Astensionismo: Renzi nel vuoto della politica e degli elettori

Amedeo Tesauro

Scontata ma doverosa proclamazione: il vero vincitore delle regionali in Calabria e in Emilia Romagna è l’astensionismo. No, dietro-front, il vero vincitore è e rimane il PD schiacciasassi di Renzi. La sintesi politica del Presidente del Consiglio, affidata a Twitter, non ammette repliche e tira in ballo i numeri delle battaglie vinte negli ultimi mesi: quattro regioni su quattro strappate al centro-destra. L’astensionismo, dice il premier, è problema secondario. Sembra quasi sia passato un secolo dagli inviti al voto e dall’Italia politicizzata delle code alle urne, i non votanti alimentano le analisi più disparate su un fenomeno di volta in volta complesso e ambiguo. La morale sull’astensione pare però superata, i tempi in cui il non voto era bollato come mancanza di senso civico sono stati sorpassati dalla lucida constatazione che il non voto è spesso una posizione precisa, non un semplice disinteresse. Del resto, sottolineano i più arguti, l’assenteismo al seggio indica in una democrazia il punto in cui l’elettore valuta da sé le proprie scelte, una razionalizzazione del voto che subentra alla fede di partito. Il crollo dei grandi partiti di massa della prima Repubblica è stato il crollo di apparati attivi sul territorio nell’alimentare un culto cieco dove si votava in una direzione a prescindere, da lì in poi l’astensionismo è continuamente aumentato. Il flop affluenza in Emilia Romagna, 30 punti in meno rispetto alle ultime regionali, è tanto più grave a sinistra perché verificatosi lì nella roccaforte inespugnabile della sinistra, la regione rossa per eccellenza la cui base non ha mai fatto mancare il sostegno. Stavolta, invece, è proprio la base a disertare il voto, scatenando le consuete polemiche sulla deriva del partito a destra, dando manforte alla minoranza rumorosa PD. Matteo Renzi, però, col piglio deciso che lo ha contraddistinto muove avanti senza incertezze, bolla come secondario l’astensionismo e mette giù quei dati concreti che a guardarli non potresti dargli torto. Eppure un paese in cui i rappresentanti hanno sempre meno rappresentati alle spalle è un paese in cui esiste un disagio, dove il non voto o è voluto dissenso o mancanza di fiducia nella possibilità di mutare le cose. La vittoria a quel punto è davvero monca, moralmente, ma vittoria rimane e dà ancora più forza al premier. Renzi si muove nel vuoto politico, dato dalla figura morente di Silvio Berlusconi e dall’affievolirsi dell’energia grillina, ma anche in quello degli elettori che rinunciano al voto. Tuttavia il dato pragmatico è evidente: chi c’è sta con Renzi, gli altri alimentano una maggioranza silenziosa preda di chi saprà meglio interpretare il dissenso (attualmente Salvini, vincitore in misura ancora maggiore di Renzi). Quanto visto alle elezioni regionali non sarà salutare per la democrazia in generale, ma poco intacca la marcia dell’ex sindaco di Firenze, sempre più giocatore solitario in quello che solo qualche tempo fa sembrava uno scenario affollato.