Wikipedia: 15 anni di conoscenza condivisa (e qualche dubbio)
Amedeo Tesauro
Il 15 gennaio 2001 nasceva Wikipedia, qualche mese dopo sarebbe arrivata anche in Italia, cambiando per sempre il nostro modo di concepire la conoscenza. Sì, non è un’esagerazione, perché Wikipedia è più di un sito internet, è una rivoluzione di quelle che rimangono, appartiene a quel ristretto numero di nomi legati al Web destinati a finire sui libri di storia. Sempre in prima fila tra i risultati quando cerchiamo un’informazione su un motore di ricerca, l’enciclopedia online aperta e libera è ormai il riferimento standard quando si tratta di informarsi, una voce istituzionalizzata dalla consuetudine, quell’indirizzo presso cui siamo soliti soffermarci (quantomeno inizialmente) al momento della ricerca. Quindici anni dunque, quindici anni che hanno definitivamente cambiato il volto della società e delle interazioni umane, e Wikipedia si è ritagliata un ruolo da protagonista. Malgrado le controversie e i dibattiti, i dubbi sulla possibilità di una conoscenza condivisa e riscrivibile da ognuno. Già, perché Wikipedia incarna pregi e difetti di Internet, è il volto perfetto del Web, più di Google, Amazon, Facebook e compagnia, Wikipedia è al centro del Web stesso per il significato che la sua esistenza comporta. Ricapitoliamo: enciclopedia formata da liberi interventi, moderati e visionati, quindi una conoscenza che emerge da contributi volontari, in definitiva un sapere figlio della collettività, col risultato di uno scambio di informazioni che arricchisce tutti. Il sogno degli ottimisti del Web, di chi ha teorizzato internet come piazza virtuale in cui la partecipazione attiva dà vita a uno scambio finalizzato all’arricchimento: io diffondo la mia conoscenza, in cambio ho accesso alle informazioni aggiunte da altri utenti. E la qualità delle informazioni? Uno dei nodi cruciali su Wikipedia e il suo funzionamento riguarda la bontà del suo sapere, figlio come detto di una scrematura dei contributi collettivi. Ma la qualità emerge davvero dalla quantità? Jaron Lanier, informatico e saggista statunitense tra i più acuti, ha impietosamente denunciato i limiti di quello che ha definito “maoismo digitale”, attaccando il principio secondo cui la conoscenza possa essere figlia della “saggezza della folla” piuttosto che del parere critico e verificato di un singolo esperto in materia. Banalmente: meglio una voce di un’enciclopedia su carta, scritta da un esperto nel campo, o meglio una voce di Wikipedia riveduta da più persone? La conoscenza di Wikipedia corre il rischio di essere nulla più che una ripetizione delle opinioni più popolari e condivise, marginalizzando le interpretazioni critiche che solo un vero esperto potrebbe avanzare con cognizione di causa. Il lato oscuro di Wikipedia coincide col lato oscuro del web: limiti nella veridicità delle informazioni, sensazionalismo della loro presentazione, pericolo di un “effetto gruppo” che bandisce la discussione critica, e altro ancora. Niente da festeggiare, quindi? No, no, è indubbio che la questione vada pesata. Wikipedia, per la sua facilità d’utilizzo e la sua popolarità è spesso il primo risultato che incontriamo, e come tale può aprirci le porte per il sapere, tuttavia non va presa alla lettera e mitizzata come fonte ufficiale. Informarsi, leggere, capire, ma senza concedere il patentino di verità assoluta, verificare le fonti e comprendere davvero, scavare in profondità. Praticamente quello che stiamo imparando a fare con il Web tutto, tra bufale, false informazioni e mezze verità.