M5S e dissidenti: i limiti della democrazia online

Amedeo Tesauro

Negli ultimi giorni gli occhi di tutti sono stati comprensibilmente puntati sul nuovo esecutivo targato Matteo Renzi, impegnato nella prova della fiducia alle camere e nel far decollare l’esperienza anomala di governo che gli si prospetta davanti. Nel frattempo, però, la scena politica italiana ha visto anche l’ennesimo caso a firma cinque stelle, culminato nell’espulsione dei dissidenti Battista, Bocchino, Campanella e Orellana, espulsi dal movimento dopo aver polemizzato sul vertice Grillo-Renzi di un paio di settimane fa. Stare a discutere della libertà interna ai cinque stelle è banale, troppe volte si è detto di una mancanza di democrazia interna che mortifica gli sforzi dei benintenzionati e si presta alle critiche e alle ironie degli esterni. Meglio invece riflettere sulle modalità attraverso cui questa libertà si è espressa, più interessante valutare quanto di reale ci sia dietro la pretesa di aver inventato un nuovo concetto di partecipazione popolare. Ecco quindi che il referendum online, la chiamata del popolo del web alle urne virtuali, finisce sul banco degli imputati, risultando metodo inadeguato e non rappresentativo. Gli iscritti al blog di Grillo, coloro che votano a questi sondaggi, si quantificano in migliaia, mentre gli elettori a cinque stelle sono milioni. Vero che Grillo ha sempre rivendicato la propria indipendenza da chi si è accodato al movimento senza crederci, inveendo  contro chi ad esempio, all’indomani delle elezioni del febbraio 2013, chiedeva l’accordo col Partito Democratico per formare un governo. Nell’ottica grillina meglio essere pochi ma buoni, scremare chi tende verso il sistema così da allentare ogni possibile deriva del movimento verso il compromesso. Una scelta di isolamento, un’opposizione dura e pura che i fedelissimi indicano come dichiarazione di coerenza e gli scettici bollano come immobilismo inutile se non volutamente malizioso (le opposizioni guadagnano sempre voti, a perderli è chi governa). Eppure i dissidenti grillini avevano semplicemente espresso perplessità per il comportamento del leader durante le consultazioni per formare il nuovo governo, e nel fare ciò avevano recepito i malumori di una certa base del partito. Proprio quella base che ora li caccia attraverso il web, infatti, aveva a suo tempo votato il referendum ondine per decidere se discutere o meno con Renzi, optando per il sì nonostante il parere di Grillo che si era detto contrario. Grillo ha interpretato in maniera assolutamente personale quel verdetto, trasformando l’incontro in un non incontro ed affermando che i votanti l’avevano mandato lì per dire no al sistema. Ma è davvero così? I dissidenti evidentemente non la pensavano così, e non in pochi hanno visto nella contraddizione di Grillo, ascoltare il popolo e agire in ogni caso come deciso preventivamente, un grosso autogol. Grillo rivendica la giustezza della procedura online, metodo atto a mantenere sulla retta via gli esponenti del movimento. Vien da chiedersi, però, a chi rispondono Grillo e i suoi. Gli italiani che gli hanno accordato fiducia sono milioni, di conseguenza bisogna comprendere se basti davvero un referendum su un campione ristretto per sentirsi in pace con sé stessi.

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