Movimento Automobilisti Vessati: Nino Marazzita difensore poliziotto multato e denunciato da Polizia a Ostia, intervenuto per servizio

Alcuni mesi fa il nostro movimento aveva reso nota una vicenda alquanto paradossale, in cui un poliziotto sarebbe intervenuto fuori dal servizio a Ostia, seguendo le prescrizioni imposte dai doveri di istituto, per bloccare un’automobilista che aveva commesso una violazione molto grave delle norme del codice della strada, ma nel frattempo era giunta una volante della Polizia di Stato che, non solo gli aveva ritirato la patente, ma l’aveva anche denunciato. Avevamo chiesto l’interessamento di varie cariche istituzionali, ma purtroppo finora non sembra che la loro sensibilità sia stata sollecitata da un’esigenza di verità che a nostro avviso è più che necessaria, anche alla luce delle ombre aleggianti sulla vicenda, che va casualmente e inevitabilmente a intersecarsi con un’altra indubbiamente più dolorosa, su cui sembra gravare l’azione di  un clan mafioso del litorale, di cui il poliziotto in questione fu vittima, essendo stato minacciato e aggredito da un esponente di spicco del clan stesso. Ma soprattutto perché siamo vicini all’operato delle forze dell’ordine, di cui riconosciamo e sosteniamo il ruolo fondamentale nel mantenimento del nostro assetto democratico e qualsiasi sospetto sulla gloriosa uniforme della Polizia di Stato deve essere immediatamente spazzato via, per garantire quell’imprescindibile fiducia che i cittadini devono necessariamente nutrire verso l’istituzione cardine dello stato di diritto. E in questi giorni apprendiamo con grande piacere che a difendere l’agente sarà il più famoso penalista d’Italia, l’avvocato Nino Marazzita, noto per aver partecipato, con la sua alta professionalità, alle pagine giudiziarie più tristi e oscure della nostra storia patria, dal delitto di Aldo Moro e degli agenti della scorta all’ omicidio di Pier Paolo Pasolini (avvenuto per ironia della sorte proprio a Ostia), e reso celebre anche per la costante presenza, in qualità di giudice, nella trasmissione Forum, condotta da Barbara Palombelli su Canale 5, quella stessa trasmissione che ha fatto la fortuna di personaggi come Rita Dalla Chiesa e Paola Perego. Per esercitare quel vizio della memoria che ci contraddistingue, a fronte dell’italica tendenza sempre a dimenticare e passare oltre, riproponiamo di seguito la presunta ricostruzione della vicenda così come l’abbiamo pubblicata quando abbiamo deciso di divulgarla.

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Un poliziotto sarebbe intervenuto fuori dal servizio, mentre si recava al lavoro, per bloccare un’autovettura che aveva appena consumato una grave infrazione al codice della strada, ma giungeva una volante della Polizia che gli ritirava la patente e lo denunciava. La vicenda, che appare alquanto surreale, si è consumata nel dicembre 2012 nei pressi di Ostia, ma ora, alla chiusura delle indagini preliminari, il nostro movimento ha deciso di renderla nota. Ci sembra doveroso, visto che da sempre difendiamo strenuamente l’operato delle forze dell’ordine, pilastro basilare del nostro sistema democratico, cercare di contribuire a fare chiarezza su un evento che , aldilà del reale svolgersi dei fatti, merita la dovuta attenzione e riflessione su dei punti, a nostro avviso dubbi, che presenta, e nella vicenda in sé, ma soprattutto in vicende di contorno con cui va inevitabilmente a intrecciarsi, e per fare ciò chiediamo l’interessamento di tutte le realtà associazionistiche, movimentistiche e partitiche, al fine di dare il maggior risalto possibile presso la pubblica opinione e l’interessamento fattivo del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, del Capo della Polizia Alessandro Pansa e del Questore di Roma Massimo Mazza.

Andiamo con ordine. Una mattina il poliziotto in questione, in base a quanto dallo stesso dichiarato in atti, durante il tragitto percorso per andare a prendere regolarmente servizio, si trova in fila al semaforo posizionato all’altezza dell’incrocio in cui via del Lido di Castel Porziano si immette su via Cristoforo Colombo. A un certo punto scatta il verde e un’autovettura che lo precede si stacca dalla fila sorpassandola. Una condotta pericolosissima che spesso in quel posto ha provocato incidenti. Il poliziotto un attimo dopo fa lo stesso, “con le cautele del caso” come dichiarerà. La volante, appartenente al Commissariato di Ostia, in fila anch’essa, compie la stessa manovra e, subito dopo il semaforo, ordina l’alt alle due autovetture contestando l’infrazione. Il poliziotto fermato, tesserino alla mano, scende immediatamente dichiarando le sue intenzioni di fermare l’autovettura, contento per la presenza della pattuglia, che avrebbe potuto procedere al suo posto, e immediatamente viene freddato dalla reazione del suo collega, un vice sovrintendente, che gli comunica che avrebbe elevato il verbale di contravvenzione a suo carico con relativo ritiro di patente, contestandogli il superamento dei veicoli al semaforo. Non entriamo nel merito di quanto avvenuto successivamente, in quanto ognuno ha riportato in atti la sua versione dei fatti; il vice sovrintendente, che sembrerebbe essere un simpatizzante di Benito Mussolini, avrebbe detto: “Tu a me per il culo non mi ci prendi, io vengo dalla squadra mobile e non mi faccio prendere per il culo da te”, con l’aggiunta di “oggi non è proprio giornata”, mentre nell’atto di denuncia della pattuglia si legge che l’agente multato avrebbe pronunciato: “Io ho già rovinato l’ispettore ******* e l’ispettore ******** del Commissariato di Ostia  e sicuramente rovinerò anche voi”. Lasciamo a chi di competenza l’accertamento del reale svolgersi dei fatti, in particolare di quest’ultima fase dell’accaduto.

