Avellino: Andis, ODG conclusivo approvato all’unanimità dal consiglio nazionale

Altro che preside sceriffo! Ruolo e funzioni del dirigente scolastico nel nuovo quadro normativo per una scuola dell’autonomia e della condivisione. L’ANDIS esprime la sua profonda preoccupazione per i toni che sta assumendo la discussione del DDL detto della “Buona scuola”, troppo spesso riportato ad una sorta di referendum su un profilo professionale del dirigente scolastico, ridotto grottescamente ad un ruolo di padrone-sceriffo, vocato all’autoritarismo e persino alla corruzione.Questo modo di rappresentare la complessità delle questioni suscitate dal progetto di riforma, oltre ad essere veramente offensivo della pratica professionale reale dei dirigenti oggi, impedisce di entrare davvero nel merito di questioni che l’Andis aveva proprio nel suo ultimo congresso individuato come centrali.

a) La necessità di rilanciare l’autonomia didattica, organizzativa e finanziaria delle scuole, fondata sulla capacità delle istituzioni, singole e in rete, di costruire risposte alle richieste della comunità locale e nel rispetto dell’unitarietà del sistema nazionale.

b) La necessaria ripresa di una politica di investimenti, a partire dalla realizzazione di
un organico senza sacche di precarietà e non più disegnato sulla rigidità dell’orario
di cattedra, ma finalizzato al Piano dell’offerta formativa, con le necessarie
caratteristiche di flessibilità e di individuazione delle competenze necessarie.
Proprio la normativa più recente in materia di riforma degli ordinamenti, sia nelle
Indicazioni per il primo ciclo, sia nelle Linee guida degli Istituti tecnici e
professionali, sia (per quanto in misura minore) nelle Indicazioni per i Licei, è
caratterizzata dall’allargamento degli spazi di flessibilità organizzativa,
dall’affidamento alla comunità professionale dei docenti della progettazione
formativa e dal rapporto con il territorio, indispensabile per sviluppare una didattica
fondata su compiti di realtà. Tale impostazione risulta contraddittoria rispetto alla
totale rigidità degli organici.
c) In questo quadro sono necessari la chiarificazione e la piena valorizzazione, nel
governo della scuola, delle funzioni di indirizzo e di gestione. Le prime
appartengono agli organi collegiali; le seconde appartengono alla responsabilità
del dirigente, anche per quanto attiene alla costruzione degli ambiti di
coordinamento organizzativo e didattico.
d) L’introduzione di elementi di valutazione e di riconoscimento del merito di tutto il
personale della scuola, a partire dal dirigente, che non può non aver riconosciuto
un ruolo, per quanto non esclusivo, nella valutazione dei docenti.
f) La messa in sicurezza delle scuole con un piano credibile, efficace e controllato di
sviluppo dell’edilizia scolastica.
E’ innegabile che Il progetto sulla “Buona scuola” ha sollecitato una
appassionata discussione proprio in ordine a questi temi e potrebbe costituire
una inversione di tendenza, contrariamente a quanto sostenuto da una
rappresentazione aprioristica che fa leva su ansie, problemi e sospetti, per
altro ampiamente giustificati dalla pratica governativa degli ultimi anni, fondata
sul taglio sistematico e continuativo delle risorse destinate al sistema
educativo.
È tuttavia parimenti evidente che la traduzione in disegno di legge del progetto
originario ha però, in vari punti, suscitato molte perplessità, che hanno portato ad una
serrata critica, alla quale hanno partecipato, a vario titolo, le varie componenti del
mondo della scuola e – certo in maniera non contrattuale – le stesse organizzazioni
sindacali.
L’ANDIS ritiene che la fonte principale di equivoci sia consistita nella mancanza di
chiarezza tra le funzioni di indirizzo e di gestione. Si tratta di una questione decisiva
che aveva già trovato una soddisfacente formulazione unitaria alla fine della scorsa
legislatura e che doveva perciò essere oggetto di una delega dalla scadenza
brevissima. La stesura del piano triennale dell’offerta formativa, per esempio, non può
chiaramente essere del solo dirigente, come pure non può essere a questi attribuita la
responsabilità tecnica delle scelte metodologico-didattiche. L’ individuazione dei
docenti cui conferire l’incarico di entrare a far parte dell’organico funzionale, deve
perciò discendere dai profili professionali necessari indicati nello stesso piano, e non
apparire una “chiamata diretta” da parte del solo dirigente.
