Expo 2015: lo spot della discordia e il patrimonio italiano

Amedeo Tesauro

A meno di un anno dall’inizio, fissato per il primo maggio 2015, l’Expo milanese diviene obbligatoriamente oggetto d’interesse per i media nazionali e internazionali. Curiosamente diviene attualità anche per i media locali del territorio campano e nello specifico cilentano, colpa di uno spot pubblicitario denigratorio subito scomparso dagli schermi. In linea col tema dell’Expo, il cibo e ciò ad esso connesso, lo spot rammentava a tutti l’importanza della dieta mediterranea narrandone la nascita ad opera del medico americano Ancel Keys, sottolineando poi come la dieta oggi fosse poco seguita proprio nelle zone in cui è nata (il Cilento), fino a dichiarare l’obesità di metà della popolazione campana. Censurato dopo le proteste del sindaco di Pollica Stefani Pisani, a cui si sono aggiunte le recriminazioni delle associazioni del settore, la controversa pubblicità invitava a discutere della dieta mediterranea all’Expo milanese. Sarebbe bello comprendere la strategia dietro tale filmato, l’idea per cui lo slogan riguardante il ritorno della dieta mediterranea dovesse necessariamente associarsi ad una denigrazione di un territorio che ancora oggi vanta come marchio di fabbrica quella scheda alimentare tutt’altro che dimenticata. Sarebbe bello, dicevamo, ma tocca parlare di un nuovo scandalo, questo sì pesantissimo, abbattutosi sulla manifestazione. È finito in manette, infatti, il general manager dell’evento Angelo Paris, accusato insieme ad altri nomi (tra cui l’ex senatore FI Luigi Grillo, l’ex PCI-PDS Primo Greganti, e l’ex segretario amministrativo della DC Gianstefano Frigerio) di corruzione e turbativa d’asta. Manovre ed atti poco puliti insomma, un terremoto che se da un lato non impedisce nulla di quanto previsto a Milano, come hanno precisato dalla procura, dall’altro getta ombre sull’organizzazione di una manifestazione che attirerà gli occhi del mondo. Di certo non è la prima volta che si parla di infiltrazioni di vario genere e di appalti poco puliti in merito all’Expo, se non altro perché è la problematica solita che salta fuori in Italia ogni qual volta si prepara un evento di grosse dimensioni. Ed il nocciolo sta tutto lì, in quell’idea che c’era da aspettarselo, che sia normale che una cosa del genere in Italia la si organizzi in questo modo tra luci e ombre. Ecco dunque che appare quasi beffarda la giusta rivendicazione del sindaco di Pollica a riguardo di uno dei nostri patrimoni dell’umanità, qualifica attribuita dal 2010 alla dieta mediterranea dall’UNESCO. Beffarda perché tra meno di un anno l’Expo rischia di mettere in bella mostra un altro patrimonio italiano, ben più ampio e diffuso: il malaffare. Che certo non sarà prettamente italico, ma qui trova fertile terreno per prosperare, inserito in un sistema clientelare e poco trasparente. Con tali presupposti c’è da sperare che l’Expo riesca nella sua missione assurgendo a desiderabile vetrina del bel paese. Altrimenti, con certe premesse, basterà dire che c’era da aspettarselo.