Natale con gli angeli

 don Marcello Stanzione

Lunedì 21 dicembre l’associazione “ il caffè dell’artista” mi ha invitato alle ore 17,30 presso il presidio militare- circolo ufficiali in via san Benedetto n. 6 a tenere una conferenza, aperta a tutti, sugli spiriti celesti.   Il Natale ogni anno ritorna puntualmente il 25 dicembre e ogni volta segnala la sua presenza servendosi di situazioni e circostanze diverse. Come Gabriele portò l’annuncio a Maria e gli angeli avvisarono San Giuseppe e i pastori, così ciascuno viene raggiunto da un messaggio, da un segno, capace di risvegliare l’attenzione su Cristo che nasce. Nella storia della salvezza, Dio da sempre si serve degli angeli come suoi particolari messaggeri. La funzione di messaggero degli angeli sembrava terminare con la venuta dell’Inviato di Dio, colui che non solamente reca la parola di Dio, ma che è la parola Incarnata di Dio stesso, Gesù Cristo. San Paolo lo sottolinea con forza a diverse riprese affermando che gli angeli non sono più ora che i testimoni dell’incarnazione di Cristo (1Tm 3, 16; 5, 21). Questi è oramai l’unico mediatore, il solo ministro della nuova alleanza, e gli angeli non sono altro che i servitori di Cristo.L’evento dell’incarnazione, affermato nella nuova fede cristiana, sta per sconvolgere l’angelologia ebraica tradizionale, riportandola in secondo piano e proponendo al credente un nuovo rapporto nei confronti della trascendenza di Dio. La distanza vissuta dolorosamente tra Dio e gli uomini, distanza che era in parte “addolcita” dal ministero degli angeli, è oramai abolita in Cristo. Dio è uomo, viene nella carne in Gesù di Nazareth. La fede cristiana propone dunque un altro tipo di trascendenza di Dio ed un’altra relazione a questa trascendenza. Questa è una trascendenza d’umiltà e di abbandono, nella gloria della croce di Gesù. Ed il credente è rinviato incessantemente al lavoro del mondo, nel servizio della giustizia e della fraternità, nella prospettiva escatologica d’un regno futuro. L’angelologia tradizionale è allora completamente sconvolta, a tal punto che un pensatore come il filosofo islamista  H. Corbin ha potuto dire che la fede nell’incarnazione del Verbo annunciava la fine dell’angelologia presso i seguaci di Cristo.In realtà le cose sono più complesse. Il pensiero cristiano affermerà con forza, contro tutte le gnosi, l’unica mediazione di Cristo e contesterà il potere degli angeli (Rm 8, 39) che sono totalmente sottomessi a Cristo (Col 1, 16; 2, 15). Ma allo stesso tempo, la pietà cristiana e la teologia patristica assumeranno l’eredità dell’angelologia tradizionale ebraica ed inventeranno una nuova presenza degli angeli presso gli uomini. I Padri, poggiandosi sui dati tradizionali, stanno per “mettere in scena”  un’epopea angelica centrata sull’evento dell’incarnazione. Dio s’incarna per la salvezza dell’umanità, ma anche per venire in aiuto agli angeli preposti all’amministrazione terrestre ma che si sono però scoraggiati perché non sanno più cosa fare per sbarrare le forze del male. Origene, Gregorio di Nissa e Giovanni Crisostomo stanno per sviluppare questo tema pessimistico d’un mondo sull’orlo dell’implosione, al momento dell’incarnazione. E se Dio s’incarna, è per venire in aiuto dei suoi angeli che sono ridotti all’impotenza dalle forze del male (Eusebio di Cesarea, Dem Ev. IV, 10; PG. 22, col. 278d. Origene, Hom. in Lc 12. Giovanni Crisostomo, Hom. in Ep 1, PG. LXII, col. 16). Anche gli angeli della terra accolgono con gioia la venuta del Salvatore. Ma gli angeli del cielo accompagnano anche il Dio che s’incarna e lo servono come Signore. Essi formano presso Gesù un servizio d’assistenza celeste, come lo testimonia l’angelo che viene a confortare Gesù nella sua agonia nell’orto degli Olivi in Lc 22, 43. i testi evangelici testimoniano questo servizio dell’incarnazione e lungo tutta la vita di Gesù, gli angeli appaiono come i ministri ed i servitori di Cristo nel compimento della sua opera. Gregorio di Nazianzio chiama gli angeli degli “iniziati” (mustides) dell’incarnazione. Con Origene e Basilio di Cesarea, i Padri parleranno anche d’una annunciazione agli angeli, precedente l’annunciazione fatta a Maria (Origene, Hom. in Lc 12. Gregorio di Nissa, Hom. Asc., PG. XLVI, col. 693°).Così, anche dopo la venuta di Cristo, e contro il parere dei Padri più antichi, che affermavano la fine della mediazione degli angeli, questi stanno per ritrovare un ruolo di messaggeri delle rivelazioni divine, e Dionigi l’Areopagita ( a cui si ispira Dante) si compiacerà nel sottolineare questo ruolo. Ma il contenuto del messaggio è cambiato: oramai gli angeli annunciano il mistero di Cristo. E se si vuol render conto più esattamente della tradizione cristiana, bisogna dire che il ruolo di mediazione degli angeli è finito e che essi diventano i ministri dell’unico mediatore che è Cristo. Oramai gli uomini hanno accesso a Dio, tramite Cristo, senza la mediazione degli angeli, ma questi sono