Dove va il mondo globale?

Giuseppe Lembo

Il mondo, nel tempo umanamente nuovo del Terzo Millennio, è sempre più globale. In quanto UOMO con i suoi diritti riferiti alla persona umana, assolutamente inviolabili, in quanto appartengono alla persona e non ad altro? L’etica comportamentale di ciascuno di NOI, essendo parte di NOI, non può essere violata e tanto meno cancellata. Se si pensa a questo, siamo attori protagonisti disumani di un mondo assolutamente disumano. Un’umanità che rappresenta in sé il futuro del mondo in cammino, con alla base la prima ed insostituibile regola che è quella di rispettare l’umanità dell’”altro del mondo” e con questa,  il suo diritto di sentirsi oltre che essere concretamente, un uomo libero, in cammino con gli altri del mondo, in una società del mondo aperta e condivisa e non prigione violenta di diritti negati; di diritti individuali umanamente cancellati per il prevalere di quello spirito maligno che si chiama massificazione delle coscienze, negate, così facendo, all’umanità, sia individuale che collettiva. Il globale non deve prevaricare e tanto meno cancellare l’uomo patrimonio del mondo, con i suoi valori individuali ed i suoi diritti, nel reciproco rispetto umano degli uni per gli altri. Tanto, è necessariamente dovuto anche all’uomo del tempo globale, un tempo nuovo che deve sapersi umanizzare, trasformando l’IO in NOI, con il sacro rispetto dell’IO, patrimonio del mondo. Nessuno e niente, anche nel nuovo tempo del Terzo Millennio, può fare violenza e negare all’”altro del mondo”, il suo diritto inviolabile alla libertà; alla libertà individuale che va garantita a tutti gli uomini della Terra, anche nel tempo nuovo del Terzo Millennio. Le diverse identità del mondo globale sono una risorsa per tutti. Sono una risorsa per tutti nella giusta e saggia condivisione senza prevaricazioni e/o chiusure verso gli altri. Il mondo globale, con i suoi confini da società aperta, deve essere aperto a tutti; tutti devono poterci vivere; tutti, oltre a poterci vivere, devono anche saperci vivere, condividendosi. Devono saperci vivere aprendosi agli altri ed evitando, così facendo, di chiudersi pretestuosamente, facendo e facendosi male. Tanto, è una condizione diffusa di un vivere di insieme solo formale, ma di fatto, sostanzialmente negato agli altri del mondo, costruendo, pur vivendo insieme, rapporti da mondi separati; rapporti disumani da mondi separati. Rapporti disumanamente separati da steccati, pretestuosamente costruiti per difendere inopportunamente la propria appartenenza; la propria identità di appartenenza, rinchiusa nei confini stretti di una profonda solitudine esistenziale da mondi separati o oltre ancora, da mondi negati alla comune ed assolutamente necessaria convivenza di cui nel mondo globale, nessuno può fare a meno; tanto, in quanto, nessuno può negarsi all’altro in quanto uomo della Terra. Mentre vado scrivendo queste cose sulla saggia vita di insieme, universalmente intesa, mi sovviene alla mente un recente episodio di intolleranza umana. È uno dei tanti che, nella quotidianità del nostro Paese, ha alla base la negazione dell’altro o l’inopportuna ed ingiustificata violenza per conservare intatte le radici della propria identità; le radici della propria appartenenza che, soprattutto nel mondo arabo-mussulmano, sono radici inviolabili anche nel mondo globale dove, a capo fitto, si buttano a vivere, vivendo da mondi separati e negati alla costruzione di una comune identità di insieme in quanto uomini del pianeta Terra, con le comuni caratteristiche umane che non uniscono, ma allontanano sempre più, creando situazioni da mondi disumanamente separati, con alla base concreti episodi di violenza e/o di una vera e propria tratta umana per chi non vuole sottostare alle regole della sottomissione senza appello; tanto, così come capita sempre più spesso nel mondo globale del nostro Paese che, globale proprio non è, in quanto ciascuno si sente in diritto di dover vivere nel pieno rispetto dell’identità di provenienza e di quelle tradizioni antropiche, regole di vita inviolabili, da rispettare e/o comunque da accettare subendole, per costrizioni e volontà di altri che ne pretendono il rispetto secondo tradizione. È recente il caso italiano a Torino di un’egiziana quindicenne costretta dalla madre a sposare uno sconosciuto con dieci anni di differenza di età. Siamo ad uno dei tanti casi di “sposa bambina”; non succedono nelle tribali terre di provenienza, ma nella civile Italia, dove c’è il sacro rispetto della persona umana e della sua libertà di scelta, in quanto diritto di ciascuno come persona, a cui nessuno può o deve fare violenza, imponendo con la forza, decisioni e/o scelte non volute; decisioni e/o scelte assolutamente non condivise. È questa una triste regola di mondi separati; di una regola, il frutto di tradizioni antiche. Una regola per effetto della quale ancora oggi nel mondo globale allargato e dalle società aperte, ogni 7 secondi una ragazza di meno di 15 anni di età, viene data in sposa a uomini più grandi di età. Trattasi di “spose bambine” che il mondo familiare ritiene giusto sacrificare nel rispetto di tradizioni antiche da valere anche nel mondo nuovo della globalizzazione da società aperta. Nel mondo, tornando al caso della quindicenne torinese, facendo violenza sui minori costretti a subire, ben 15 milioni sono i matrimoni che hanno una minorenne per protagonista; una su tre, è una minorenne con meno di quindici anni. Tanto succede per tradizione antica; per una disumana tradizione antica, dove non c’è nessun rispetto del minore in quanto persona. I genitori delle “spose bambine”, indiani, marocchini o pachistani che siano, nel ruolo infame di padri-padroni, decidono per i propri figli costretti a subire i controlli sulla loro libera vita, fino alle nozze innaturalmente combinate in un mondo umanamente diverso da quello di provenienza. Occorre, necessariamente cambiare! Occorre cambiare, applicando regole e comportamenti umani rispettosi dei diritti della persona e della “libertà negata”; sempre più gravemente ed universalmente cancellata, cancellando il primo ed insostituibile diritto dell’uomo libero del proprio fare e del proprio agire, nel rispetto delle buone e libere regole di riferimento, proprie del vivere da umanità condivisa che non può più oltre, convivere con le tradizioni che fanno male, tanto male alla persona, un vero e proprio tradimento per le “spose bambine”, vittime di matrimoni combinati. In questo nuovo del mondo, come assoluto e non più rinviabile atto di civiltà, c’è, tra l’altro, il problema sempre più globale, della parità di genere.