Accattonaggio milanese: sfruttamento minorile

   Giovanna Bergamasco

E’ di questi giorni la notizia che gli investigatori della Polizia di Milano stanno eseguendo un’ordinanza firmata dal gip Simone Luerti a carico di più di dieci persone, nomadi di origine romena e appartenenti a due diversi clan familiari, che avrebbero gestito per mesi il racket dell’accattonaggio nel capoluogo lombardo con un giro d’affari di decine e decine di migliaia di euro. Gli accattoni, soprattutto bambini, sarebbero stati reclutati direttamente in Romania, nella zona sud-est del Paese non distante dal Mar Nero, e poi portati a Milano quasi sempre con la falsa promessa di un lavoro in città. Per poi ritrovarsi, invece, a strisciare per terra e mendicare. Si tratta infatti non soltanto di persone con serie menomazioni fisiche costrette a chiedere l’elemosina per le strade di Milano e pestate con violenza se a fine giornata non avevano in mano tra i 30 e i 50 euro; ma anche di altri esseri umani letteralmente venduti come ai tempi dello schiavismo che, sin nell’antichità, veniva utilizzato per le forme di sfruttamento legate alla schiavitù o al lavoro agricolo e di allevamento. E che in seguito, con l’avvento della rivoluzione industriale, portò a un altro genere di schiavismo giacché fu proprio il lavoro minorile ad essere sfruttato su larga scala nelle fabbriche, soprattutto tessili, dove i bambini lavoravano fino a 15 ore al giorno e venivano pagati così poco da non potersi comprare neppure il cibo necessario. Cosa questa che accade ancor oggi in Africa, dove molti bambini lavorano per guadagnare e poter mangiare ma riescono a comprare soltanto un piatto di riso. Tornando dunque alla vicenda di questi giorni e dell’accattonaggio dei bambini a Milano, istintivamente la memoria ci riporta a Charles Dickens e al romanzo della nostra infanzia “Oliver Twist” nel quale viene descritto un mondo, quello di Oliver, non troppo lontano da quello dei nostri giorni che riguarda appunto povertà e criminalità urbana sempre in aumento, per colpa di certa intrinseca ipocrisia di alcuni aspetti della politica sempre più a proprio agio nel tagliare i fondi per le prestazioni dirette a persone con problemi sociali: entrate ridotte, molti figli a carico, disoccupati e quant’altro, mentre questi tagli potrebbero essere applicati ad altri ambiti. Ebbene una tal politica non si rende conto di costruire forse una società futura inadatta ad assimilare la propria storia passata, fatta di quei valori su cui poggiava buona parte della struttura di una volta, perché nel presente si è sempre più spesso privi di ogni radice cui fare riferimento. Ed è forse per queste ultime ragioni se il mondo di Oliver Twist può riproporsi ancor oggi attuale anche se in forme differenti, e perciò sta a tutti noi vigilare con amore e forza sui bambini abbandonati a se stessi e condannati a una vita di soprusi e violenze, esperienze dolorose che faranno parte del bagaglio di tutta la loro esistenza come carico troppo pesante e gravoso da sopportare, giacché avranno coscienza di aver perduto per sempre la spensieratezza dell’infanzia, loro vietata, così come la gioia di una giovinezza luminosa a lungo malauguratamente vessata. Spensieratezza e giovinezza sono infatti le condizioni fondamentali nella formazione di ogni individuo, quando però non vengano tragicamente sacrificate sull’altare in cui domina la sopraffazione della prepotenza contro  chi è dolorosamente indifeso.