Salerno: Giudiziaria, commistione tra vecchio e nuovo redditometro

 Con a sentenza n. 647 del 17 Dicembre 2013, emessa su ricorso presentato dagli avv.ti tributaristi Nunzio Boccia e Luciano De Vita, la Commissione tributaria provinciale ha stabilito un innovativo e preciso principio in ordine al corretto uso del c.d. redditometro. Tale strumento accertativo, divenuto un vero e proprio spauracchio per i contribuenti, consentirebbe all’Agenzia delle Entrate di presumere, sulla base delle scelte economico – sociali che hanno caratterizzato la vita del contribuente, un reddito diverso da quello dichiarato dal soggetto accertato. Negli ultimi anni alcune riforme, dettate anche dalla plausibile imprecisione di tale metodo presuntivo, hanno cambiato il redditometro nel tentativo di renderlo più preciso e più equo. Tuttavia il susseguirsi delle riforme ha ingenerato una serie di prassi e di interpretazioni che costringe i contribuenti “colpiti” dal redditometro, a segnalare l’inattendibilità di tale strumento, strumento in grado di generare un quadro reddituale inverosimile ovvero ben lontano dalla reale disponibilità del soggetto inciso. Nel caso di specie il ricorrente lamentava la mancata applicazione integrale del nuovo redditometro e l’illegittima commistione tra il vecchio redditometro ed il nuovo redditometro. Di fatti essenzialmente il vecchio redditometro permette di utilizzare le movimentazioni di anni precedenti per accertare il reddito di un dato anno (es. se hai comprato una macchina di lusso nel 2012 vuol dire che ha guadagnato una determinata somma nel 2011, un’altra determinata somma nel 2010 ed ancora un’altra determinata somma nel 2009) mentre il nuovo redditometro stabilisce che per aver affrontato una data spesa nell’anno X proprio in quell’anno avevi la disponibilità di una determinata cifra (es. se compri una macchina di lusso nel 2012 vuol dire che nel 2012 avevi un determinato reddito ovvero una disponibilità economica che magari contraddice la tua dichiarazione dei redditi). Si tratta di due strumenti molto diversi e pertanto capaci di produrre risultati diversi. Tuttavia l’Amministrazione Finanziaria sovente, come nel caso di specie, utilizza ambedue gli strumenti contemporaneamente generando dei risultati che portano ovviamente quasi sempre alla discrasia tra la movimentazione economica ed il reddito dichiarato poiché la spesa rilevante, se pagata con i risparmi delle annualità precedenti, viene imputata ad un reddito prodotto nell’anno della spesa (che ovviamente non risulta sufficiente a coprire la spesa che ha richiesto il sacrificio dei risparmi) e se effettivamente pagata con i redditi percepiti durante l’anno viene imputata agli anni precedenti (anni dove magari il contribuente guadagnava di meno e pertanto non poteva affrontare la spesa). In un simile contesto è di tutta evidenza che difficilmente il cittadino accertato sfugge alla presunzione di non aver dichiarato parte del proprio reddito anche se ha effettivamente dichiarato fino all’ultimo centesimo. La sentenza in oggetto irrompe infrangendo tale commistione tra il vecchio ed il nuovo redditometro, costringendo gli Uffici accertatori a ponderare con maggior cura l’utilizzo di tale strumento nonché esponendo gli accertamenti di siffatta natura ad essere annullati perché non attendibili.