ancora degli assistenti di Cristo e degli intercessori degli uomini presso Cristo.Una tale messa in scena può lasciarci sognatori. Nondimeno, questa drammaturgia immaginaria, oltre al fatto che mira a recuperare i dati tradizionali dell’angelologia, svela una verità profonda sull’incontro tra la trascendenza di Dio e la pochezza dell’uomo nell’evento unico dell’incarnazione. Che gli angeli si mettano al servizio dell’umanità di Cristo (da ciò i Padri dedurranno che la natura umana è stata soprelevata al di sopra della natura angelica), non dice prima di tutto la nobiltà dell’uomo, ma l’umiltà di Dio. Gli angeli sono sconcertati e meravigliati dall’incarnazione, dicono alcuni testi patristici. E’ rivelato agli angeli un altro Dio diverso da quel Dio in maestà che essi conoscevano. Questo Dio non viene più nella potenza e la gloria, ma nella kenosi, l’abbassamento e l’umiltà, e la sua rivelazione si compirà nella morte ignominiosa di Gesù sulla croce. E si potrebbe facilmente mostrare che, in molti testi scritturistici dove si parla degli angeli, interviene questa meraviglia degli angeli, meraviglia che fa eco alla meraviglia degli uomini.La missione degli angeli si ferma così sulla soglia dell’ultima rivelazione di cui essi non possono essere i messaggeri, poiché è Dio che la realizza diventando un uomo ed assumendo l’umiltà della carne. Questa rivelazione, gli angeli stessi ne sono stupefatti e come interdetti, poiché è a parlare esattamente inaudita: Dio è quell’uomo umiliato, disprezzato e crocifisso. Davanti ad una tale rivelazione, gli angeli non possono che essere stupefatti e diventare come muti, come gli stessi uomini rimarranno increduli davanti ad un tale gesto d’amore di Dio. Tutt’al più gli angeli potranno incessantemente ripetere quello che hanno visto e sentito, come i primi discepoli a loro volta lo faranno. Poiché di quel Dio là, imprevedibile e sconcertante, non si può dire nulla. In una muta adorazione, l’uomo e l’angelo tacciono. Dio ha dato il suo ultimo messaggio, il messaggio perfetto che dice che la parola che si fa carne, la parola che vale come atto, la parola che è Dio stesso. Non vi è più nulla da dire, e gli angeli tacciono quando la parola si fa carne e che la carne diventa parola.Al di là di ogni discorso e di ogni messaggio, è ancora l’arte che tradurrà al meglio quello sconvolgimento operato dall’evento dell’incarnazione, aprendo nuove vie agli angeli in mezzo agli uomini. A Padova, nella Cappella degli Scrovegni, si può vedere una natività di Giotto. La vergine è distesa sul suo letto, guardando il bambino che una donna le presenta. San Giuseppe è seduto ai piedi del letto, immerso in una profonda meditazione. L’asino ed il bue, le pecore sono là, che circondano la sacra famiglia. Un po’ in disparte, a destra, i pastori sono giunti ed offrono il loro omaggio silenzioso al bambino. Nella parte superiore del quadro, un po’ come fregio , passa un corteo di angeli, apparentemente pressati l’un l’altro. Passando al di sopra della madre e del bambino, ogni angelo s’inchina profondamente, con le mani giunte, e scompare immergendosi nell’angolo superiore destro del quadro.Una strana pace emana da questo quadro. Il mondo si è come fermato, fissato in una stupefacente stabilità. Una volta per tutte, il centro del mondo è là, nella figura di quella madre che guarda suo figlio. In quello sguardo amoroso, tutte le parole tacciono, definitivamente. Il Verbo di Dio è diventato carne, ed in quella carne, tutto è detto, fino alla fine del mondo.Anche gli angeli messaggeri hanno finito il loro lavoro. Un’ultima volta, essi sfilano davanti al bambino, s’inchinano profondamente e scompaiono. L’opera che essi annunciavano è realizzata, la storia è finita, aperta sull’infinito, il regno di Dio è là, in mezzo a noi, ed esso è diventato nostro compito. Una volta per tutte, tutto è detto, quello che è stato già detto e che sarà ripetuto fino alla fine del mondo.E’ detto, definitivamente, che Dio è il cuore del mondo, e che i suoi messaggeri l’annunceranno fino alla fine del mondo agli uomini di buona volontà. E’ detto che quei messaggeri non sono che l’irradiazione luminosa di Dio oltre che allo stesso tempo la prefigurazione dell’uomo futuro, quell’uomo che è già là, nello sguardo amoroso della madre. Quei messaggeri sono stati inviati e sono venuti, ed ora sono chiamati a cancellarsi, a scomparire davanti alla realizzazione di Dio nella carne dell’uomo, davanti allo Spirito diventato carne, che annuncia e chiama la realizzazione dell’uomo in Dio, la spiritualizzazione della carne.Alla nascita del Messia Dio riceve una particolare gloria in cielo, e sulla terra per gli uomini inizia l’opera della redenzione. L’angelico inno proclama che grazie alla venuta del Messia i due mondi, divino e umano, si sono avvicinati. Il cielo si è aperto e nella persona del Messia è avvenuta la sua unificazione con la terra. Tale unione dà a Dio gloria e pace e felicità agli uomini.