Italia sismica, Campania trema

Francesca Carrano

Che l’Italia fosse un Paese a forte sismicità è cosa risaputa. Che però negli ultimi giorni i movimenti tellurici  siano stati così  continui non  può non preoccupare. Cosa sta accadendo nell’Italia centromeridionale ed in particolare in Campania? L’Appennino centrale si sta estendendo tra il Tirreno e l’Adriatico e, di conseguenza, la dorsale appenninica del massiccio del Matese si sta allargando. Il direttore del Centro nazionale terremoti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, INGV, Alberto Michelini, ha parlato di un movimento di estensione, come se il Monte Matese si stesse allargando, ampliando la propria superficie. L’azione di allargamento sarebbe cominciata nel 1997 con il terremoto che ha colpito Umbria e Marche, proseguendo all’Aquila il 6 aprile 2009 e sul Pollino nel 2012. Un avvenimento del tutto normale dal punto di vista dell’orografia per la catena montuosa che rappresenta la spina dorsale dello Stivale, sostengono  gli esperti. “Nella zona dei Monti del Matese – dice infatti il direttore dell’INGV Michelini – il livello di pericolosità sismica è molto alto, tra i più elevati in Italia. Per questo è fondamentale puntare sulla prevenzione, in modo da costruire sulle basi delle indicazioni contenute nella Mappa della pericolosità sismica”. Non concorda con Michelini la geologa Serena Vespoli. “L’Appennino – ha detto la Vespoli – è in estensione dal Pliocene, e quindi da circa 5 milioni e mezzo di anni, e non dal 1997”. Il  Matese  non è la sola area a tremare in Campania, anche il Vallo di Diano è  attraversato da una lunga  scia sismica. Tutta l’Italia è scossa da movimenti tellurici e da settimane si susseguono numerose sequenze sismiche in contemporanea. Il sismologo Alessandro Amato dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha affermato che ”nella storia sismica italiana è capitato più volte un’alternanza di periodi di maggiore attività, con terremoti forti e maggiormente frequenti, e più sequenze attive nello stesso tempo intervallati a periodi di minore attività. Quasi tutte le sequenze in atto in questi ultimi tempi sono avvenute in zone che in passato hanno visto terremoti molto forti. Per questo – aggiunge Amato– potremmo considerare le sequenze in atto coma una sorta di campanello d’allarme: un segnale per sollecitare ulteriormente la messa in sicurezza degli edifici anche nei periodi in cui non c’è un’emergenza e il terremoto sembra un’eventualità lontana”. Non concordano con lui altri scienziati, Vladimir Kossobokov, dell’Accademia Russa delle Scienze, Giuliano Francesco Panza, professore di sismologia dell’università di Trieste, Carlo Doglioni, docente di Scienza della Terra dell’Università di Roma, Antonella Peresan, ricercatrice dell’Università di Trieste, che lanciano l’allarme contro un terremoto dagli effetti devastanti nel Sud Italia, in particolare tra la Calabria e la Sicilia; le Scilla e Cariddi cantate da Omero. Del loro  allarme si è fatto portavoce il Direttore del Centro Enea di Bologna, l’ingegner Alessandro Martelli, che a Un mondo d’italiani ha detto che se un terremoto disastroso è atteso al Sud, sarebbe prioritario verificare il patrimonio edilizio e mettere in sicurezza le industrie pericolose, in particolare quelle chimiche e petrolchimiche che insistono sul territorio. Le discordanti  opinioni degli esperti non rasserenano gli abitanti  dei centri colpiti che, ad ogni tremolio, corrono  con la memoria al devastante terremoto dell’Irpinia del 1980. L’ipotesi di un evento  devastante nel  Sud non può non essere messo in correlazione con il maremoto di Messina del  1908.  Che fare allora? A chi affidarsi? Quale teoria seguire? Al  momento l’invito a considerare la situazione sotto  controllo è la scelta ufficiale. Sarà anche quella giusta?