Dove andrà il futuro dell’uomo della Terra?

Giuseppe Lembo

Mentre avanza in modo inarrestabile l’era del web, dei tablet e dei social network, l’uomo continua a perdere pezzi di sé. Purtroppo, trattasi di pezzi importanti, sempre più difficili da recuperare. Si è, purtroppo, spezzata la linea del futuro; si è, tra l’altro, capovolto il pensiero.

Il futuro, quello vero, da oggi in avanti, si accompagna al progredire della bellezza diffusa ed alla consapevolezza che la sensibilità, l’ecologia ed il rispetto per l’ambiente siano elementi irrinunciabili. Tanto, come fatto culturale che fortunatamente è più diffuso di quanto si pensi.

Purtroppo i tempi di maturazione affinché diventi un fatto diffuso, sono lunghi; ma fortunatamente è quella e solo quella la direzione giusta e nessuno, ma proprio nessuno, potrà mai fermarla. Anche la bellezza è un valore sempre meno rinunciabile.

Intanto che all’uomo della Terra succede positivamente tutto questo, c’è da registrare una serie preoccupante di negatività quali la perdita dell’oralità, la perdita della parola come ricordo e come emozione, il proprio corpo come modello espressivo, come movimento che accompagna la comunicazione, come espressione di se stessi, come linguaggio.

Il corpo rappresenta solo il senso etico della bellezza.

Ormai siamo una vera e propria minaccia per noi stessi; si tratta di una minaccia che va ben oltre il senso di paura delle macchine con alla base tecnologie sempre più spinte e proiettate nel futuro.

Assistiamo ad un vero e proprio rovesciamento della caverna di Platone.

Non sono più le ombre che scambiamo per realtà ad ingannarci; ad ingannarci sono soprattutto le nostre immagine vere.

Non sappiamo più agire e reagire voltandoci verso la caverna per riconoscere le ombre; senza le ombre le immagini sono piatte e senza profondità.

Senza l’oralità della parola, senza il dialogo, così come ci insegna Platone, il racconto perde il divenire e la sua stessa verità.

Nel proporci come soggetti unici di ogni cambiamento possibile, abbiamo una condizione titanica di noi stessi; siamo fortemente convinti che tutto, ma proprio tutto, è possibile fare, superando ostacoli e resistenze che l’uomo è certo da saper sottomettere.

Oggi più che in altri tempi, c’è il libero e sempre più diffuso convincimento che l’uomo può tutto; ma veramente tutto per cui niente e nessuno potrà mai fermarlo nel progetto senza limiti di cambiare a suo piacimento tutte le cose del mondo.

È assolutamente inarrestabile la domanda umana del cambiamento.

Ma dove è veramente orientata? Al centro c’è l’uomo o solo altro?

Il cambiamento basato sulle tecnologie sempre più spinte, ha alla base un progetto per l’uomo, nel pieno rispetto della persona umana, dell’etica, del pensiero e/o di quei valori etici che, cambiando cambiando, possono anche scomparire?

L’uomo saggiamente lavora per l’uomo o contro l’uomo ad un punto tale da determinarne l’inevitabile sua fine?

Dietro l’angolo, di questo passo, c’è purtroppo l’inevitabile fine umana; una fine annunciata dovuta al crescente rischio di un male oscuro che ha già fortemente squilibrato tutto il mondo, rompendo gli equilibri di sempre senza i quali non c’è assolutamente vita sulla Terra, sempre più ammalata di una crescente e diffusa sofferenza uomo-uomo ed uomo-natura.

Così come siamo messi proprio non va bene.

Si corrono gravi rischi; soprattutto si corre il rischio mortale per l’uomo di essere ingabbiato e ridotto ad una piccola cella di un immenso archivio, dove spiati e senza libertà personale, siamo disumanamente inseriti, privi della nostra libertà di uomini liberi e della nostra dignità di un fare sempre più eterodiretto, che diventa espressione e simbolo di quel cilindro magico da cui con i dovuti trucchi, il giocoliere, tira fuori quello e solo quello che è di gradimento di una platea-mondo tutta presa ad osservare l’invisibile del mondo, avendone di ritorno ombre, ombre, ombre.

E così oggi, noi uomini della Terra, del tutto spersonalizzati, siamo parte di un mondo ormai racchiuso in un immenso archivio.

Da frustrati non ci rendiamo conto della gravità; quando un giorno ci sveglieremo sarà veramente triste, in quanto ad attenderci c’è solo il mondo silenzioso dei sepolcri imbiancati e delle ombre fallaci che Platone ci ha insegnato a conoscere osservando la caverna con il riflesso delle immagini vere di noi stessi.