Sud verso futuro certo nell’agenda politica di Gentiloni

Giuseppe Lembo

Non ci poteva essere notizia migliore per il Sud. Da tanto lungo tempo attesa, è finalmente arrivata. Il governo della Repubblica italiana guidato da Paolo Gentiloni e con un assolutamente inaspettato Ministro per il Sud Claudio De Vincenti, è finalmente attento a cambiare il Sud. Tanto ha deciso il Premier Gentiloni inserendo il Sud nella sua agenda politica, come priorità assoluta e con l’annuncio a sorpresa del Ministro De Vincenti che ha dichiarato la disponibilità di ben 115 miliardi, risorse utili per superare finalmente il grave gap che ancora persiste nelle due diverse realtà umane, sociali, politiche, culturali ed economiche del Paese. Tanto con un Sud ancora arretrato; ancora fortemente abbandonato a se stesso e sempre più negato al futuro, in crescente contrapposizione al Nord dove si registrano diffusamente migliori e più umane condizioni di vita e dove è crescente il cambiamento e lo sviluppo, con una vita di grande qualità umana, con migliori condizioni individuali e collettive e con sempre più diffuse garanzie, prima di tutto, per i diritti alla persona, a partire dal diritto alla salute, purtroppo e sempre più, un diritto negato e per effetto del quale partono dal Sud, in modo crescente, i viaggi della speranza per migliori e più sicuri trattamenti sanitari. Forse che l’Italia di Gentiloni, vuole lasciarsi alle spalle l’Italia renziana? Quell’Italia renziana in prima linea ed in assoluto, protagonista di una “Annunciazione” di fatto smentita dalle umane condizioni reali del Paese, purtroppo, assolutamente diverse da un “tutto va bene”, stancamente ripetuto senza interruzione di sosta da un Premier oggi ex, convinto che agli italiani e soprattutto ai meridionali abituati alle promesse facili, può essere fatto, sempre e comunque, tutto quello che si vuole, con la certezza che gli italiani ed ancor più i meridionali buoni, ma non fessi, sono pronti, come sempre, ad accettare con rassegnazione le promesse e le sconfitte, appellandosi alla loro familistica rassegnazione del non c’è niente da fare. Quantum abutere? Renzi proprio non sapeva e non sa, forse perché nessuno glielo ha mai detto con le parole giuste che la corda che si tira troppo, tirando, tirando, è destinata prima o poi a spezzarsi. Così è successo anche questa volta. I meridionali ormai stanchi e non più silenziosamente rassegnati, hanno deciso di svegliarsi e  di dire basta. Il voto del 4 dicembre sul referendum Costituzionale ha dato di fatto, un risultato assolutamente inatteso; un risultato da vera e propria rivoluzione silenziosa. E, soprattutto nell’Italia del disagio e della povertà; tanto e soprattutto nel profondo Sud, dove la crescente povertà ed il sempre più diffuso disagio umano e sociale, hanno fatto alzare la testa ai silenziosi “taculacapo” abituati a subire gli abusi disumani del potere padrone anche della carne umana ed ancor più, del loro pensiero e delle loro libere decisioni. I meridionali del soffrire quotidiano, eredi lontani di una dualità italiana sempre più indifferente e dimenticata dai più che governano-sgovernando questo nostro malcapitato Paese, hanno in questa occasione referendaria detto basta. Hanno detto basta, pensando convintamente al loro mondo di provenienza; ad un mondo che nella Costituzione, un bene italiano di tutti, tutti devono sapersi ritrovare e sentirsi uniti, in un cammino di insieme che, oltre alla povertà diffusamente protagonista del Sud, deve saggiamente cancellare anche quella dualità antica che proprio non giova a nessuno; che, così com’è, fa male a tutti, dico a tutti gli italiani, ormai stanchi di vivere da “Cenerentola”, con i “meridionali Cenerentola” d’Italia e l’Italia, altrettanto “Cenerentola” silenziosa e continuamente maltrattata dall’Europa e dal mondo; tanto, in un mondo globale economico-finanziario, indifferente alle povertà ed attento unicamente ad accumulare ricchezza nelle mani di quell’uno per cento che sono i sempre più disumani padroni della ricchezza del mondo egoisticamente posseduta e negata a chi muore di povertà diffusa e quindi di fame, il primo e sempre più aggressivo e violento, nemico del mondo; nemico dell’uomo del mondo e della sua dignità umana.