Invece teniamo a sottolineare che i due ispettori cui si fa riferimento, in realtà sono due ispettrici che, in servizio nella notte a cavallo tra il 4 e il 5 luglio 2007, furono protagoniste di una vicenda dai contorni poco chiari insieme allo stesso poliziotto multato che, come affermato in atti “era stato costretto a vergare una relazione di 18 pagine all’ex dirigente del suo commissariato dott. Rosario Vitarelli”. Sembra che l’agente avesse subito un tentativo di investimento da parte di una persona in rapporti con il tristemente noto clan mafioso Spada di Ostia, nei confronti della quale aveva presentato delle denunce in precedenza per vari reati. Visto che, a suo dire, il tale era in stato di ebbrezza, questi chiese l’intervento di una volante per farlo accompagnare in commissariato, per denunciarlo in merito all’accaduto e in particolar modo per farlo sottoporre a test alcoolemico. Ebbene, in una notte di luglio, quando sul litorale era in atto una massiccia azione di controllo da parte delle forze dell’ordine contro alcool e droga, le due ispettrici pare non siano riuscite a reperire un etilometro, né tantomeno, in alternativa abbiano ritenuto di sottoporre la persona, a cui era stato permesso di restare con la moglie al suo fianco durante la permanenza in commissariato, a esame ematico in ospedale. Per di più, non si comprende come e da chi, notizie altamente riservate e coperte da segreto d’ufficio, sia relative agli atti di quella notte, sia relative all’attività professionale e financo allo stato di salute del poliziotto, furono riferite all’avvocato del fermato che ribaltò a suo favore la vicenda denunciando il poliziotto per arresto illegale e calunnia, nonostante non sembra sia mai esistito un verbale d’arresto, mentre la condotta del tizio rimase così impunita, nonostante la presenza di certificati di Pronto Soccorso che attestavano le lesioni successive al tentato investimento. Addirittura anche la moglie, il cui accompagnamento non era stato mai richiesto e neanche era stata mai citata nell’atto di denuncia, divenne magicamente arrestata. Tra l’altro pare fosse già noto che alcuni mesi prima il tizio fermato si era presentato con un autorevole esponente del clan, molto conosciuto  alle cronache giudiziarie, sotto casa del poliziotto per minacciarlo e malmenarlo insieme al fratello con un bastone, la cui conseguente denuncia giace presso il Giudice di Pace, per il mancato sequestro del bastone da parte della volante intervenuta nell’occasione. Suona davvero curioso leggere dalle cronache degli strepitosi successi ottenuti contro il clan Spada (l’ultimo qualche giorno fa) da parte di commendevoli e valorosi uomini del Commissariato di Ostia, con cui ci complimentiamo, essere a conoscenza del valore di servitori dello Stato che hanno svolto il loro encomiabile servizio presso lo stesso ufficio, alcuni pensionati altri purtroppo deceduti prematuramente (e tra tutti teniamo a ricordare il grande Marino Carosi), e poi constatare che in una notte di luglio due ispettrici appartenenti allo stesso commissariato non siano riuscite a svolgere un’attività banale come quella di sottoporre a test alcoolemico, per motivi indubbiamente plausibili ma che onestamente ci sfuggono, un personaggio in rapporti con il clan stesso.

