San Rocco: il Santo con il cane

 don Marcello Stanzione

San Rocco è sempre raffigurato come il santo con il cane  ed è venerato in quanto protettore contro la peste. Nacque in Francia a Montpellier nel Trecento e secondo la biografia del 1478 del veneziano Diedo, Rocco era il figlio del governatore della città. Della sua vita rimangono poche notizie certe, ampiamente compensate però da un gran numero di leggende che unanimemente lo descrivono come un eroe della carità, un antesignano del volontariato laico, un taumaturgo instancabile, un antidoto contro ogni contagio ed epidemia. Rimasto orfano di entrambi i genitori quando era ancora giovane intorno ai vent’anni, decise di distribuite la sua eredità ai poveri e di vivere da pellegrino. E così si incamminò alla volta di Roma vestito di un corto mantello con un bastone, in testa un largo cappello per proteggersi dal sole e dalla pioggia. Era il tempo in cui la peste nera flagellava l’intera Europa. Durante la sua lunga peregrinazione il giovane francese lottò strenuamente contro il contagio che dilagava per paesi e città sterminando intere popolazioni. Il santo diede prova di un eroico spirito di sacrificio nell’alleviare le sofferenze dei poveri appestati nel lazzaretto di Acquapendente vicino a Viterbo, poi a Cesena, a Rimini e infine a Roma dove giunse attorno al 1317. nella città santa il giovane pellegrino alternava la preghiera all’assistenza agli ammalati che spesso guariva con il solo segno della croce. Proprio a Roma, nell’ospedale di Santo Spirito incontrò il cardinale Angelo de Grimoard, fratello di papa Urbano V, così vivamente impressionato dalla testimonianza di carità offerta da quel giovane pellegrino da volerlo ospitare nel suo palazzo. Anche il cardinale avrebbe poi sperimentato direttamente i poteri taumaturgici di Rocco quando venne contagiato dalla malattia e lui lo guarì miracolosamente. La Vita racconta anche un altro episodio rimasto indelebile nell’immaginario devoto anche perché ha contribuito a fissare i tratti iconografici del santo legando la sua immagine di pietoso guaritore a quella del cane. Rocco era appena tornato in Francia e quando seppe che a Piacenza era scoppiata un’epidemia di peste decise di raggiungere al più presto la città emiliana dove rimase egli stesso contagiato. Ben presto si rese conto che un bubbone stava minacciando la sua salute e decise di ritirarsi senza indugi in un luogo solitario per non contribuire alla diffusione del contagio e  per non costringere altri a occuparsi di lui. Si nascose in una capanna vicina al fiume Trebbia, in una ,località chiamata Sarmato, appartenente ai possedimenti del nobile Gottardo Pollastrelli che viveva in un castello molto vicino. Uno dei cani del signore un giorno scoprì il giovane malato e cominciò a prendersi cura di lui portandogli del cibo che furtivamente sottraeva alla mensa del padrone. Questi, accortosi dello strano comportamento dell’animale lo seguì  così scoprì la toccante verità. Il giovane appestato scongiurò il nobile piacentino di allontanarsi e di abbandonarlo al suo destino, ma ogni preghiera fu vana. Gottardo curò Rocco fino alla completa guarigione rinunciando piamente agli ozi e ai privilegi della sua condizione per portare a termine la sua opera di misericordia. Una volta guarito, il santo riprese il suo cammino verso nord facendo una sosta a Novara dove altri malati avevano bisogno delle sue cure e giunse infine sul lago Maggiore. Doveva svolgere una missione ad Angera per conto dell’amico cardinale de Grimoard ma, sospettato di essere una spia, venne arrestato. Passò gli ultimi cinque anni della sua vita in quello stesso carcere dove morì il 16 agosto di un anno incerto che secondo alcuno corrisponderebbe al 1327, mentre altri considerano molto successiva la morte del santo. Secondo un’altra variante agiografica Rocco sarebbe tornato a Montpellier e arrestato in quanto considerato un pericoloso vagabondo. Il giudice incaricato di interrogare Rocco era in realtà suo zio Bartolomeo Rog che non riconobbe in quel giovane emaciato e cencioso il nipote. Questi, nemico di ogni privilegio, tenne celata la sua vera identità. Rimase dunque nelle carceri della sua città natale fino a quando morì, appena trentaduenne. Quando i carcerieri sollevarono il suo corpo per seppellirlo trovarono sotto la testa del defunto una tavoletta che recitava: “Coloro che colpiti dalla peste ricorreranno all’intercessione del beato Rocco, prediletto da Dio, ne saranno immediatamente liberati”. Venuto a conoscenza del ritrovamento di quella strana scritta, il giudice volle vedere il corpo di quel giovane che aveva accettato la sua condanna senza mai lamentarsene. Fece scoprire il corpo del nipote e riconobbe un segno che il ragazzo portava fin dalla nascita sul petto all’altezza del cuore e lo fece identificare come il figlio del precedente governatore. Si trattava di una piccola croce rossa, simbolo del destino che gli sarebbe capitato in sorte. La devozione per il santo e la sua fama di grande taumaturgo e protettore delle epidemie, ma anche propiziatore dei buoni raccolti, ne ha fatto un santo popolarissimo in Italia. Le sue intitolazioni patronali sono numerosissime e molti comuni e frazioni portano il suo nome. Nel solo meridione d’Italia il santo originario di Montpellier è patrono di ben 95 comuni. La sua popolarità nell’Europa occidentale non diminuì con la scomparsa della peste, ma il suo potere taumaturgico venne trasferito ad altre malattie come il colera o le malattie veneree e a varie calamità naturali come i fulmini e gli incendi.