La stessa valutazione del merito non può essere attribuzione del solo dirigente, ma
deve prevedere un’istruttoria collegiale, sulla base di criteri almeno in parte indicati
nazionalmente, a partire da una necessaria ridefinizione legislativa della funzione
docente. Ma, certamente, il tema della valutazione è, nel suo complesso, quello su
cui maggiore è la distanza tra il progetto originario e il testo del decreto e che suscita i
maggiori interrogativi, anche in considerazione della necessità di affrontare la
questione di una vera e propria carriera docente.
Veniva invece positivamente mantenuto il rapporto tra piano straordinario di
assunzioni e istituzione dell’organico funzionale, con il relativo progressivo
incardinamento della titolarità a livello territoriale, che rappresenta la garanzia per cui
il provvedimento non diventi solo l’ennesima sanatoria ma un vero elemento di
riforma. Nel merito sono state avanzate molte obiezioni, per esempio quella
dell’ingiustificata esclusione degli idonei dell’ultimo concorso, ma certamente è, a
nostro avviso, positiva sia la decisione di aprire a un concorso riservato agli abilitati
della seconda fascia, sia quella di chiudere per sempre le graduatorie permamenti.
Naturalmente, a condizione che si sia poi in grado di bandire davvero
tempestivamente ed annualmente i relativi concorsi, unica garanzia della non
riproduzione del precariato. Indispensabili apparivano, ancora, precisazioni sulle modalità di svolgimento dell’anno in prova.
Per quanto riguarda la formazione in servizio, veniva finalmente sciolta l’ambiguità
del diritto-dovere alla formazione dei docenti, statuendone l’obbligatorietà.
Purtroppo, come rilevato in capo a queste considerazioni, l’esito della discussione
è venuto divaricandosi nell’ultimo mese: da un lato, un lavoro emendativo che
consideriamo in buona parte positivo anche se certamente ancora insufficiente e
comunque accompagnata da una modalità comunicativa approssimativa; dall’altro
una protesta, come espressa dallo sciopero del 5 maggio, che, insieme a tensioni e
preoccupazioni giustificate, esprime vere e proprie deformazioni della realtà del
disegno di legge e della fisionomia della dirigenza ivi delineata.
A fronte del testo in discussione in queste ore in parlamento, l’ANDIS sottolinea
perciò, in primo luogo, l’idea di scuola come delineata nell’art. 1, comma 3:
“La piena realizzazione del curricolo della scuola […], la valorizzazione delle
potenzialità e degli stili di apprendimento di studentesse e studenti nonché
della comunità professionale scolastica con lo sviluppo del metodo
cooperativo, nel rispetto della libertà di insegnamento, per incrementare le
conoscenze disciplinari e didattiche e le competenze, la collaborazione e la
progettazione, l’interazione con le famiglie e il territorio”.
1) Va detto con chiarezza che tale concezione non è compatibile con una concezione
e una pratica della dirigenza tutta e solo burocratica o manageriale, quale purtroppo
ancora serpeggia e che affiora platealmente nelle rappresentazioni di stampa, ma si
può realizzare solo attraverso una leadership partecipata e diffusa del dirigente, che
deve presidiare l’area dell’organizzazione e della gestione, finalizzata al
raggiungimento degli obiettivi formativi e didattici posti dagli organi collegiali e propri
di quella specifica autonoma istituzione. Questa è l’idea di “management per
l’apprendimento” che ci appartiene e che sola può sostenere un quadro normativo
come quello delineato dal disegno di legge.
2) Solo in questo quadro ha senso un meccanismo come quello del piano triennale,
dell’organico funzionale e della responsabilità che il dirigente non può non avere nella
coerenza tra elaborazione dell’istituzione scolastica e la individuazione delle risorse
umane necessarie. Da questo punto di vista occorre che la norma definisca con
chiarezza competenze e responsabilità degli organi collegiali e del Dirigente.
