San Gennaro Vesuviano: Centro Studi “Michele D’Avino”, nel ricordo di Natale Ammaturo tante iniziative in cantiere

Anna Maria Noia

Il compianto docente universitario Natale Ammaturo, scomparso da pochi mesi – insegnava (negli ultimi anni) Sociologia Generale all’ateneo di Salerno – presiedeva il Centro Studi “Michele D’Avino”. A S. Gennaro Vesuviano, in via Ferrovia 14. Il sodalizio culturale – intitolato a un intellettuale a tutto tondo della zona, appunto Michele D’Avino – è sorto nella primavera del 2014. Attualmente è retto da Tullia Saccheri – una persona molto vicina ad Ammaturo. Il centro persegue fini e scopi di promozione culturale e sociale; propone eventi artistici (anche musicali) di notevole spessore ed interesse, nell’ambito della realtà di S. Gennaro. Questa associazione si occupa di valorizzare i beni materiali e immateriali – storici e monumentali – dell’hinterland di S. Gennaro Vesuviano. Il sodalizio è stato creato sull’esempio di paesi limitrofi quali Roccarainola; Striano; Orte di Atella e così via. Tanti i progetti veicolati in questi anni, tra i quali molti convegni ed altre iniziative. Per commemorare gli epigoni (appunto culturali) di questo comprensorio: oltre a D’Avino, si annoverano tra costoro Francesco Siano, Mario Sbarra, Luciano Pesce, Luigi Nusco, Giovanni Borrelli. Gli argomenti su cui vertono le manifestazioni propugnate dal centro “D’Avino” vanno dall’archeologia alla storiografia, non trascurando l’arte; non disdegnando studi umanistici e “passando” (idealmente) anche per l’attenzione ai beni librari od archivistici – recuperando il patrimonio (libresco e non) della biblioteca comunale. Studi sul territorio, quindi. E non solo. Non è pane per coloro che non usano il cervello, o che son buoni soltanto a parlare – dunque (è citato nella presentazione dell’illustre polo di attività). Invece i soci intendono muoversi affinché, attraverso le copiose iniziative/manifestazioni culturali del “D’Avino”, emergano tante meraviglie della loro e nostra terra. Di un paese, come S. Gennaro Vesuviano, che è spesso associato alla delinquenza o alla criminalità; tuttavia i talenti del comprensorio sono innumerevoli e interessanti: vale la pena soffermarsi sugli aspetti culturali che il centro intende – per l’appunto – illustrare, pubblicizzare ed esaltare. Non sono pochi, certamente! Un esempio dei fermenti in questo polo d’eccellenza può essere costituito dalle ricerche archeologiche. Nel corso del cosiddetto “anno di Augusto”, infatti, i membri del “D’Avino” sono in procinto di mettere in luce l’antico acquedotto romano che attraversa la cittadina. Attenzione anche verso la geologia e la storia, con in primo piano le note eruzioni vesuviane (tra altre) del 1631 e del 1906. Saranno attuate kermesse e/o dibattiti o studi incentrati sulla “funzione” della Cavallerizza e di Ferrante d’Aragona – costui, fondatore del primo nucleo abitativo di S. Gennaro Vesuviano. E, poi, si parla di studiare il chiostro conventuale di tale città, con i suoi affreschi: pitture di diversa attribuzione – in un edificio abitato (già nei tempi passati) da colti frati (quali Diego da Careri; Cirillo Caterino e molti altri). Ma chi è, per la cronaca, colui che ha dato la denominazione alla struttura? È presto detto: Michele D’Avino era un docente e ricercatore del luogo – nato nel 1914 da Luigi e da Teresa Borrelli. Visse la sua infanzia tra le strade di S. Gennaro (e degli altri paesi vesuviani) e la verde Irpinia. Laureatosi in Lettere nel 1936, presso l’università di Napoli – col massimo dei voti – iniziò una proficua carriera nelle istituzioni scolastiche. La sua esistenza fu spesa, per la maggior parte, in ricerche e studi vari. Fu anche preside; concluse le attività lavorative solo nel 1979. Ultima sede di servizio, prima della quiescenza, il liceo classico “Rosmini” di Palma Campania (come preside). Morì a Portici, in silenzio e improvvisamente (inaspettatamente), il 20 novembre 1987. Oltre