Mercato San Severino: sito S. Maria de Rota nel degrado

Anna Maria Noia

Oltre ai danni causati dall’usura del tempo e dall’incuria delle istituzioni preposte, a complicare la situazione è giunta – purtroppo –  nuovamente la mano “distruttrice” dell’uomo: si tratta dello stato di degrado ed abbandono che caratterizza l’antico sito di S. Marco (già S. Maria) a Rota – frazione Curteri; il più ancestrale nucleo di Mercato S. Severino. I membri dell’associazione culturale “Troisio de Rota”, durante un sopralluogo nei dintorni del bene, hanno rinvenuto – e documentato, opportunamente, con foto – materiali di risulta, inerti, rifiuti edili ed industriali, lamiere ed elementi di prefabbricazione. È una vergogna, un’umiliazione perpetrata a questi ruderi, che rivestono un ruolo fondamentale per la ricostruzione storica di S. Severino – soprattutto studiandone le vicende di epoca romana ed alto-medievale. Il primo documento in cui si fa menzione della chiesa risale all’anno 803; nel suo atrio si amministrava la giustizia (il cosiddetto mallo pubblico) e venivano rogati gli atti pubblici. È stata quindi una sorta di municipio – nel senso letterale ed etimologico del termine (una basilica, forse. Dal greco, sala del re). Negli anni 1021, 1036, 1042 la chiesa stessa viene definita “pieve”. Un edificio, dunque, che aveva preminenza su altri luoghi di culto minori; con entità giuridica autonoma. Le cosiddette pievi, inoltre, sono ricordate in quanto accessibili dal “popolino”: venivano anche definite “plebane” (a Roma i plebei erano i cittadini non nobili, in quanto a origine). Le plebane si contrapponevano alle cappelle “palatine” – da “palatium”, edificio riservato ai nobili. Altrimenti detti “paladini”. La sua aula, pur rimaneggiata  nel corso dei secoli, conserva ancora tracce di affreschi – alcuni dei quali di notevole rilevanza artistica: ne è esempio il dipinto absidale, nel quale si evince un gruppo di santi. Uno di essi, si suppone, è da identificarsi con S. Marco evangelista – raffigurato con in mano il rotolo dei Vangeli. L’immagine, di scuola cassinense, è databile alla fine dell’XI secolo. In ambito archeologico – inoltre – le recenti campagne di scavo hanno portato alla luce persino le vestigia di una domus romana del I secolo d.C. Per di più, sono state ritrovate ben sette tombe del VI secolo – che hanno reso il sito zona cimiteriale. Il sodalizio “Troisio de Rota” – dall’antica denominazione di S. Severino (il “Rotaticum” era un dazio doganale latino, che ha dato nome alla cittadina di Rota – da sempre al centro dei traffici mercantili) – intendono rivolgersi alla Soprintendenza. Per cercare di preservare almeno queste ultime tracce di una civiltà gloriosa e dignitosa – quella dei tanti popoli (alcuni soggiogati dai Latini) che hanno abitato e vissuto in S. Severino.