Salerno: Italia e Usa, gemelle nel default ?
Sembrerebbe proprio di sì e a renderci particolarmente sensibili alla dichiarazione “choc” della contea d’oltreoceano sono proprio i saldi “a tinte rosso fuoco” riportati nei documenti contabili ( rendiconti e/o bilanci) , sintesi dei nostri conti pubblici. Insomma la “bancarotta” conclamata da Detroit non sembra risparmiarci e , come una onda lunga di un devastante tsunami, investe in pieno la nostra Italia con tanti amministratori pubblici che iniziano letteralmente a tremare perché inghiottiti dalle loro rispettive responsabilità . Sembra, oramai, quasi completata l’analisi seria ed obiettiva su schede, mastri e Peg ad opera di super tecnici assoldati all’occorrenza finalizzata a ricavarne una “fotografia” eloquente sulla filiera dei “ conti “ tra loro intrecciati e concatenati . Un check-up che sembra abbia già determinato quale risultato ( o meglio confermato ) l’agonia finanziaria in atto ( e chissà ancora per quanto tempo) di buona parte dei “forzieri ( ci si chiede se è ancora lecito chiamarli così..? nda) degli enti locali. In Italia, a questo proposito, c’è un imperativo d’obbligo diramato dalla sua sede centrale di andare adagio e non entrare sull’argomento a “gamba tesa” e, forse, per questo si tenta di ammorbidire il termine chiamando “ dissesto finanziario” quello che in america definiscono brutalmente default : una parola più gentile, ma solo in apparenza, perché gli estremi di una potenziale generale “ bancarotta pubblica “ vi sono tutti. Tanto per rendere più accessibile e alla portata di tutti l’antipatico e attualissimo glossario “economico” , precisiamo che si è in presenza di uno stato di “dissesto” quando l’ente ( Comuni, Province e Regioni) non può onorare non solo i suoi debiti ma negare alla propria comunità l’assolvimento delle funzioni indispensabili di sua competenza , contravvenendo in tal guisa agli elementari, garantiti e sacrosanti principi costituzionali. Quali gli effetti? . Per la collettività tutto ciò si traduce in una impennata verso l’alto delle tariffe e/o tributi locali assestandosi ai massimi livelli consentiti ( come si spiegherebbero altrimenti le lievitazioni del 600% delle imposte locali in un decennio?) con conseguente riduzione di servizi indispensabili all’osso anche se, forti in genere di foraggiamenti statali (spesso in deroga alle stesse vigenti normative . Lo squarcio finale del 2013 potrebbe presentarsi quale “l’ annus horribilis ( e non il 2009 come quello descritto da Giorgio Bocca ) su questo fronte. In tanti sono a prevederlo , altrettanti a dichiararlo : lo stesso ministro Graziano Delrio lo ha spifferato ai quattro venti in diverse recenti occasioni confermando l’esistenza di una cinquantina di richieste di pre-dissesto da parte di alcune grandi città, tra cui capoluoghi di provincia. Comunque è’ pur vero- ma ciò non deve essere interpretata come giustificazione – che in tale contesto di precario equilibrio finanziario dei comuni c’è la complicità dell’odiata ( da parte dei soli amministratori perché a vista controllati e monitorati dall’autorità centrale) spending review , la rigida normativa risalente al 2012 che disciplina gli ulteriori tagli imposti dall’Amministrazione centrale con lo scopo di superare lo stato di emergenza annidatosi su tutto il perimetro della Penisola evitando l’effetto domino delle insolvenze degli enti locali . I numeri e le statistiche diffuse su tali fronti sono esaustivi : negli ultimi due anni le richieste di commissariamento sono passate da una-due l’anno a 25. Solo in campania – negli ultimi venti anni si segnalano “appena” 121 comuni : quale effetto reattivo risulta essere stata consegnata all’esercito di politici amministratori una targa/trofeo simile al segnale “disco rosso “ di divieto di accesso . Ciò per rammentargli l’interdizione normativa loro imposta da tutti gli uffici pubblici per lunghi 5 anni e ciò solo a titolo di sanzione accessoria amministrativa ( perché quella “base” prevede il sequestro cautelativo immobiliare ).
A guardare i dati di bilancio della Pubblica amministrazione, si rischia un vero terremoto.
A fine 2011 i residui attivi (ovvero i crediti accertati ma non riscossi entro l’anno e iscritti, tra gli attivi di bilancio ) sfioravano i 16 miliardi. E il dato rappresenta un termometro chiaro dello stato di salute dei capoluoghi di provincia ( Salerno inclusa). Il significato è presto detto: i residui attivi costituiscono entrate -che finchè non risultano incassate del tutto – solo ipotetiche ( a differenza di quelli passivi, certi , liquidi e esigibili) . La loro stratificazione nei diversi anni di formazione ne rappresentano testimonianza tangibile. Al bilancio però la loro presenza risulta indispensabile è come tale va trattata perché utili per compararli ad alcuni vincoli eistenti in finanza pubblica . Quale la ragione plausibile -se non quest’ultima appena riportata- di preservare in alcuni rendiconti ( tra cui Salerno) l’esistenza di residui attivi risalenti a decenni addietro? Si assiste in detta circostanza ad una palese violazione alla stessa nostra recente legge di stabilità che – lo ricordiamo- ha riconosciuto decadenza e rimozione dai concessionari di riscossione ( e enti da loro assistiti) dei loro crediti ante 2000 e “under 2000 euro”? Sono in tanti a chiedersi se Salerno sarà una delle prossime a dichiarare “bancarotta”. L’allarme della “presunta” voragine finanziaria è sin troppo evidente e “chiacchierata” . Sembrerebbe che il suo “forziere” assume col passare delle ore le sembianze di uno autentico stagno , perché i buchi che si sviluppano al semplice tocco di una piccola intrusione nei documenti contabili ufficiali ne aumenta le già rilevanti dimensioni e senza prevederne particolari restringimenti . A nulla valgono le farneticanti, prive di senso e infondate rassicurazioni da parte di alcuni suoi rappresentanti, in prima linea un assessore al Bilancio del Comune ( sine titolo quanto a esperienza) che spiattella alla stampa proprie dichiarazioni “tecniche” prese a prestito da “download scaricati a metà dall’infernale rete di internet ” e per quanto tali di difficile comprensione perché prive di qualsiasi fondamento . E ciò in barba ai principi elementari e sacrosanti di “contabilità pubblica” con sussulti e irritazioni da parte della categoria di veri “addetti ai lavori”.