L’Italia, dalle “culle vuote” continua a fare notizia

Giuseppe Lembo
La prima ricetta italiana per invertire il grave disagio delle “culle vuote”, ci viene dal demografo Livi Bacci che ritiene urgentemente opportuno anticipare l’età dell’autonomia per i giovani; per i giovani, sempre più testimoni e protagonisti mancati di un futuro oltre che possibile, assolutamente necessario a garantire quell’identità italiana sempre più fortemente in crisi; sempre più fortemente cancellata ed in una grave fase di estinzione, ossia di morte e scomparsa senza resurrezione. Siamo, demograficamente parlando, al disastro Italia. nel 2016 i nati in Italia, sono stati solo 474 mila. È questo, il dato più basso registrato nella storia d’Italia, un dato che, oltre a fare riflettere, ci deve fortemente allarmare. L’Italia, oltre a non crescere economicamente, non cresce di conseguenza neanche nella sua popolazione. Sono sempre meno i nati d’Italia; il dato del 2016, con continuità certa di decrescita demografica infelice anche per il futuro, è un dato allarmante; un dato da record assolutamente negativo. La popolazione italiana cala e diventa sempre più vecchia.   In Italia c’è un modello italiano che può essere preso a riferimento. È il modello Alto Adige dove le culle sono diventate piene e ricche di bambini, il futuro d’Italia, grazie ai servizi ed ai sostegni finanziari alle famiglie giovani. Un buon e significativo esempio italiano che, come evidenziano i dati, ha positivamente funzionato nel piccolo Alto Adige italiano, dove gli incentivi hanno favorito l’aumento della popolazione, con le culle non più disperatamente vuote, ma piene di vagiti di futuro. Mentre in Alto Adige succede questo, nel resto d’Italia le culle italiane continuano a rimanere vuote; continuano a rimanere sempre più vuote. Il tasso di natalità dell’Alto Adige è stato raggiunto in un contesto di ruralità diffusa dove le famiglie numerose sono ancora la normalità e dove, in aggiunta a queste positive condizioni familiari di partenza, ci sono stati gli incentivi (200 euro al mese per ogni figlio con meno di tre anni ed i servizi di supporto, offerti alle giovani coppie, mentre in altre parti d’Italia si pagano a caro prezzo). Le donne che lavorano, soprattutto da parte della provincia di Bolzano (40 mila dipendenti, con due terzi donne), hanno diritto, tra l’altro, ad un’aspettativa fino a due anni. La stessa virtuosità umana e sociale è sostenuta anche da parte del privato con un welfare virtuoso che, così facendo, crea le condizioni favorevoli per chi lavora, a fare dei figli, una grande risorsa per il futuro italiano; una grande risorsa che non può assolutamente essere negata al futuro italiano. Una risorsa che viene riconosciuta sul territorio dell’Alto Adige, ma purtroppo, fortemente negata al resto d’Italia, senza incentivi e servizi di supporto a sostegno delle nascite; si ha il dovere, di popolo civile ed attento al futuro, di fare venire al mondo. Tanto, creando purtroppo e sempre più, gli scenari tristi di un’Italia dalle culle sempre più vuote. L’Italia, negandosi al futuro, è fortemente invecchiata. Gli indicatori demografici dell’ISTAT, rappresentano un vero e proprio campanello d’allarme. Bisogna porre un punto assolutamente fermo al calo delle nascite; si tratta di una vera e propria necessità emergenziale per il futuro italiano; di una necessità, venendo meno la quale, non si può guardare con ottimismo al futuro italiano con il suo pesante fardello dovuto al calo crescente delle risorse umane; tanto, per effetto del continuo calo della fecondità italiana, ridotta a 1,34 figli per donna e con una preoccupante età media delle donne madri a 31,7 anni. Il saldo naturale, tra nati (474 mila) e morti (508 mila) nel 2016, è stato negativo (134 mila) per il secondo anno consecutivo. Gli italiani che vivono in Italia e che fanno parte della popolazione di 60 milioni e 579 mila, al primo gennaio 2017, hanno un’età media di 44 anni e 9 mesi; un’età sicuramente alta. Rappresenta in sé, il grave ed allarmante segnale di un’Italia che invecchia ed ha una popolazione che, così facendo, si nega disperatamente al futuro, alimentando il triste fenomeno delle culle vuote. Fortemente preoccupato per il futuro italiano è il demografo Livi Bacci. Le soluzioni di un “possibile italiano” capace di garantirci al futuro, così come da lui suggerite sono, tra l’altro, nelle prospettive dei flussi migratori ad alta intensità; unitamente a questi ci sarebbe, tra l’altro, l’urgente attenzione italiana per politiche incoraggianti le nuove nascite; trattandosi di politiche dal forte impatto economico, date le gravi condizioni economiche italiane, sono purtroppo assolutamente e sempre più negate; sono purtroppo e sempre più cancellate, cancellando così facendo l’Italia al futuro.  Sono poco probabili, se non del tutto negate. Mentre l’Italia soffre per il triste fenomeno della denatalità, la vicina Francia, con politiche di lungo corso a favore delle nascite, avviate subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, con una popolazione pari a quella italiana, ha un numero di nascite doppio rispetto a quello italiano. Il sistema francese virtuosamente, così facendo, ha saputo garantire il futuro della sua popolazione, con un conseguente, efficiente e positivo ricambio generazionale ed una non eccessiva condizione di invecchiamento nella popolazione che, proprio non giova al futuro. Il nostro Paese con la sua popolazione fortemente invecchiata è un Paese dal futuro negato. Nel periodo 2010-2015, l’ISTAT, ha registrato, tra l’altro, che la percentuale di nascite di bambini ogni 1.000 abitanti è stata del 9,3; quella della Francia del 12,7. Perché tanto futuro negato alle nuove nascite italiane? La prima, grave causa delle culle vuote è l’assoluta mancanza di certezze economiche e lavorative. Il mondo giovane italiano è sempre più dal futuro negato. Purtroppo non ha garanzie di futuro; non ha assolutamente certezze. Ha, davanti a sé, una condizione dal fiato gravemente corto; una condizione triste da futuro negato.