali e decisionali. Da qui possono scaturire modelli e processi di qualificazione e riqualificazioni necessari ad un nuovo modello di sviluppo che è vitale per la società italiana del Terzo Millennio.

Il nostro Paese con grande difficoltà affronta oggi i grandi problemi epocali e prima di tutto quelli di una società multietnica ed il non facile rapporto tra l’individualismo e la globalizzazione. Trattasi di problemi estremamente complessi e causa di crisi che affliggono la società del nostro tempo e che pongono con forza l’interrogativo del ”chi siamo” e del “dove andiamo”.

Le Scienze Sociali nell’attuale fase di cambiamenti e di nuovi scenari planetari, hanno un ruolo di grande importanza. Possono fornire all’Uomo nella sua dimensione sempre più globale, le soluzioni possibili dei più importanti problemi sociali, dando risposte ai grandi interrogativi del nostro tempo, quali l’individualismo e la globalizzazione, il frutto dell’azione comune della modernità che deve saper tornare alle origini con la centralità dell’Uomo, oggi tristemente annebbiata dalle mute cose.

Nelle future generazioni, come prospettato dai diversi contesti nazionali ed internazionali, cambierà anche il soggetto dei diritti che non sarà più il singolo, ma l’insieme del genere umano. Nello scenario mondiale, sia nella sua macrodimensione che nella sua microdimensione, la Società del futuro deve sapersi misurare con l’attuale vuoto di orientamento, per il cui superamento occorrono nuovi comportamenti umani che vanno costruiti con l’importante ed insostituibile contributo delle Scienze Sociali e con l’apporto maieutico del Sociologo.