Il Consiglio di Istituto definisce infatti gli indirizzi e il Collegio dei Docenti, presieduto
dal Dirigente scolastico, ha competenze esclusive per quanto attiene le scelte
educative, metodologiche e didattiche.
Quanto elaborato da questi organi rappresenta un vincolo per tutta la comunità
scolastica e per il Dirigente, che su questa base definisce i fabbisogni e gli ambiti
organizzativi.
3) Allo stesso modo, non è possibile evitare di riprendere in un testo normativo la
revisione della governance scolastica, delineando un quadro che, definendo gli ambiti
della gestione, chiarisca e delimiti i poteri e le responsabilità del dirigente, anche in
ordine alla scelta delle funzioni di coordinamento organizzativo e didattico (per
svolgere le quali deve essere esplicitata la possibilità di assegnare distacchi parziali o
totali dall’insegnamento, con la messa a disposizione dell’organico aggiuntivo dei
posti resisi liberi).
4) In tale contesto, va anche chiarito il problema della composizione del Comitato di
valutazione. Se risulta, infatti, utile e necessario l’apporto di un’analisi della
percezione degli utenti attraverso opportuni strumenti di rilevazione, appare
profondamente scorretta, sul piano del metodo, l’inclusione di rappresentanze non
tecniche (genitori e studenti) in un organismo che dovrebbe invece esprimere il
massimo di competenza professionale. Ciò anche in considerazione del fatto che la
valutazione può anche non essere positiva e che non possono non essere previste
misure e sanzioni conseguenti.
5) La costituzione delle Reti, che gioca un ruolo fondamentale nella definizione
dell’organico funzionale e a cui dovrebbero essere affidati anche servizi di tipo
amministrativo, dovrà seguire le indicazioni di linee-guida elaborate entro 120 giorni
dall’approvazione. È fondamentale che il percorso di formulazione di tali linee veda
un’interlocuzione continua con l’associazionismo professionale dei dirigenti al fine di
garantire la praticabilità operativa delle soluzioni prospettate.
6) L’attenzione, estremamente positiva, per il rapporto con il mondo del lavoro e la
generalizzazione dell’alternanza deve essere accompagnata, oltre che da misure
adeguate di ordine finanziario, pure oltre i 100 milioni annui previsti, anche e
soprattutto dalla semplificazione degli adempimenti amministrativi e da accelerazione
dei tempi di finanziamento.
7) Valenza generale di impianto si riconosce alla possibilità di versare il cinque per
mille della dichiarazione annuale dei redditi. Se da un lato questa possibilità
certamente amplia le risorse disponibili per la scuola, dall’altro rischia di privilegiare le
zone più forti. Appare, pertanto, indispensabile che venga elevato il limite, attualmente
previsto nella misura del 20%, per il fondo di compensazione.
8) Va, infine, sottolineato un elemento che tocca direttamente le condizioni materiali di
vita e di lavoro dei dirigenti. L’art. 9, infatti, prevede un modesto riconoscimento
economico, in parte una tantum, che rischia di essere però interpretato come
riconoscimento di “poteri nuovi”, di natura esenzialmente aziendale. In realtà, tali
poteri non sono affatto “nuovi”, e l’ambito in cui risolvere la questione salariale dei
dirigenti scolastici non può che essere il loro pieno inquadramento nella dirigenza
pubblica, con i caratteri speciali derivanti dalla natura assolutamente originale
dell’istituzione scolastica.
9) Va detto, infine, con assoluta chiarezza, che elemento centrale e imprescindibile
per l’applicazione delle norme è il rispetto della disposizione, già esistente e disattesa,
sulla regolare e tempestiva emanazione dei bandi di reclutamento dei dirigenti
scolastici, chiudendo definitivamente i contenziosi pendenti.
L’ANDIS ritiene che su queste basi sia possibile e necessario ricostruire uno sforzo
unitario di tutte le componenti scolastiche per l’applicazione di norme che certamente
esigono un impegno forte e condiviso. Non basta una legge per innovare, occorre la
costruzione di pratiche reali, non basate su rappresentazioni mitiche che generano
solo conflittualità insanabili e preannunciano inestricabili contenziosi.
IL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’A.N.DI.S.