Cultura e mondo del lavoro: nuova alleanza decisiva per il futuro

Piero Lucia

Nella complessità dei tempi attuali, dopo la fine del mondo bipolare, i conflitti, lungi dal contrarsi, si sono moltiplicati a dismisura. Innumerevoli e sanguinose le crisi regionali, sintomo crudo di un globo instabile ed inquieto, non pacificato e ridisegnato nelle sue antecedenti gerarchie. Con nuovi ruoli, protagonisti e di rilievo, di grandi paesi come Brasile, India e Cina. La crisi dell’economia mondiale, che si trascina irrisolta ormai da troppo tempo, più che congiunturale, appare di struttura e di sistema. E dagli sbocchi assolutamente incerti e imprevedibili. Essa procede ininterrotta dal 2008, polverizzando risorse produttive e innumerevoli posti di lavoro. E’ingenuo ed illusorio immaginare di fuoriuscirne ripristinando logori, già sperimentati e falliti modelli di sviluppo. In tale scenario, l’Italia si propone come realtà d’instabile incertezza, in grave ritardo con le sfide e le necessità dell’ora. Il nostro paese è gracile ed in costante stagnazione, privo di smalto e dinamismo, ancora incapace di avviare una netta, radicale e subitanea inversione di tendenza. Ha perso terreno, in via definitiva, nei tradizionali comparti manifatturieri ed è sempre più marginale nei nuovi settori d’avanguardia della ricerca e dell’innovazione. Estesa è la sfiducia, s’amplia a dismisura la platea di chi appare inesorabilmente condannato ad un avvenire di pura povertà. Milioni di persone hanno visto repentinamente cancellate le proprie aspirazioni ad un futuro di maggiore benessere e di più ampia, personale e collettiva, libertà. E chi avrebbe  dovuto fronteggiare l’eccezionale situazione ha platealmente evidenziato la propria, colpevole e grave inconsistenza ed è rimasto inerte, senza indicare una credibile e vincente prospettiva progettuale. La strutturale assenza di equilibrio finanziario nei conti dello Stato, con il livello insostenibile raggiunto dal debito pubblico, ipoteca drammaticamente in negativo qualsivoglia ipotesi di ripresa dell’economia, minando alla radice la coesione ed il rilancio della società italiana. Priorità assoluta è l’aggressione strutturale alla spesa improduttiva, con  una lotta senza tregua e ad ampio spettro ai molteplici e persistenti fenomeni di corruzione, sprechi e corporativismi che stringono in una morsa asfissiante la società italiana, ostacolandone una qualsiasi, incisiva svolta. Il non aver ridotto, nei decenni passati, il grave divario tra il Nord ed il Sud del Paese, che anzi di recente si è accentuato, è il sintomo più evidente dei limiti e dei fallimenti delle classi dirigenti che si sono nel tempo succedute. Nella Germania unificata, dal 1989 ad oggi, con una grande prova di coesione nazionale, il gap tra l’Est e l’Ovest è stato nella sostanza superato. In Italia, e in specie nel Mezzogiorno del Paese, di converso, la situazione è invece progressivamente divenuta più critica e stagnante. Da decenni il Sud non si configura  più come problema agrario e contadino. Il nodo più intricato e doloroso è quello della gran massa di giovani disoccupati, di elevato livello medio d’istruzione, privi di qualsivoglia prospettiva, d’identità, di vita e di lavoro. Figli di emigrati prima, poi della fitta, stratificata piccola borghesia impiegatizia e delle professioni, più acculturati delle generazioni che le hanno precedute. Il Sud, se valorizzato, è una straordinaria risorsa potenziale, e non un freno ed un ostacolo alla crescita dell’insieme del Paese. Ai giovani del Sud è stato più volte ribadito il concetto secondo cui studiare con profitto era l’unica possibilità per conquistare un futuro di vita e di lavoro decorosi. Una generazione che invece è rimasta dolorosamente in mezzo al guado. La società, anche nelle componenti più evolute, più che aprirsi, ha accentuato l’assunzione di forme di chiusura neo corporative ed è ancora inquinata, in maniera devastante, da sprechi e corruzione e dal peso stritolante di lobby e corporazioni economiche e finanziarie assai potenti. Non premia l’impegno, il merito, le capacità. Ed appare tutt’ora per più versi priva di un valido progetto, un’idea-forza ambiziosa e generale di riferimento.  La carta peculiare dell’Italia, nell’Europa e nel mondo a noi contemporaneo, non può innanzitutto prescindere dalla tutela, valorizzazione e promozione, più piena e sistematica, da troppo tempo colpevolmente eluse, dell’enorme patrimonio storico e culturale, artistico, architettonico, archeologico e ambientale senza eguali nel mondo. L’Italia dispone di oltre 2.500 musei e di circa 12.500 chiese e monasteri. Un giacimento sterminato, di saperi e ricchezze accumulate, tramandato dalle generazioni che ci hanno preceduto e concentrato, in maniera capillare, su un territorio che trasuda, in ogni suo segmento, di storia e di cultura millenarie, tracce indelebili dell’ingegno umano. E’, in sostanza, urgente riscoprire la nostra natura peculiare, di paese dell’arte e della memoria di tutto l’Occidente. La piena rivalutazione