Salerno: Figli delle Chiancarelle “Una Metro chiamata desiderio”

Una Metro chiamata desiderio. Non è il titolo di una sceneggiatura di Tennesee William ma del dramma a lieto fine (?) che ha vissuto Salerno per venti lunghi anni da quando è stata posta la prima traversina. Se i sogni son desideri, ebbene questi a volte si realizzano: finalmente Salerno ha una metro nuova di zecca anche se si è conquistata subito il primato di essere stata l’unica al mondo mai usata a dover essere già ristrutturata prima della sua particolarissima inaugurazione virtuale, dopo anni di degrado, vandalismi e perfino incendi.  Riempie di gioia questo viaggio inaugurale simbolico ( l’ennesimo recente taglio del nastro della cittadella giudiziaria ha lanciato la moda degli “opening virtuali”), per ora di sola andata su un trenino neanche male – Moretti ci tiene a non sfigurare – ma non adatto al servizio da espletare e, pertanto, non a norma senza maniglioni e con i poveri metronauti sballottati di qua e di la, ma felici, come ce li ha mostrati la telecamera di regime. Tra costoro ci sembrava di riconoscere proprio quel tale che ha gestito in così malo modo il trasporto pubblico locale confuso tra gli altri che hanno contribuito ad altri fallimenti. Tutti sono apparsi soddisfatti e sorridenti come i passeggeri di prima classe all’imbarco del Titanic e con la stessa autentica trepidazione di chi viaggiò per la prima vola nello spazio, sopra ogni cosa speranzosi dell’avvenuto collaudo e messa in sicurezza dell’infrastruttura. Infatti vale sempre il proverbio che la gatta frettolosa fa i figli ciechi e … le piazze crepate. Ma in questo caso fretta non c’è stata di sicuro considerando i quattro lustri di gestazione dell’opera. Ma veniamo a questa. Guai a chiamarla monorotaia di superficie, termine tecnico che le compete, si offenderebbe a morte – un po’ come si adonta il viceministro se lo chiami semplicemente sottosegretario. Guai a sminuirla quest’opera o peggio ancora terrorizzare chi la volle, sempre volle, fortissimamente volle, si rischierebbe di non vederla mai entrare in funzione – neanche in occasione delle famigerate Luci d’Artista – e risolvere finalmente in un sol colpo tutti i problemi che affliggono Salerno, dal traffico ai parcheggi sicché non ci sarà più nemmeno bisogno di svendere ai privati aree pubbliche di pregio, vedi piazza Cavour, per costruire box interrati. Non abbiamo fatto a tempo a documentarci su quanti anni siano occorsi per realizzare la metro di New York, il “Tube” di Londra o altre analoghe strutture sotterranee dalla complessa e articolata costruzione e di livello non europeo ma planetario, sappiamo però quasi con certezza che Salerno aveva già un binario della vecchia ferrovia e ci sono voluti venti anni per travestirlo da metropolitana. Colpa di cotanto ritardo è della Regione, risponderanno subito all’unisono i più preparati. Sbagliato! Colpa degli Etruschi o dei Romani, “antichi nemici” di Salerno che hanno lasciato reperti a Mercatello che hanno rallentato i lavori per tutti questi anni. Del resto adesso è meglio tenersela buona la Regione che ha sbloccato l’intoppo burocratico – anche se quel discolaccio di Caldoro assente ingiustificato ha mandato Vetrella o un suo ologramma al viaggio virtual-inaugurale – le colpe, eventualmente, si potranno addossare di nuovo più in là quando qualcosa andrà storto. Ma per il momento sembra andare tutto liscio grazie all’indefesso e alacre operato del “sottoministro” alle infrastrutture ed i trasporti che, sia pur senza quelle stramaledette deleghe, ha oleato gli ingranaggi giusti per far partire il treno. Un dubbio rischia di rovinare l’ebbrezza del momento: quanto è costato in totale alla collettività questo treno dei desideri? Chi lo gestirà e chi pagherà alla fine?