Una sentenza da impugnare

Angelo Cennamo  

Le sentenze si rispettano, sempre, ma si commentano e talvolta si criticano anche. E’ lecito e fa bene alla giustizia, che proprio attraverso i pareri più dissonanti può migliorare se stessa e non ripetere i suoi errori. Ottaviano del Turco, nel 2008, era presidente della Regione Abruzzo, carica che aveva ricevuto tre anni prima grazie ad una buona performance elettorale contro un esponente del centrodestra. Persona rispettabile e con un curriculum politico dignitosissimo ( segretario della Cgil prima e ministro delle finanze tra il 2000 e il 2001), Del Turco fu arrestato e portato in carcere con l’accusa peggiore che si possa rivolgere ad un amministratore della res pubblica, quella cioè di aver intascato, in contanti, una tangente di 6 milioni di euro dal patron di una nota clinica abruzzese, Villa Pini, tale Vincenzo Maria Angelini. Fin da subito, l’impianto accusatorio costruito dalla Procura di Pescara intorno all’illustre imputato, si rivelò poco convincente e piuttosto scarno di elementi probatori : nonostante due supplementi di indagine richiesti e circa 100 rogatorie, i magistrati non erano riusciti, infatti, a trovare una sola traccia della tangente intascata, tanto che alcuni giornali cominciarono un pò alla volta a sbilanciarsi sul futuro verdetto che, visto l’esito dell’inchiesta, non poteva che preannunciarsi favorevole. Figurarsi allora la sorpresa allorquando il Tribunale di Pescara, dopo 4 ore di camera di consiglio, ha pronunciato, non l’assoluzione perchè il fatto non sussite, ma la condanna a 9 anni e 6 mesi per associazione a delinquere, concussione, corruzione e falso, sposando quasi in toto le richieste dell’accusa, che di anni ne aveva chiesti 12. “In aula i giudici sono arrivati a sostenere che siccome Del Turco era stato ministro delle finanze aveva imparato come far sparire i soldi” ha commentato l’avvocato Caiazza, difensore di Del Turco, annunciando di ricorrere  in appello. In effetti, nel corso del processo ( stando ovviamente alle ricostruzioni giornalistiche : leggeremo poi con maggiore attenzione ed attendibilità le motivazioni della sentenza), non solo non si è riusciti a trovare le somme che l’imputato avrebbe illecitamente intascato, ma non sarebbe stata fornita neppure la prova della materiale consegna del denaro. Ragion per cui la condanna sarebbe scaturita dalle sole dichiarazioni dell’accusatore e da una serie di scontrini, dai quali si evince che Angelini avrebbe percorso il tratto autostradale che conduce dal suo paese ( anche) a casa di Del Turco. Troppo poco per distruggere l’onore e la carriera di chiunque, per sovvertire l’esito di una competizione elettorale e riscrivere la storia politica, in questo caso della Regione Abruzzo, ma l’esempio potrebbe essere esteso al governo della nazione o al più piccolo Comune d’Italia ( poco importa). Ad ogni modo, la sentenza non è definitiva e in Appello si potrà modificare secondo le ragionevoli aspettative del condannato : auguri a Del Turco e a tutti coloro che in questa vicenda rivedono la loro storia, anonima o sconosciuta che sia.