50 sfumature di un corteo

Amedeo Tesauro

La visita milanese di Angelino Alfano alle forze dell’ordine attive durante il corteo No Expo ha offerto della sana ironia ai suoi detrattori. Di fronte alla platea il ministro degli Interni ha enfaticamente lodato l’operato di poliziotti e vigili (“bravi, bravi, bravi”), non esattamente la reazione che tanti hanno avuto nei confronti degli avvenimenti del primo maggio, giorno d’inaugurazione dell’Expo. Alfano sceglie il “male minore”, meglio aver lasciato fare i Black block sviandoli dal centro che aver attaccato e lasciato per strada feriti e forse il morto, perché in fondo l’Expo dura sei mesi e ci fosse scappato il morto sarebbero stati sei mesi di tensione. A qualche giorno dai fatti si può dire che la strategia non ha mediaticamente pagato, buona parte dell’opinione pubblica vede una sconfitta lì dove Alfano vede una vittoria. Gridare alla vittoria pare esagerato, tuttavia la scelta del non intervento per quanto non compresa scatena un dibattito vivace, multisfaccettato. Tra i media non è mancato chi ha supportato la gestione delle forze dell’ordine, rimembrando altre piazze e altri scontri, memore della recente sentenza sulla Diaz e del ricordo di quel G8 dove tra una carica e l’altra la disorganizzazione regnava sovrana. Dall’altro lato c’è chi ha rimpianto il pugno duro del passato, quando la polizia poteva fare di più, salvo poi fare di più e domandarsi se legittimamente fosse giusto agire in questa maniera; del resto si sa che quando si invoca maggiore durezza si rischia sempre di intraprendere una china pericolosa. Esisteranno anche le mezze misure però, che si potesse attuare qualche altra azione atta a limitare lo sfregio alla città viene naturale pensarlo, giacché non si tratta di un’esplosione di violenza imprevedibile e inattesa, l’apertura dell’Expo era il D-Day in cui lo scontro era preventivabile e scontato; in tal senso il “male minore” sa davvero di beffa. Sa di beffa anche per i No Expo non violenti, quelli del corteo pacifico messi sullo stesso piano dei Black block, disprezzati come boicottatori del grande evento e privati di ogni argomentazione. Si è scatenata un’ovvia retorica su come i primi a essere danneggiati dagli scontri siano i manifestanti No Expo pacifici, le cui ragioni non hanno minimamente fatto capolino nei servizi dei telegiornali e negli editoriali dedicati ai fatti. C’è stata però anche autocritica, un dibattito sulla possibilità oggi di gestire un corteo, sul servizio d’ordine interno, su come agire in piazza quando si ha la consapevolezza che questa sarà invasa da uomini in nero che finiranno per sfasciare tutto al di là di ogni rivendicazione. I fatti dell’Expo hanno sì offerto desolanti immagini di devastazione, allo stesso tempo hanno movimentato tante ragioni da interrogarsi sul serio sul complicato rapporto tra il diritto di manifestare, la gestione delle forze dell’ordine e la maniera di combattere la deriva violenta sempre in agguato.