al profilo di grandissimo spessore, di lui i concittadini e coloro che lo hanno ammirato (o lo ammirano tutt’oggi) ricordano l’umanità e la bontà. Era vicino alla “plebe”, al popolino – ovvero ai semplici, agli umili. Di cui prendeva spesso le parti. Appassionato di temi classici e di latinità (e di lingua e letteratura greca), pubblicò numerose opere – tra le quali saggi sull’antichità, soprattutto inerenti (alla) archeologia. Ecco, per esempio, la pubblicazione “Efebo” – che riscosse grande successo di critica. Un volume tradotto perfino in lingua tedesca. Tra ulteriori studi e ricerche, annoveriamo: “Gli antichi e la morte” e anche “La donna a Pompei”. Si ricordano, ancora: “Campania nobilissima”; “Il tesoro di Boscoreale”; “Le lampade dal Vesuvio”. Si cimentò anche in altri generi – oltre alla ricerca storiografica e archeologica. Tra i libri che – anche – produsse citiamo: “Il mercante di carta”; “Il cantastorie”; “Il romanzo dei D’Annunzio”; “La lupa irpina”. Una delle sue opere più acclamate è senz’altro: “I sindaci di Napoli” – assieme al concittadino e amico Francesco D’Ascoli. Un libro di storia patria, che gli valse grande ammirazione e plauso. In due volumi di 862 pagine. Nella sua esistenza molto variegata, non mancò a Michele D’Avino – cittadino doc di S. Gennaro – il tempo di compiere esperienze politiche: nel 1975 capeggiò una lista unitaria, che vide – cosa rarissima, da tempo – collaborare tra loro le componenti democristiane e comuniste. Le compagini – come è noto – erano di diversa estrazione “sociale” e amministrativa. Antagoniste, se non rivali. Fu eletto sindaco per il ’75-’76; fu ispirato e illuminato, nel suo agire, da Nicola Amore – descritto, tra altri, ne “I sindaci di Napoli”, a cura proprio del successore. Tra gli impegni del suo programma amministrativo, la priorità spettò alla costruzione del cimitero di S. Gennaro – fortemente propugnato da D’Avino. In pratica si occupò di tutto – dall’approvazione del progetto alla resa di un plastico, alla ricognizione dell’area dove sarebbe dovuto realizzare il cimitero stesso; tuttavia vi fu molto ostracismo, da parte delle opposizioni, in merito alla consegna dell’opera. Anche se adesso, grazie all’intellettuale (che avrebbe desiderato essere seppellito nel suo paese – ma non riuscì a vedere il completamento del luogo sacro), questa struttura cimiteriale è realtà. In seguito, il Nostro operò anche per altre iniziative. Oggi, S. Gennaro Vesuviano rivendica orgogliosamente la fulgida figura del grande umanista, che onorò la sua gente con l’ingegno, la cultura, le opere, l’eroismo della sua vita. Quindi Natale Ammaturo e i familiari, che risiedono (anche) a Salerno e operano nella Valle Irno (Mercato S. Severino e dintorni, compresa l’università/campus di Fisciano), hanno inteso proseguire con le attività del centro – illustrandone le manifestazioni anche se la cittadina non fa parte del comprensorio irnino. Come detto sopra, adesso – a patrocinare la realtà partenopea è Tullia Saccheri, che con affetto ha seguito da vicina il compianto prof dell’ateneo di Salerno. Nel lungo elenco di iniziative indette dal centro studi, ecco le più recenti: il ciclo di incontri “Le narrazioni della musica” – con “Una chitarra attraverso i secoli”, a cura dei musicisti Bruno Fontanella ed Emanuele Esposito. Non sono mancati eventi in onore dell’unità d’Italia e dei suoi fautori (nella fattispecie, abitanti e/o “ospiti” di S. Gennaro Vesuviano), con una prolusione del prof Aniello Giugliano su “La congiura di frate Angelo Peluso”, un personaggio del Risorgimento che diede vita (sebbene non da solo) a un sommovimento negli anni cruciali delle guerre di indipendenza in Italia. Oppure tanto altro ancora. La figlia di Natale Ammaturo, Giovanna, auspica che anche dopo la dipartita del docente siano tante le occasioni per vivere la cultura, tra S. Gennaro e – perché no? – S. Severino oppure nell’hinterland salernitano e della Valle dell’Irno.