Proverbi Africani: l’importanza della quantità dei beni

Padre Oliviero Ferro  

La qualità delle cose è ciò che rallegra di più l’uomo africano. Tuttavia, l’esperienza della vita richiede in certe circostanze un numero considerevole, una sufficiente dimensione di cose di cui si ha bisogno. Allora, in pratica, si richiede un equilibrio tra quantità e qualità. Certo, per chi è povero, normalmente questo discorso non crea molto interesse, perché manca dell’essenziale. Naturalmente una famiglia aspira ad avere qualcosa per ora e per il futuro dei figli. E ora vediamo cosa ci dicono proverbi. “La iena ha detto che deve imparare a camminare su tre zampe un giorno nel futuro” (Bambara, Costa d’Avorio) (è un consiglio che dice di accontentarsi del poco che si ha, piuttosto che cercare grosse quantità).

Naturalmente un gran numero di elementi riescono a sollevare un ostacolo. E’ quello che pensano gli Hutu del Rwanda, dicendo “più capre riescono a consumare la brutta erba nel campo” (e aggiungo io, dove passano loro non cresce più erba e impedisce di mettere a dimora le piante nuove). Mettendo insieme piccole unità si aumenta la quantità. Sono sempre i Bambara della Costa d’Avorio “a poco a poco, “poco” diventa “di più”. Se hai già qualcosa, devi essere coraggioso, perché sei sulla strada per averne di più. Si comincia sempre dal poco. Ricordiamoci quello che hanno fatto i nostri genitori per farci felici. “Uno e uno sono i fratelli di dieci” (Luluwa, Congo RDC). Però, non sempre la quantità crea la qualità delle cose. Infatti “troppi odori negli alimenti non ne danno un buon gusto” (Tutsi, Rwanda).

Lo stesso vale durante le malattie, per quelli che pensano che prendendo molte medicine si guarisce più facilmente e in fretta. Ce lo ricordano i Baluba del Congo RDC “Consumare troppi medicinali non vuol dire curare la malattia”. Spesso gli africani ci ricordano l’importanza della cooperazione, del lavorare insieme per aumentare la quantità delle cose, delle forze. “Due piccoli topi valgono meglio di uno grande” (Basonge, Congo RDC). Ci sono momenti in cui tutto il villaggio è chiamato a lavorare insieme per aumentare il benessere di tutti. Ad esempio: si va a lavorare i campi, pulire la foresta, sistemare delle strade, preparare il villaggio per una festa o per l’arrivo di una persona importante, la nomina (“benedizione” del capo villaggio) o altre cose. Tutti si sentono impegnati perchè ciò, direttamente o indirettamente porta beneficio a tutti. Certo, ci sono anche quelli che stanno con le mani in mano, tanto qualcuno darà loro da mangiare. Perché faticare, se già lo fanno gli altri.

Ognuno è invitato a fare la sua parte e questo lo insegna in famiglia, fin da piccoli. Ognuno deve portare il suo contributo al benessere della famiglia. Basta vedere il sabato mattina, tutti (piccoli e grandi) vanno nei campi a lavorare. I fannulloni non sono previsti, anzi vengono additati al pubblico disprezzo. Solo in alcune occasioni ci si riempie la pancia fino a “scoppiare” (come nei lutti o nelle feste). Normalmente si mette in pratica questo proverbio dei Tutsi del Burundi “Serviti” vale meglio di “niente da mangiare” (qualche piccola cosa vale meglio di niente”. E aggiungono i Mashona dello Zimbabwe “Una cattiva freccia vale più di niente” (sapersi accontentare del poco che si possiede). Come dappertutto, anche gli africani hanno dei desideri che sperano di realizzare nel tempo. Spesso si sente questa frase “Mungu akipenda” (se Dio vuole). Loro fanno la loro parte, ma sperano che Dio dia loro una mano, che non si dimentichi di loro.