Fuori dalla palude

Angelo Cennamo

Sabato mattina, Matteo Renzi dovrebbe diramare la lista dei ministri del nuovo governo, per poi presentarsi alle camere a chiedere il voto di fiducia già nella giornata di lunedì. L’operazione si sta rivelando più complicata del previsto per le numerose pressioni esercitate (talvolta) anche da soggetti esterni alla maggioranza parlamentare, dalle quali viene fuori un quadro poco rassicurante fatto di conflitti di interessi e di malcelati tentativi di tutoraggio da parte di Bruxelles. La telefonata burla mandata in onda dalla trasmissione radiofonica “La zanzara”, tra il finto Nichi Vendola e Fabrizio Barca, è la rappresentazione più loquace, oltre che la testimonianza desolante, di un sottobosco finanziario che non smette di interferire nelle vicende della politica, nonostante le prediche di facciata e le accuse più sfrontate al ventennio berlusconiano. Renzi, che ha incontrato le delegazioni di tutti partiti per le consultazioni che precedono l’accettazione del mandato esplorativo, si è intrattenuto  circa due ore con la rappresentanza di Forza Italia, ritagliandosi 5 minuti di totale solitudine con Silvio Berlusconi. Non si tratta di un semplice dettaglio di cronaca. Quel faccia a faccia solitario – sul quale si imbastiranno, vedrete, mille trame oscure – è infatti il suggello di un accordo che, salvo clamorosi passi falsi, dovrebbe garantire al guascone fiorentino un cammino in discesa per almeno un paio d’anni ( il tempo necessario perché il Cavaliere recuperi la piena agibilità politica e si ributti nella mischia –  ammesso che da quella mischia ci sia mai uscito). E così, nell’attesa che si riempia la casella più delicata di tutto il mosaico, quella cioè del ministero dell’Economia, ogni tassello del nuovo esecutivo sembra destinato nel verso giusto, con “viva e vibrante soddisfazione” del capo dello Stato, della Troika e di Angelino Alfano, che, tra una destra e una  sinistra, resiste ininterrottamente al governo da ben 6 anni, senza colpo ferire. Chi vince e chi perde si fa presto a dirlo. Vince l’idea di una politica riformista e liberale che Renzi ha saputo imporre proprio al partito più restio al cambiamento, il suo. E per la quale ha avuto il coraggio e il cinismo di sfidare l’ex premier Letta. Vince altresì Berlusconi, che, nonostante una condanna passata in giudicata e una declaratoria di decadenza dal ruolo di senatore della Repubblica, ritrova l’autorevolezza e il potere di tenere in vita il progetto  riformatore che il giovane presidente del Consiglio propone di realizzare a passi veloci. Perde invece, il populismo disfattista di Beppe Grillo, interprete ed acrobata di un malessere diffuso, ma illuso difensore di un conservatorismo improduttivo, spesso violento, naufragato ( forse) per sempre nell’ultimo streaming di Montecitorio.

 

4 pensieri su “Fuori dalla palude

  1. Ma se si riferisce a De Benedetti, poi la cosa è stata superata: c’è stato un equivoco, la Annunziata intendeva dire il Presidente della Repubblica, non il presidente del gruppo l’Espresso.

    Detto questo, di quella telefonata preoccupa il fatto che Barca, che non è l’ultimo arrivato, consideri il tutto una pericolosa avventura. Io sono sempre più perplesso: leggo annunci roboanti e credo veramente a poco. In particolare, credo che con il solo decisionismo in questo paese non si faccia assolutamente nulla: la macchina parlamentare è incredibilmente lenta e ci sono grovigli inestricabili in ogni ambito da riformare. Penso che in due anni non si possa fare molto e, se lo si farà, lo si farà molto superficialmente, con provvedimenti più pubblicitari che concreti. Ovviamente, sempre a patto che Renzi riesca a formare un governo e che questo duri più di tre o quattro mesi.

  2. Non c’è stato nessun equivoco. Renzi, che godrà di una maggioranza vasta – Forza Italia, di fatto, sarà al governo con lui – deve preoccuparsi solo del tutoraggio esterno. All’Economia, ad esempio, l’ex sindaco vorrebbe metterci Delrio ( suo uomo fidato). Ma pare che Napolitano e chissà chi altro spingano per un tecnico.

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