Sos: salvare il Cilento!

Giuseppe Lembo

Il Cilento è ormai in agonia; il Cilento sempre più privo di risorse umane giovanili, vive il suo assordante presente, con assoluta indifferenza per il futuro. Trattasi di un futuro considerato ormai negato; tanto, ad un punto tale che non si fa niente per evitarne il suo rovinoso corso, a danno di un territorio meraviglioso, abitato da gente con un fare di vita assolutamente buonistico, purtroppo, fortemente individualista ed incapace di attivare i necessari meccanismi di sviluppo, il frutto di un Progetto di vita con alla base le idee condivise degli uomini dei territori. Tutto questo è sempre mancato al Cilento; tutto questo, con l’insipienza del “non c’è niente da fare” ha portato la gente ad arroccarsi in se stessa, vivendo da rassegnata la propria vita, proiettata in un presente destinato ad implodere, così cancellando ai territori ed alla gente, ogni prospettiva di futuro possibile. L’apocalittico presente senza futuro è vissuto con indifferenza anche da chi dovrebbe adoperarsi per produrre cambiamento e sviluppo; purtroppo, niente di tutto questo. Si vive di solo presente, del tutto indifferenti a quel che sarà. Il male che ne consegue è un profondo male oscuro; fa male, tanto male, prima di tutto, alla gente rassegnata e ripiegata su se stessa, con atteggiamenti passivamente assorbenti per tutto quello che le viene imposto e che accetta senza agire e/o reagire. I territori senza la presenza dei contadini che ne erano attenti custodi e guardiani, sono sempre più abbandonati a se stessi e vanno lentamente degradandosi, scivolando a valle. Le acque non più intelligentemente regimentate penetrano nel suolo creando situazioni diffuse di frane e dissesti; tanto, anche per effetto di un crescente disboscamento, senza alternative di un utile ripopolamento arboreo. Le strade sono sempre più impraticabili ed a rischio; molte sono le strade chiuse per frane; per caduta di ponti; per mancata manutenzione. Sempre più abbandonate a se stesse non permettono all’uomo di attraversarle e di percorrerle giornaliermente per raggiungere i diversi punti di un territorio sempre più solo con se stesso, con la diffusa crescita di anno in anno, delle aree improduttive che tornano di nuovo ad essere aree incolte dopo il lungo e sofferto lavoro dei contadini che nel passato le avevano trasformate da incolte a territori coltivati, con le tante colline cilentane olivetate, capaci di produrre in abbondanza l’olio del vivere sano, un elisir di lunga vita, per le sue inconfondibili caratteristiche organolettiche. Ma oltre al suolo sempre meno amico, sono tanti i punti di sofferenza presenti nel sempre più abbandonato territorio cilentano; un territorio, fatto, tra l’altro, di tante piccole realtà umane, con il loro campanile a simbolo della propria gelosa ed intoccabile appartenenza; un simbolo, quello del campanile che, purtroppo, ha complicato le cose cilentane, rendendo sui territori assolutamente difficile un insieme umano coeso e capace di fare rete. E così un mondo bello da vivere, dove era possibile conoscere il meglio dell’ospitalità amica, si è lasciato prendere dai falsi miti di un sempre più falso ed apparente progresso, diventando sempre più, attento protagonismo di una falsa Rete dell’apparire, dove senza dialogo e senza confronto, ciascuno si sente protagonista di un angolo di un mondo dell’apparire, virtuale e reale allo stesso tempo, da far conoscere agli altri, sentendosi così uomini vivi; uomini veri, capaci di comunicare tutto se stessi al resto del mondo. Mentre sono avvenuti questi fatti che hanno influito e non poco sull’umanità cilentana, le condizioni di vita delle singole realtà umane si sono andate lentamente ed inesorabilmente aggravando; tanto, per effetto di un malessere diffuso dovuto ad un crescente disagio antropico, a causa del degrado territoriale, della fuga inarrestabile del mondo dei giovani, dell’incapacità diffusa di dare giuste risposte ai territori, privati, tra l’altro, in tutte le loro parti, delle strutture ed infrastrutture necessarie per poterci vivere. Cancellate le scuole per le culle vuote; chiusi gli uffici postali, perché non più utili a rastrellare risparmi da investire altrove, ridotti e/o del tutto cancellati i trasporti e soprattutto maldestramente eliminati i servizi territoriali socialmente utili, con la demenziale chiusura dei servizi di prima necessità quali quelli sanitari che, come dimostra la chiusura dell’Ospedale di Agropoli, hanno caricato di precaria provvisorietà anche la sopravvivenza delle persone che, con le strade, tra l’altro, sconquassate, sono costrette a morire di Cilento sedotto ed abbandonato.