di questa straordinaria ricchezza nazionale è impedito da più fattori, in parte decisiva anche dovuti all’evanescenza del ruolo dei Partiti, ombre sbiadite di ciò che sono stati, sempre più simili a meri comitati elettorali, all’indebolimento delle organizzazioni sindacali, da troppo tempo costrette sulla difensiva, all’assenza di un’imprenditoria moderna, in grado di svolgere una funzione competitiva e vincente a livello globale sul libero mercato. In particolare il mondo del lavoro, nella fisionomia non più compatta a lungo conosciuta, esplicita al suo interno grandi frammentazioni e differenze, con forme di tutela diseguali. E storicamente la forza del mondo del lavoro è più incisiva nelle fasi di crescita dell’economia, nel mentre riduce il proprio potere negoziale quando la crisi dell’economia s’accentua in modo più grave e prolungato. Inoltre alcune aree, nel Sud del paese ma non solo, assieme a servizi e ad infrastrutture inadeguati o inesistenti, vedono il sempre più strutturato radicarsi della criminalità organizzata, ostacolo invalicabile a qualsivoglia volontà d’investimento. Più fattori, che hanno concorso al decadimento dello spirito pubblico, sacrificando all’interesse di parte quello generale e collettivo. Di conseguenza, non essendo il tutto risolvibile col richiamo ideologico al presunto effetto salvifico del libero mercato, non sembra esistere alcuna alternativa all’intervento pubblico e diretto dello Stato, tramite un’auspicabile azione rinnovata di governo, aperto ad un raccordo con quella parte, seppur minoritaria, dell’imprenditoria privata più avvertita. Un’azione combinata, che inizi ad aggredire alla radice, con l’avvio di un piano straordinario per il lavoro dei giovani meridionali, la piaga endemica della disoccupazione giovanile che, se non aggredita con urgenza e determinazione, concorrerà ad accentuare, ancora oltre e a dismisura, la persistente frattura tra il centro nord ed il sud del paese, con conseguenze disastrose per il complesso della società. Scelte politiche nette, mirate e comprensibili, di riconversione della spesa, frutto di una corretta analisi aggiornata e di una chiara strategia, con l’individuazione di precise priorità da perseguire, un’azione non schiacciata sulla gestione del quotidiano e della perenne contingenza. Il primario obbligo dell’oggi è ridare alla Nazione una speranza nel futuro! L’uomo si relaziona al mondo con molteplici strumenti, arte, filosofia, letteratura, scienza, tecnologia. E’ il campo delle idee il piano privilegiato su cui per primo va prodotto uno scatto d’impegno collettivo, spingendo per un nuovo progetto di sviluppo innovatore. In questo quadro, frammentariamente tratteggiato, riacquista perciò inestimabile valore il tema della cultura ed della conoscenza. Una cultura, armata di un metodo affinato di lettura del reale, dei molteplici fermenti che in esso pullulano incessanti, non contemplativa, ma capace di concorrere al percepibile mutamento delle cose. Cultura quale potente collante e forza materiale, in grado di innestare processi di permanenti mutazioni, autentico moltiplicatore di opportunità, di crescita e sviluppo economico e civile. La cultura, pur con ambivalenze e ambiguità, ha sempre esercitato un ruolo di rilievo nel dipanarsi della vita umana. L’attuazione di un nuovo processo virtuoso di sviluppo è in ogni caso imprescindibile dalla rimozione di limiti gravissimi, di tipo strutturale. L’inadeguatezza delle infrastrutture, il deficit di ricerca e innovazione, già prima richiamati, spiegano l’insufficienza di un qualificato e moderno tessuto d’imprese d’avanguardia, l’assenza di una diffusa imprenditoria vincente nella dimensione della globalizzazione. Una democrazia nuova e più avanzata non si afferma eludendo tali nodi. Ed inoltre la stessa autonomia della politica è minata alla radice dalla gravissima crisi economico e sociale che persiste. E nuovi, immensi problemi si sommano agli antichi. L’immigrazione, ormai senza controllo, impone con urgenza la fuoriuscita da ogni dimensione angusta e localistica ed obbliga l’Europa ad una visione nuova e consapevole sull’interdipendenza del mondo nel suo insieme.  Al giorno d’oggi, ben più velocemente del passato, tutto immediatamente si consuma, e l’uomo moderno appare più gracile e smarrito, spesso in una relazione solo di superficie col repentino succedersi dei fatti e delle cose. Più di 70 anni or sono, in una fase drammatica in cui il paese era piegato e coperto di rovine, le avanguardie del mondo del pensiero, in sintonia col mondo del lavoro, davano vita ad uno straordinario scatto d’impegno collettivo che consentiva alla Nazionela Rinascita. Oggi, di nuovo, il meglio delle forze progressive del paese, d’intesa tra di loro, mossi dalla fiducia nel futuro, devono assumere su di sé, con decisione, la responsabilità e l’impegno di questa nuova sfida. Ritessere una trama lacerata, realizzare la svolta, è una stringente urgenza ed una necessità.      

 

 

 

 

 

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