Ndizi, banana

Padre Oliviero Ferro*

Mangiare una banana in Africa è un’esperienza particolare. Che gusto, che profumo. Non quelle verdi, che non sanno di niente, che si trovano nei supermercati dell’Europa. E’ interessante vedere la pianta, anzi le piante. Sono tutte vicine, quasi a farsi coraggio nel produrre questo frutto delizioso. Quando comincia a farsi il casco, la pianta comincia a curvarsi. Allora è il momento di tagliarlo e di portarlo al mercato. Penso che potrebbe pesare dai 30 chili in su. Di solito, si utilizzano le biciclette. Un giorno ne ho visto uno che ne aveva 10 sulla sua. Non riuscivo a capire come faceva. Certo sudava molto, ma lo faceva volentieri, perché serviva per la vita della famiglia. Dopo che hai messo le banane verdi in un luogo tranquillo, bastano pochi giorni e cominciano a diventare gialle. Allora, sono un po’ come le caramelle. Una tira l’altra. Ma fai attenzione a non mangiarne troppe, altrimenti ci sono delle conseguenze secondarie che richiedono l’intervento della papaie per liberarti…Le migliori sono quelle più piccole, le “kidole”(dito). Sono lunghe come un dito e non ti accorgi neanche di mangiarle, tanto sono buone. Poi ci sono quelle con la pelle rossa e sono buonissime per essere fritte e mangiate con il The.  Le più grandi e più lunghe vengono fatte bollire e accompagnano, un po’ come le patate, la carne. Buone pure queste. Ma dalle banane si ricava anche la birra. Vengono lasciate macerare. Il primo liquido che ne esce, il “mtobe” è dolcissimo. Ma gli uomini (e anche le donne) preferiscono il secondo momento, quando diventa birra. E allora si fa a gara chi ne beve di più. La sete è tanta e escono tante parole, ma tante parole…Da non dimenticare che dalla corteccia dell’albero del banano, vengono fatti dei quadretti, veri piccoli capolavori, che poi vengono venduti. Sono bellissimi e ricordano, con tanta nostalgia, il paesaggio africano.

*missionario saveriano