Per tornare all’episodio dell’infrazione contestata, addirittura l’agente multato è stato indagato anche per falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.) perché “falsamente attestava” nella relazione di servizio redatta presso l’ufficio di appartenenza nella stessa mattinata (per recarvisi è stato costretto a spendere anche i soldi del taxi visto il ritiro della patente) “spinto da comando imperioso e spontaneo di appartenente alla Polizia di Stato, con le cautele del caso, superavo anch’io la fila per valutare come fermare la vettura in parola e contestare l’infrazione consumata”. Onestamente ci chiediamo come si faccia a stabilire se tale dichiarazione sia vera o falsa. Come si  fa a stabilire che il poliziotto non si fosse lanciato in quella manovra per imporre l’alt alla vettura che lo precedeva per censurarne la condotta? Comunque noi gli crediamo. E lo facciamo in virtù del suo curriculum professionale, che è costellato di innumerevoli interventi effettuati libero dal servizio, sempre a beneficio della sicurezza dei cittadini, per contestare svariate condotte illecite, spesso anche a rischio della vita, per sventare furti o per arrestare rapinatori (per questo ha ottenuto anche un encomio). Ironia della sorte, nel 2004, in occasione di un furto sventato a un tabaccaio, quando giunse proprio presso il Commissariato di Ostia per errore fu scambiato per il palo e fu trattenuto fino alle 7,00 di mattina, quando si chiarì la questione. Se tutti i poliziotti si comportassero in questo modo anche fuori dal servizio saremmo indubbiamente più protetti e siamo fieri che ci siano poliziotti così, che ci siano quelli come Filippo Raciti, e  non solo quelli che hanno ucciso Federico Aldrovandi, e noi tutti abbiamo il dovere di tutelarne la dignità e l’onorabilità, altrimenti le cellule sane soccombono e, inevitabilmente, emergono le poche mele marce, che vanno a inficiare l’impegno e il grande senso del dovere della maggioranza. Perché l’agente multato (non ce ne voglia se lo chiamiamo così), con un siffatto percorso lavorativo, questa volta avrebbe dovuto far finta di niente di fronte a un’infrazione così grave e pericolosa? Inoltre, quasi in perfetta coincidenza temporale con l’evento e col notevole disagio subito, anche a causa del ritiro di patente, lo stesso si è ammalato di crisi ipertensiva e, per quanto clinicamente l’eziologia di tale patologia sia multifattoriale, la collocazione temporale non può passare inosservata. Tanto più che la morbosità è scemata dopo alcune settimane, ripresentandosi però, in forma aggravata dopo alcuni mesi, guarda caso proprio in concomitanza del non accoglimento del ricorso al verbale da parte del Prefetto di Roma, deliberazione stranamente avvenuta senza che fosse rispettata la previsione del comma 1 dell’art. 203 del Codice della Strada, relativa all’audizione, per la quale il poliziotto non è stato convocato, nonostante l’audizione stessa fosse stata esplicitamente richiesta.

Tra l’altro dagli atti risulta anche che il poliziotto sia stato multato per l’uso del telefono cellulare durante la guida, intenzione che sembrerebbe essergli stata riferita solo un’ora dopo. Ed è qui che questi avrebbe reagito dicendo che si trattava di un abuso. Il verbale di contestazione parla di telefono cellulare impugnato con la mano sinistra. Peccato che l’agente sia stato colpito in passato da una grave patologia all’orecchio sinistro, ampiamente documentata, e non può parlare tenendo il telefono all’orecchio sinistro, tanto meno guidando, a rischio di finire subito fuori strada. Egli ascolta solo tramite l’orecchio destro. C’è un’infinità di persone che può confermare questa circostanza, nonché delle foto scattate in anni antecedenti all’evento, che rappresentano certamente una coriacea piattaforma probatoria. E d’altronde ci risulta altamente improbabile che un individuo, salvo che sia dotato di un’incredibile dose di incoscienza, possa compiere una manovra così pericolosa, per di più in presenza di lavori in corso e col fondo stradale scivoloso, come specificato in atti, addirittura parlando al telefono cellulare.

Dagli atti emerge che la denuncia sarebbe scattata al termine di tutta la vicenda, che sarebbe durata oltre un’ora, e solo dopo che il poliziotto multato avrebbe chiesto al vice sovrintendente come mai fosse lui alla guida del veicolo, essendo un sottufficiale, invece di occupare il posto del capopattuglia come solitamente avviene. A questo punto questi avrebbe risposto “con un’espressione comportamentale che definirei escandescente, urlando si rivolgeva verso di me pronunciando le seguenti frasi: ‘Chi cazzo sei tu per dirmi chi deve guidare, ora ti denuncio e ti faccio vedere se ti passa la voglia di rompere il cazzo. Datemi un verbale per fare l’elezione di domicilio”. L’agente è stato denunciato inizialmente per minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale. Ciò che ci fa riflettere è la parola “escandescente” riferita a un poliziotto, che ci instilla forte timore per la sicurezza dei cittadini, in un mestiere così delicato e pieno di responsabilità, che sottopone costantemente a tensione e stress. Ci chiediamo, nel dubbio che il termine usato rispecchi esattamente lo stato emotivo espresso in quel frangente, è opportuno che questi lavori per strada armato in mezzo alla gente, o sarebbe magari più prudente adibirlo a mansioni d’ufficio?

In conclusione ci auguriamo che tutta la vicenda non vada a scalfire il senso del dovere del poliziotto multato, che tra l’altro, presso un reparto dove lavorava in passato, sembra abbia subito gravi vessazioni, iniziate dopo una lunga assenza dal servizio a causa di un grave incidente stradale, interrotte nel 2005, nella forma più aggressiva, da una denuncia presentata dallo stesso in procura. Il nostro auspicio è che questi continui ad intervenire, con immutata sensibilità professionale, quando le circostanze ne richiedano l’azione, ed è per questo che ribadiamo la necessità di fare chiarezza, perché, alla luce di quanto scritto nelle pagine della sua storia professionale, indugi o tentennamenti di sorta, che sarebbero anche umanamente comprensibili, rappresenterebbero una sconfitta per tutti i cittadini e un po’ di tutela in meno.