Con l’arcobaleno della speranza che non deve morire, riconciliamoci con il mondo

Giuseppe Lembo

L’Italia ha una burocrazia ingessante che non le permette di respirare; il sistema Italia è un sistema di lacci e lacciuoli assolutamente inopportuno per creare, come si conviene, cambiamento e sviluppo nel nostro Paese. L’Italia con, tra l’altro, un fare della politica del tutto inconcludente, rischia un’implosione dalle dimensioni enormi; un’implosione da capezzale di morte. L’Italia, così ridotta, non piace agli italiani che si sentono cittadini dimezzati di un Paese ormai senza futuro.

Che fare?  Cambiare; cambiare il sistema Italia; cambiare il corso della sua politica, oggi inadeguata, suicida e senza prospettive di un futuro possibile. Se non si fa questo, è la fine.

Nelle ipotesi di cambiamento c’è da mettere in conto anche la riconsiderazione della sua presenza in Europa che, impone un rigore asfissiante e con tale restrittivo comportamento, ci sta facendo morire. Intanto che l’Italia è ferma ed è avvitata su se stessa, aumenta naturalmente il debito pubblico, un debito sovrano, il frutto di una vera e propria usura istituzionalizzata da parte di banchieri senza scrupoli che non vedono l’ora di spartirsi le spoglie del nostro malcapitato Paese.

Con un PIL sempre più piatto, per endemica e crescente crisi del sistema produttivo, con un idiota pareggio di bilancio da rispettare per non incorrere nelle infrazioni e nelle feroci proibizioni imposte dalla comunità europea, con le povertà sempre più diffuse ed una grave ed allarmante crisi occupazionale, soprattutto giovanile, questo nostro malcapitato Paese, ha il destino segnato; di tanto, sono complici i poteri forti, il cui braccio armato italiano rema a favore dello sfascio, del tanto peggio, tanto meglio, per poi impossessarsene, trasformandolo in una realtà di potentati indifferenti alla vita grama ed impossibile della gente comune; di quella gente italiana che muore nell’indifferenza di chi la governa, venendo sempre più meno i principi costituzionali, pilastri fondanti della Repubblica di questo nostro Paese che ha ben 67 anni di età alle spalle.

È da 21 mesi che il PIL italiano perde colpi; per tutto questo lungo periodo, di poco meno di due anni, non si è mai risollevato; il dato che lo ha accompagnato è stato sempre e solo negativo.

Con questi scenari quali sono le aspettative italiane?

C’è in giro, un pericoloso tira a campare; c’è la politica sempre più sorda ed indifferente ai mali italiani.

Mentre la spesa pubblica, spesso fatta di sprechi, non sì tocca, i signori della politica e soprattutto i signori maledetti della privilegiata burocrazia italiana, pensano di tenere in piedi questo nostro sconquassato Paese, mettendo, come sempre, avidamente mano nelle tasche degli italiani, tasche sempre più vuote, costrette a sopportare il peso di un fisco iniquo che considera maldestramente ed in modo poco intelligente i cittadini, i tanti cittadini che non ce la fanno più a campare, come dei limoni da spremere all’infinito.

Ma il succo ricavato è sempre più aspro; sempre più amaro; una vera e propria cicuta, ultima spiaggia per i tanti disperati d’Italia.

Il nostro Paese non merita tutto questo; il nostro Paese fatto di uomini seri, dediti al lavoro, si immaginava un diverso futuro.

Se non ci sarà, come non ci sarà, la colpa è unicamente di chi governa una barca ormai alla deriva, a causa di nocchieri sempre più inaffidabili.

Siamo in una condizione da ultima spiaggia; se non si cambia, si muore.

Occorrono idee e programmi nuovi che abbiano per obiettivo l’Italia e gli italiani e non più gli inciuci di sempre di cui siamo stanchi tutti; ma proprio tutti.

Il sistema Italia, così com’è, non funziona più; bisogna cambiarlo; bisogna, prima di tutto, cambiare il corso della politica, riducendone il peso inopportunamente invasivo; bisogna riconsiderare la burocrazia italiana, una burocrazia-casta, nata dalle costole della politica, con tanti privilegi legati alla solo appartenenza e per niente legati al merito ed al proprio comprovato, valutato e certificato fare e saper fare professionale.

Tutto questo non va; tutto questo fa male al nostro Paese che, avvitato su se stesso, non ha la forza necessaria per proporsi come Paese seriamente impegnato a produrre cambiamento e sviluppo per il bene di tutti e non solo dei soliti privilegiati di un sistema assolutamente  arrugginito, per cui mal funzionando, è sempre più fermo per la vecchiaia dei suoi meccanismi sistemici.

Il nostro Paese sta male; sta veramente male.

La saggezza di tutti è quella di intervenire e subito per evitare che la grave malattia italiana, diventi morte sicura.

Non dico queste cose per il solo gusto di essere un allarmista che vede nero e solo nero.

È la voce preoccupata di chi è parte viva ed attivamente portavoce della gente italiana; di chi stando tra la gente, ascolta ogni giorno, ogni ora, con le orecchie attente, il grido di dolore che viene dalla sofferenza italiana.

Fare finta di niente e non saperlo ascoltare è un danno gravissimo per il futuro italiano, un futuro ad alto rischio per effetto di un presente inconcludente, ma esplosivo.

Non ci si accorge più di quanto soffre la gente italiana; non si sa capire il dramma dei senza lavoro e di quel mondo giovanile abbandonato a se stesso e senza un futuro possibile.

Che fare? Rivedere, prima di tutto il concetto di PIL; deve aderire al sociale a cui appartiene.

Il sociale italiano, l’anima del nostro Paese, non può assolutamente essere strozzato perché così vuole il mondo finanziario, espressione di un’élite privilegiata egoisticamente indifferente ai bisogni della gente che senza lavoro e senza reddito oggi non può assolutamente campare.

Con la decrescita in atto, per la gente italiana, ci sono solo privazioni e sacrifici non più tollerabili, in quanto sono sempre più da lacrime e sangue.

Nel nostro Paese la politica deve capire l’importanza della crescita; tanto, al fine primario del bene del Paese nel suo insieme umano e sociale.

La crisi italiana può anche giovare al futuro italiano. Può dare una diversa prospettiva alla condizione umana, recuperando un percorso umano dell’essere ormai dimenticato se non del tutto cancellato da un apparire che ha spinto l’uomo alla sola materialità delle cose, svuotandolo di valori, di etica e di una necessaria umanità per un insieme sociale in cui finalmente a prevalere è l’uomo e non le cose.

Occorre, per cambiare, una rivoluzione culturale che porti, tra l’altro, a capire che non serve investire per il nulla.

Bisogna assolutamente evitare la crescita fine a se stessa; deve necessariamente produrre occupazione e quindi quello sviluppo intelligente di cui ha tanto bisogno il nostro Paese e l’uomo della Terra che è in forte crisi per il lavoro che non c’è, per i consumi che diventano sempre più spesso spreco per pochi e privazione da morte per i più, con l’élite finanziaria alla ricerca di un nuovo ordine mondiale in cui la ricchezza deve essere solo di pochi privilegiati, obiettivo per esso possibile e necessario, togliendo anche il solo necessario ai tanti diseredati del mondo, costretti a vivere di stenti e/o a morire per mancanza del cibo e dell’acqua, beni primari che dovrebbero essere naturalmente garantiti a tutti gli uomini della Terra.